Le elezioni europee

Definire elezioni europee quelle che si sono svolte il 6 e il 7 giugno è dire il falso. Purtroppo l’Europa è stata, almeno la grande assente della campagna elettorale e non solo in Italia dove hanno dominato i non esemplari fatti privati del Presidente del Consiglio in carica. Di Europa si era parlato in verità nel secondo semestre del 2008. L’attivismo di Sarkozy nel tentativo di trovare a livello europeo una risposta adeguata alla gravità della crisi economica aveva suscitato speranze e da più lati si era guardato al Presidente del Consiglio d’Europa come ad un riferimento più valido di quello dei governi nazionali. Ma poi è arrivata la dormiente presidenza ceka, congiunta al minimalismo di Barroso, l’Europa è scomparsa e sono tornate a dominare la scena le polemiche casalinghe. Per questo non è giusto assumere la cifra dei votanti, in calo in tutti i paesi della Comunità, come un indice di scarso europeismo. Il dato assume piuttosto il significato di un atto di accusa contro quanti, dal Parlamento europeo al Consiglio, non sono stati capaci di indicare agli europei obiettivi comuni. Se c’è un momento in cui l’Europa appare assolutamente necessaria per affrontare in modo unitario e comunitario la più grave crisi del secolo – dopo la quale nulla sarà come era prima – è quello che stiamo vivendo. E se non emergono uomini politici in grado di comprenderlo e di proporre soluzioni comuni nello spirito della Carta di Lisbona, è ridicolo attribuirne la responsabilità a chi avverte questa latitanza e si regola di conseguenza chiudendosi nel guscio di casa. L’astensionismo della popolazione dell’Aquila non è una colpa, ma un forte atto di accusa.

In tale quadro e’ inevitabile che i risultati elettorali siano stati assunti in primo luogo come sondaggi sui vari governi nazionali. Nazionali erano infatti le sfide che i vari premiers avevano lanciato. Non possono dunque dolersi del fatto che come tali siano stati commentati: dalla Spagna all‘Italia alla Germania alla Gran Bretagna essi dicono che gli elettori sono piuttosto malcontenti del modo in cui sono governati, che nei varchi aperti dal populismo avanza la destra – la Lega di Bossi giunta al 10 per cento e ben penetrata anche in Emilia – e che le sinistre o trovano la via. più volte auspicata, dell’unità (parola mai pronunciata nei commenti pre voto e post voto dagli esponenti di tali liste) o serviranno solo a fare il gioco altrui rendendo sterile il 9 per cento dei voti. Buono in Europa. il successo dei verdi,

Il voto italiano merita tuttavia qualche considerazione in più, dato che lo stallo dei voti del PDL a fronte dell’avanzata della Lega, non può essere considerato solo dal punto di vista di un riequilibrio all’interno della maggioranza. Il giudizio non può infatti non tener conto degli obiettivi che Berlusconi si era proposto di raggiungere presentandosi come capolista in tutte le circoscrizioni: quello di avere un plebiscito sul suo nome e quello di superare con Bossi il 50 per cento dei voti così da potersi proclamare l’esponente della maggioranza del Paese. Il plebiscito non c’è stato e la maggioranza non è stata conquistata. Si è detto che ciò è avvenuto a causa dell’astensionismo. E’ vero, ma anche l’astensionismo è una manifestazione di un giudizio e di una scelta. E se l’obiettivo non è stato raggiunto è anche merito dell’avanzata dell’Italia dei Valori e dello sforzo compiuto da Franceschini per riconquistare parte del terreno perduto dal Partito Democratico.

In Italia tuttavia non si è votato solo per eleggere il Parlamento europeo ma anche per il rinnovo di importanti Province e Comuni. In Italia non siamo dunque solo ad un sondaggio cui gli incerti si sono sottratti, ma ad elezioni ancora sentite come momento della partecipazione e della socializzazione della politica. Ebbene che cosa ci dicono tali elezioni che hanno visto anch’esse un calo di votanti ma di certo non nella misura delle europee ? Dicono che il centro sinistra arretra anche in zone “forti” – sia pure con marcate eccezioni – che il binomio PDL – Lega conquista un considerevole numero di province e che nei ballottaggi comunali l’UDC gioca tra le due sponde. Clamoroso il caso della Campania dove, pur di essere eletto al Parlamento europeo a 81 anni, Ciriaco De Mita ha regalato al PDL migliaia di votinelle elezioni amministrative.

L’IDV conferma la sua forza e la sua buona crescita e dice con il suo notevole successo che i temi della giustizia sono profondamente sentiti.

C’è da augurarsi, anche a fronte della crisi economica, che, chiusa la campagna elettorale, PD, Italia dei Valori e partiti della sinistra cessino di azzuffarsi tra loro. Per queste zuffe l’Italia tutta, che ha bisogno di una forte opposizione, che esprima scelte e obiettivi convergenti, paga un alto prezzo.

Luciano Barca

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