“Un’Europa organizzata e vitale”: riflessioni a margine di un convegno sul futuro dell’UE a 70 anni dalla dichiarazione Schuman

Paolo Paesani riflette sulle azioni della Unione Europea a sostegno della ripresa e dello sviluppo economico, prendendo spunto da un recente convegno sull’Europa, a 70 anni dalla dichiarazione Schuman, organizzato da AUSE (Associazione Universitaria Studi Europei). In particolare, Paesani sottolinea che il sostegno agli investimenti nel campo della sostenibilità ambientale e delle nuove tecnologie, da un lato, e la disponibilità a sperimentare nuovi strumenti di policy, dall’altro, sono da considerare elementi-chiave di quelle azioni.

Il 9 maggio del 1950 a Parigi, il Ministro degli esteri francese Robert Schuman proponeva in una celebre dichiarazione di “mettere l’insieme della produzione franco-tedesca di carbone e di acciaio sotto una comune Alta Autorità, nel quadro di un’organizzazione alla quale possono aderire gli altri paesi europei”. Nelle parole di Schuman, questa fusione sarebbe stato un primo passo concreto sulla strada dello sviluppo economico dei paesi europei, premessa di una futura Federazione europea tra nazioni finalmente in pace tra loro. Di lì a poco, quelle parole si sarebbero concretizzate con la nascita della Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio, embrione della Comunità economica, prima e dell’Unione Europea, poi.

Oggi, mentre l’Europa fatica a uscire dall’abisso del Covid, l’invito di Schuman a costruire un’Europa “organizzata e vitale”, capace d’immaginare soluzione innovative per progredire di fronte alle difficoltà del momento, risuona in tutta la sua attualità. Su questo hanno riflettuto un folto gruppo di studiose e studiosi, in un convegno che si è tenuto il 24 e il 25 maggio 2021 presso il Dipartimento di Storia, Patrimonio Culturale, Formazione e Società dell’Università di Roma “Tor Vergata”. Uno dei temi centrali, affrontato durante il convegno, è stato quello delle politiche e gli strumenti utili a promuovere la crescita europea, già molto bassa prima dell’arrivo del Covid (Figura 1).

Come riportare l’Europa su una traiettoria di crescita stabile, capace coniugare uno sviluppo armonioso di tutti gli stati membri e un consistente miglioramento nel tenore di vita dei cittadini europei? Dalle relazioni presentate sono emerse quattro ambiti di riflessione che valutati assieme forniscono spunti importanti per immaginare il ruolo che l’Unione Europea giocherà nei prossimi anni nel sostenere ripresa e sviluppo. Questi ambiti riguardano il ruolo futuro della Banca Europea degli Investimenti (BEI), la nuova politica industriale europea, le innovazioni in materia di politica monetaria e regolamentazione finanziaria, il tema delle risorse proprie e di una possibile politica di bilancio europea.

Istituita nel 1958, la BEI è impegnata nel sostenere finanziariamente progetti coerenti con gli obiettivi dell’UE, sia all’interno che al di fuori dell’Unione. Tra questi obiettivi tre meritano di essere ricordati in particolare: 1) sviluppo sostenibile capace di garantire piena occupazione, o sviluppo sociale, protezione dell’ambiente, 2) lotta contro l’esclusione sociale e la discriminazione, 3) rafforzamento della coesione economica, sociale e territoriale tra gli Stati membri.

Dagli anni sessanta, quando i suoi finanziamenti s’indirizzavano principalmente verso industrie di base e infrastrutture, ad oggi, la BEI ha giocato un ruolo importante, anche se poco conosciuto, nel sostenere lo sviluppo economico europeo.

Dal convegno è emersa l’opinione che questo ruolo crescerà nei prossimi anni, soprattutto nell’ambito della sostenibilità ambientale e del contrasto al cambiamento climatico. Nel 2020, per esempio, la BEI ha fornito 24,2 miliardi di euro per combattere il cambiamento climatico, pari al 37% dei finanziamenti complessivi. Nello stesso anno, i finanziamenti a progetti per la sostenibilità ambientale hanno rappresentato circa 1,8 miliardi di euro, ovvero il 3% dei finanziamenti totali, si prevede che entro il 2025 la metà dei finanziamenti erogati dalla Banca sarà dedicata a clima e ambiente. Come climate bank, la BEI è tra i pionieri nello sviluppo della climate finance, nell’ambito della quale si sviluppano prodotti finanziari a sostegno degli investimenti su larga scala necessari a ridurre significativamente le emissioni. Inoltre, come azionista principale del Fondo Europeo degli Investimenti, la BEI sostiene le piccole e medie imprese (PMI) europee aiutandole ad accedere ai finanziamenti, progettando prodotti finanziari innovativi rivolti ai partner privati (banche, istituti di garanzia, leasing e microfinanza, fondi di private equity e venture capital, tra gli altri).

Il sostegno alle piccole e medie imprese rientra nell’ambito della nuova strategia annunciata dalla UE nel Marzo del 2020 in risposta all’esigenza di riportare la politica industriale al centro dell’azione europea, superando l’idea che concorrenza e libera circolazione di persone, beni, servizi e capitali bastino ad assicurare prosperità e progresso. Una nuova politica industriale basata fra l’altro sullo sviluppo delle tecnologie chiave abilitanti (Key enabling technologies).

Si tratta d’investimenti e tecnologie che dovrebbero permetter alle industrie europee di mantenere la competitività e di capitalizzare su nuovi mercati. Il Programma Tecnologie Industriali (NMP) si concentra su quattro tecnologie abilitanti: 1) nanotecnologie, 2) materiali avanzati, 3) fabbricazione e trattamento avanzati (tecnologie di produzione) e 4) biotecnologie. Campi diversi, accomunati dall’esigenza di forti investimenti in Ricerca e Sviluppo da parte di tutti gli stati membri con il sostegno della UE, nell’ambito di una nuova strategia della UE per aiutare l’industria europea a guidare la doppia transizione verso la neutralità climatica e la leadership digitale, mantenendo competitività e autonomia strategica negli ambiti tecnologici testé richiamati.

Il 5 maggio del 2021, la Commissione europea ha pubblicato un documento che aggiorna questa nuova strategia industriale alla luce dei problemi emersi nei mesi del Covid, tra cui l’improvvisa chiusura dei confini e l’introduzione di limiti alla libera circolazione di beni e servizi, l’interruzione delle catene di approvvigionamento globali interrotte anche per i prodotti essenziali, la caduta della domanda aggregata.

Per affrontare questi problemi, la strategia di politica industriale della UE prevede nuove misure che si concentrano sul rafforzamento della resilienza del mercato unico, sul sostegno all’autonomia strategica, sull’accelerazione della doppia transizione verso un’economia verde e digitale. In quest’ultimo ambito rientrano gli investimenti che saranno finanziati attraverso la Recovery and Resilience Facility, il cuore del piano d’intervento NEXT Generation EU, con uno stanziamento previsto – sul periodo 2021-2026 – di 672,5 miliardi di euro su un totale di 750 miliardi (a prezzi 2018), di cui 312,5 miliardi in trasferimenti a fondo perduto e 360 miliardi di prestiti.

Uno sforzo di questa portata potrà dare maggior frutto se accompagnato da condizioni monetarie e finanziarie adeguate. La responsabilità di assicurarlo ricadrà in parte sulla Banca Centrale Europea e sul modo in cui saprà gestire le sfide che si delineano all’orizzonte tra ripresa dell’inflazione, verosimile aumento della quota di mutui non-performing a livello europeo, necessità di completare l’unione bancaria.

I relatori al convegno dell’AUSE si sono trovati d’accordo sull’importanza delle misure adottate dalla BCE in questi anni nel contrastare gli effetti delle crisi finanziarie che a partire dal 2008 hanno scosso l’Europa. La BCE si è dotata fra l’altro di strumenti innovativi per preservare la capacità delle imprese europee di continuare a finanziarsi in un contesto di turbolenza economica e finanziaria. Tra questi strumenti troviamo il Corporate Sector Purchase Programme (CSPP, dall’8 giugno 2016), un programma d’acquisto di titoli obbligazionari e, da marzo 2020, di carta commerciale emessi da società non finanziarie dei paesi dell’area dell’euro e i programmi Targeted Longer-Term Refinancing Operations (TLTRO, appunto), finanziamenti straordinari concessi dalla BCE alle banche europee, mirati a “a migliorare il funzionamento del meccanismo di trasmissione della politica monetaria, sostenendo l’erogazione del credito bancario all’economia reale”.

Questi sono solamente due dei molti strumenti che la BCE ha messo in campo in questi anni a sostegno dell’integrità monetaria e finanziarie dell’UE. A questi interventi, si aggiungono quelli attivati nell’ambito delle nuove competenze in materia di vigilanza e supervisione bancaria che la BCE ha assunto a partire dal 2014. Dal convegno è emerso un giudizio sostanzialmente positivo sulla capacità della UE di adattare in maniera relativamente rapida il proprio sistema di vigilanza e supervisione finanziaria, dotandosi degli strumenti necessari a coniugare supervisione micro e macro-prudenziale e a gestire tempestivamente le crisi attraverso il meccanismo unico di risoluzione.

Nonostante l’efficacia della sua azione complessiva, c’è accordo sul fatto che la BCE non possa reggere da sola la gestione della politica di stabilizzazione macroeconomica a livello europeo. Per questo è necessario un intervento più incisivo della politica di bilancio sia da parte degli stati membri che sul versante comunitario. La riflessione sul ruolo che la politica fiscale giocherà nei prossimi anni nel promuovere la ripresa post-covid s’interseca con il dibattito sul possibile superamento del patto di Stabilità e Crescita, sospeso per tutto il 2022 e sulla sua possibile sostituzione con un nuovo sistema di standard fiscali, come proposto di recente da O. Blanchard (Peterson Institute for International Economics), A. Leandro (Caixabank Reaserach) e J. Zettlemeyer (IMF).

A livello comunitario, infine, si pone il tema chiave delle risorse proprie, le fonti autonome per il bilancio pluriennale UE 2021-2027 attualmente assicurate dai dazi doganali, dai contributi basati sull’imposta sul valore aggiunto (IVA) raccolti dagli Stati membri e dai contributi diretti dei paesi dell’UE. A partire dal 1° gennaio 2021, una nuova fonte di entrate per il bilancio dell’UE è un contributo basato sui rifiuti di imballaggio in plastica non riciclati ma non è detto che questo basti nei prossimi anni a sostenere un ruolo può incisivo della UE nell’ambito della politica di bilancio.

Rilancio della BEI, nuova politica industriale, innovazioni nel campo della politica monetaria e della regolamentazione finanziaria, un ruolo più incisivo per la politica di bilancio, questi i quattro elementi chiave per definire il ruolo che l’UE giocherà nei prossimi anni nel sostenere la ripresa e lo sviluppo dell’economia europea. A questi si aggiunge il Pilastro europeo dei diritti sociali, per sostenere mercati del lavoro e sistemi di protezione sociale equi e ben funzionanti e servire da bussola per un nuovo processo di convergenza verso migliori condizioni di vita e di lavoro in Europa.

In molti casi, gli interventi proposti all’interno di questi ambiti si traducono in piccoli passi concreti sulla strada dell’integrazione europea. Ma d’altra parte, come preconizzava Schuman “L’Europa non potrà farsi in una sola volta, né sarà costruita tutta insieme; essa sorgerà da realizzazioni concrete che creino anzitutto una solidarietà di fatto.” L’adozione del piano Next Generation EU, l’attivismo della BCE, la disponibilità a rafforzare la tutela europea sui diritti sociali, sembrano andare in questa direzione alimentando l’ottimismo nei confronti del ruolo che la UE potrà svolgere nel promuovere ripresa e sviluppo. Ottimismo temperato dalla consapevolezza dei problemi che accompagnano l’attuazione concreta dei programmi europei, come dimostrato di recente dalla poco lineare gestione dei vaccini anti-covid, ma pur sempre ottimismo.

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