L’Intelligenza Artificiale: un’arma contro la pandemia

Valerio D’Andrea e Dario Guarascio analizzano il ruolo che l’Intelligenza Artificiale può svolgere nel contrasto della pandemia e illustrano l’uso, anche sorprendente, che di essa è stato fatto in ambito diagnostico, terapeutico e di salute pubblica in Cina e in Corea del Sud. D’Andrea e Guarascio pongono anche l’enfasi sul possibile conflitto che, con l’uso dell’Intelligenza Artificiale, può sorgere tra capacità tecnologica-organizzativa degli Stati e tutela dei diritti individuali, indicando vie di conciliazione compatibili con i sistemi democratici occidentali.

Non ci sono aree del globo rimaste immuni alla diffusione del Sars-Cov-2. Gli effetti sanitari, economici, e sociali della pandemia, tuttavia, sono stati e sono molto eterogenei. Ciò è dovuto, in parte, a fattori strutturali quali la densità e le caratteristiche della popolazione (i.e. distribuzione per età, quota di individui ad alto rischio), la presenza di metropoli ad alta densità abitativa, gli atteggiamenti sociali (con particolare riferimento alla propensione degli individui ad adeguarsi alle misure restrittive). Non meno rilevanti sono però le dimensioni e le qualità delle istituzioni sanitarie pubbliche e la più generale capacità di governare un fenomeno complesso e ad elevata incertezza come la pandemia. Da questo punto di vista, la maggiore capacità che le società asiatiche e, in particolare, quella cinese e sudcoreana hanno mostrato di avere nel contenimento della pandemia e nel ripristino di condizioni di vita relativamente vicine a quelle pre-Covid mette in discussione, forse per la prima volta in modo così evidente, il primato dell’occidente nel governo di fenomeni complessi e nella salvaguardia del benessere sociale.

Questa breve nota non intende investigare la miriade di fattori, tra loro interrelati, che stanno dietro l’eterogeneità delle risposte istituzionali dei diversi paesi al diffondersi del virus. L’obiettivo, ben più circoscritto, è quello di analizzare come una delle tecnologie che stanno sconvolgendo l’odierno modo di produrre, comunicare e consumare – l’Intelligenza Artificiale (IA) – abbia inciso sulla capacità di due paesi asiatici, la Cina e la Corea del Sud, di contrastare la pandemia.

La Figura che segue, ripresa da un recente rapporto del WIPO, mostra la crescente importanza dell’IA, misurata sulla base delle pubblicazioni scientifiche e delle famiglie di brevetti.

L’IA si è rivelata una tecnologia di assoluta importanza per una molteplicità di esigenze legate al diffondersi del virus: diagnosi, cura, logistica, tracciamento, implementazione delle norme di salute pubblica con particolare riferimento al distanziamento sociale e alla sorveglianza sanitaria. Nel caso cinese, gli ingenti investimenti in Ricerca e Sviluppo e nel comparto dell’IA effettuati negli anni recenti hanno garantito la disponibilità, sin dalle prime fasi della pandemia, di dispositivi, tecnologie e competenze per il loro utilizzo. Un ulteriore vantaggio è derivato dal fatto che applicazioni di IA anti-pandemiche erano state già sperimentate e introdotte all’epoca delle epidemie di Sars e di Mers.

La Figura che segue, tratta dallo stesso rapporto indicato in precedenza, mostra la distribuzione per paese dei brevetti connessi a tecnologie di IA nelle università e negli istituti pubblici di ricerca annoverati tra la prime 500 organizzazioni in ordine di brevetti legati all’IA; essa mette inequivocabilmente in luce il vantaggio competitivo della Cina in questo cruciale dominio tecnologico.

In ambito diagnostico, durante le fasi più critiche della pandemia le autorità sanitarie cinesi si sono avvalse di un’applicazione di IA basata sull’utilizzo di un dataset di tomografie computerizzate ai polmoni (TAC). Mediante algoritmi di IA in grado di riconoscere e comparare immagini radiografiche è stato possibile – in una fase in cui la corretta individuazione dei casi è stata di centrale importanza per raffinare gli strumenti diagnostici, terapeutici e di tracciamento – distinguere in modo estremamente rapido e preciso individui affetti da polmonite Covid e non-Covid. Gli algoritmi di IA alla base di questa applicazione hanno la capacità di ‘comprendere’ le immagini e i video estraendo le principali caratteristiche ricorrenti e identificano le diverse patologie con un altissimo grado di affidabilità. La tecnologia sottostante è la DCNN (Deep Convolutional Neural Network), la cui applicazione in ambito diagnostico anti-Covid è stata illustrata, il 19 marzo 2020, sulla rivista Radiology da un gruppo di ricercatori dell’ospedale di Wuhan.

Le autorità sanitarie cinesi hanno investito nelle tecnologie di IA anche per quanto riguarda la cura. Le tecnologie finalizzate all’analisi e all’elaborazione di immagini sono infatti particolarmente importanti anche per lo sviluppo di nuovi farmaci. Grazie all’utilizzo dei già citati DCNN, della ‘visione artificiale’ e di una procedura nota in farmacologia come Protein Pocket Matching è possibile, utilizzando come dati di input immagini tridimensionali delle strutture delle proteine, identificare quali di esse sono maggiormente in grado di legarsi a quelle prodotte dal Sars-Cov-2 inibendone l’azione.

Tra i dispositivi basati su tecnologie di IA che hanno avuto un importante ruolo (anche e soprattutto in Cina) nella gestione di alcune problematiche legate alla pandemia vi sono i veicoli a guida autonoma. Le più importanti società di e-commerce cinesi, come, ad esempio, JD.com e Meituan, avevano lanciato, già prima dell’esplosione della pandemia, progetti finalizzati alla realizzazione di veicoli a guida autonoma capaci di muoversi in contesti urbani complessi come quelli delle grandi città cinesi. Con la diffusione del Sars-Cov-2 e su impulso del governo i progetti si sono trasformati in applicazioni da rendere immediatamente fruibili per garantire l’approvvigionamento di beni di prima necessità per la popolazione sottoposta a “lockdown”. L’immagine che segue è di uno dei veicoli a guida autonoma della JD.com utilizzato nelle fasi più acute della pandemia.

Nel caso coreano, l’IA ha ricoperto un importante ruolo, tra le altre cose, nello sviluppo dei kit diagnostici in grado di testare la presenza del Sars-Cov-2. Mediante la collaborazione tra il Ministero della Salute, che ha garantito l’abbattimento dei tempi necessari per le autorizzazioni, e le aziende che si occupano della realizzazione di strumenti diagnostici ad alta tecnologia quali Kogene Biotech, Seegene, SolGent e SD Biosensor migliaia di kit diagnostici erano disponibili già ai primi di marzo (il primo caso ufficiale in Sud Corea si è registrato il 20 gennaio 2020), con più di mezzo milione di cittadini sottoposti a test. Nel caso della Seegene, lo sviluppo dei kit diagnostici è potuto iniziare con quattro giorni di anticipo rispetto al primo caso ufficiale registrato in Sud Corea, grazie al fatto che la realizzazione del prodotto è stata portata a termine in tre settimane invece dei consueti due-tre mesi. Questa maggior rapidità nello sviluppo dei kit si deve anche all’ausilio di un sistema basato sull’IA e all’utilizzo di big data utili per la creazione del kit stesso.

L’IA si è rivelata centrale anche nella gestione di grandi masse di informazioni utili al disegno e alla gestione delle strategie di salute pubblica. In questo caso un ruolo di primo piano lo ha avuto un’azienda italiana operante nel modenese, la Expert System, con il suo Clinical Research Navigator. Basato su strumenti di Natural Language Understanding, il CRN rientra tra le tecnologie che utilizzano come dato di input il linguaggio umano riuscendo a identificare strutture, ricorrenze e fenomeni rilevanti per una molteplicità di scopi. In ambito sanitario, il CRN si è rivelato particolarmente utile per l’analisi, in tempo reale, di ingenti masse di letteratura scientifica connessa in vario modo al Sars-Cov-2. Nel corso della pandemia, il CRN è stato messo a disposizione di importanti istituti di ricerca come l’Inserm (l’istituto nazionale della sanità e della ricerca medica in Francia); filtrando e approfondendo informazioni critiche, esso ha consentito di sistematizzare e analizzare in tempi rapidissimi un’ampia gamma di dati utili all’avanzamento scientifico in chiave anti-pandemica. La disponibilità delle informazioni reperite e analizzate attraverso il CRN si è rivelata di grandissima importanza sia per l’avanzamento della ricerca sia per quanto riguarda le interazioni e la collaborazione tra ricercatori ed enti preposti.

Tutto ciò mette in luce l’importanza, nel contrasto della pandemia, non soltanto dell’IA – soprattutto in ambiti come la diagnostica, le terapie e la gestione dei piani di salute pubblica – ma anche della capacità delle istituzioni di reagire con efficacia. Tale capacità dipende dall’eterogenea distribuzione delle risorse pubbliche (finanziarie, tecnologiche e di conoscenza), dalle diverse strategie nazionali di investimento nonché dalla natura, in alcuni casi radicalmente diversa, degli assetti politico-istituzionali. Emblematico è il caso della Corea del Sud, dove si è assistito ad una radicale modifica della legislazione che ha permesso di superare, in caso di emergenza legata alla comparsa di una malattia infettiva contagiosa, una buona parte delle disposizioni e dei limiti imposti dalle norme sulla protezione delle informazioni personali. Ciò ha dato la possibilità di usufruire e utilizzare i dati privati dei soggetti potenziali o confermati positivi alla malattia, provenienti da diverse fonti, anche senza il loro consenso. È, invece, superfluo sottolineare il legame tra l’uso delle tecnologie di IA e il forte controllo sociale posto in essere in Cina.

Il preminente ruolo economico, tecnologico e organizzativo dello Stato è dunque una delle ragioni per cui Cina e Sud Corea sono riuscite a utilizzare in modo efficace le tecnologie dell’IA nel contrasto della pandemia. Il prezzo, tuttavia, è stato quello di restringere, a volte in modo molto significativo, le libertà personali, in particolare quelle connesse all’uso delle informazioni private e alla sorveglianza.

Il tema è delicatissimo. Ma quanto precede suggerisce la seguente riflessione conclusiva. In occidente, se gli stati riscoprissero strumenti di politica industriale di tipo verticale e selettivo un tempo all’ordine del giorno potrebbero recuperare capacità tecnologica e efficacia organizzativa, anche in ambito anti-pandemico, senza per questo minare le prerogative costituzionali in materia di libertà individuale e tutela della privacy che storicamente caratterizzano le nostre società. Un elenco essenziale di quegli strumenti è il seguente: la costituzione di imprese pubbliche in settori tecnologicamente strategici, la partecipazione nel capitale di imprese private di rilevanza strategica, la realizzazione di ‘grandi missioni’ pubbliche tese all’introduzione di innovazioni radicali, la revisione della disciplina sui brevetti e una normativa che consenta, in presenza di situazioni di emergenza, di indirizzare la produzione di specifiche aziende.

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