Tetti e facciate

Civil Servant riconosce che il governo ha preso provvedimenti coraggiosi contro l’evasione fiscale (l’estensione della fatturazione elettronica, maggiori controlli sui rimborsi IVA, su alcune transazioni con l’estero e sui movimenti dei carburanti) e l’evasione contributiva nei sub-appalti. Ritiene però eccessiva la fiducia riposta in due altre misure: la lotteria degli scontrini, che richiederebbe un montepremi troppo elevato per essere efficace, e la limitazione all’uso dei contanti da cui ci si attendono effetti non giustificati dall’evidenza empirica e dall’analisi teorica.

La manovra di bilancio 2019 prevede numerose misure di contrasto all’evasione. Alcune sono particolarmente promettenti, come i controlli più accurati prima di erogare rimborsi sull’IVA; la sostanziale trasformazione degli appaltatori in sostituti di imposta nei confronti dei sub-fornitori; l’estensione dell’obbligo della fatturazione elettronica; i controlli più cogenti sui trasferimenti dei carburanti e sulle importazioni di auto. Si tratta di norme che riducono la zona grigia tra transazioni in nero e alla luce del sole, in cui si annidano l’evasione fiscale, il lavoro irregolare e talvolta anche il riciclaggio di denaro sporco.

Ci sono poi alcune misure che convincono molto meno, come la reviviscenza della folcloristica lotteria degli scontrini, potenziata con i bonus per l’uso delle carte di credito, e il tetto alle transazioni in contanti. Sulla prima ci siamo espressi già nel 2016, quando fu proposta dal governo Renzi, concludendo che solo premi molto elevati e/o frequenti avrebbero favorito l’emersione dal nero…ma, proprio per l’entità del montepremi richiesto, un simile provvedimento non avrebbe garantito grossi benefici per l’erario. Insomma, per il fisco, il gioco (nel senso letterale del termine) non valeva la candela.

Un altro strumento potenziale di evasione sono le cripto-valute, soprattutto quelle meno note del Bitcoin ma molto popolari nel dark web, che garantiscono un sostanziale anonimato anche agli attori delle transazioni più orrende. Ad un livello tecnologico molto più basso, ma altrettanto efficace, ci sono le strette di mano tra soci in affari o “uomini d’onore”, che in molti ambienti sostituiscono qualsiasi scambio fisico di valuta. Qualche gradino più in su c’è l’impiego di “teste di legno” più o meno consapevoli, cui intestare le attività più varie. Esiste perfino un sito che, senza tanti giri di parole, riporta anche domande e offerte di lavoro come “prestanome” in varie parti d’Italia. Anche con una carta pre-pagata, come quella usata per erogare il reddito di cittadinanza, si possono fare miracoli: per esempio la famosa truffa del “pezzotto” per vedere le pay TV a pochi euro era basata su ricariche tracciabili fatte su carte che cambiavano a velocità supersonica. Ovviamente la Guardia di Finanza non dorme, ma organizzare simili raggiri, incassarne i proventi e sparire richiede molto meno tempo di una indagine rigorosa che produca prove in grado di resistere in qualsiasi tribunale. In ogni caso, anche senza commettere reati così gravi, qualsiasi limite al contante può essere facilmente aggirato frazionando le transazioni al di sotto della soglia critica, con reciproca soddisfazione per chi ha accumulato certe disponibilità evadendo le tasse e chi si appresta a farlo ricevendo pagamenti in nero non tracciabili.

Ovviamente nessun limite ai contanti potrà mai stroncare i circuiti “chiusi” all’interno dei quali le banconote e i loro ragionevoli sostituti circolano liberamente con pochissimi scambi con l’economia legale. Si pensi alla filiera delle piccole costruzioni, dove il nero domina dalla cava di sabbia fino alla consegna dell’immobile finito, o all’agricoltura, dove il lavoro regolare è una eccezione. Sono questi i veri santuari della piccola evasione. Per attaccarli sarebbe probabilmente necessario adottare una moneta ad obsolescenza programmata, come certi apparecchi elettronici, che costringerebbe chi la possiede a farsi vivo col fisco per poterla convertire in valuta fresca. Incidentalmente, valute di questo tipo, come quella teorizzata da Silvio Gesell e apprezzata da Keynes, non sono solo il frutto della fantasia di qualche pensatore stravagante, ma circolano realmente in Germania e Svizzera.

A parte questo, la riduzione del contante porta sicuramente parecchi vantaggi, a partire dai risparmi sul trasporto valori e sulla sicurezza. Con qualche piccolo accorgimento si supererebbero anche gli indubbi problemi di privacy posti dal ricorso ai pagamenti tracciabili. Ad esempio, si potrebbero immettere sul mercato delle carte pre-pagate monouso anonime che però dovrebbero essere acquistate con mezzi tracciabili scegliendole a caso tra quelle disponibili, come si fa con i biglietti del gratta e vinci. In questo modo il fisco potrebbe controllare i proventi di chi le acquista e quelli di chi le accetta, ma senza poter collegare i due soggetti tra loro. In effetti, nella grande distribuzione commerciale, nei servizi telefonici e nel settore del turismo sono già comunissimi buoni acquisti e voucher di questo tipo. È un sistema costoso e contorto, che tuttavia lascia a riparo da occhi indiscreti anche le relazioni clandestine ma non le entrate dei protagonisti e di coloro che li riforniscono di beni e servizi. Il rischio di qualche abuso rimane (come il riciclaggio natalizio dei carnet di servizi turistici ricevuti in regalo durante l’anno), ma si tratta di fenomeni limitati e che comunque non pregiudicano la corretta registrazione delle entrate dei fornitori coinvolti.

Alla fine, l’unico vero vantaggio del contante rimane il fatto che, a differenza dei portafogli elettronici, non è soggetto a incidenti come i furti di identità; la perdita di PIN, telefoni e quant’altro; i blackout elettrici e la mancanza di copertura internet che ne impediscono materialmente l’uso; ecc. Gli economisti più bizantini potrebbero anche osservare che nelle transazioni in contanti le parti hanno esattamente le stesse informazioni sul mezzo di pagamento (a meno di avere a che fare con dei falsari), mentre la moneta elettronica richiede sempre un terzo incomodo (una banca o un gestore) che autorizzi lo scambio in base a informazioni private guadagnandoci pure qualcosa. Per chi crede nell’equilibrio economico generale con concorrenza perfetta questo è un guaio serio, ma per le persone normali (e per il sistema finanziario) no. Infine, qualsiasi genitore sa anche che le carte di debito e credito rendono i figli molto meno parsimoniosi rispetto alla tradizionale paghetta in contanti, ma in un periodo di carenza di domanda questo potrebbe essere anche un vantaggio per l’economia nel suo complesso.

Se fosse così facile governare fenomeni complessi come la coesione sociale e l’evasione fiscale, sarebbe uno scherzo anche ridurre gli incidenti stradali eliminando i semafori, in prossimità dei quali avvengono parecchi sinistri; oppure basterebbe costruire più ospedali per incentivare la natalità, visto che è lì che normalmente nascono più bambini. Nel caso del contante, ci sono molti buoni motivi per ridurne la circolazione e pochi per non farlo, ma non ci si può aspettare che ciò sia sufficiente (e forse neanche necessario) per combattere l’evasione. Da questo punto di vista, è difficile comprendere le ragioni (presentabili) di chi si oppone strenuamente ad un tetto all’uso del contante, evocando addirittura lo stato di polizia, vecchiette angosciate, continue rapine telematiche e complotti della finanza internazionale. Tuttavia sarebbe un grave errore anche ingaggiare una battaglia ideologica su questo tema o peggio trasformarlo in un comodo alibi per non adottare provvedimenti più incisivi ma molto meno popolari. Per restare nel campo delle fallacie logiche e delle soluzioni troppo facili, non vorremmo che anche i generosi incentivi per il rifacimento delle facciate previsti nella manovra economica si propongano di migliorare la vivibilità delle nostre città partendo dal discutibile presupposto che i servizi pubblici funzionano bene e non ci sono buche e rifiuti sulle strade proprio laddove gli edifici privati hanno un aspetto più curato.

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