L’attacco alla RAI

Poiché la stupidità è un attenuante (ma i Minzolini non sono stupidi) vogliamo concedere ai dirigenti della RAI di non aver capito la trappola che era stata loro tesa con il digitale. Ciò che è incredibile è che dopo essere stati beffati non si siano neppure messi davanti ad un televisore per contare i canali propri e quelli che Mediaset ha conquistato con il digitale. Vogliamo contarli uno per uno a Roma?

Su 45 canali la Rai ha in tutto 5 canali, Mediaset se ha 30 (per trasmettere in contemporanea tutte le partite di calcio) più un canale acquistato per pochi soldi, in questi tempi di crisi, da piccoli produttori, ciò che resta è rimasto a qualche “indipendente”. Dal 16 novembre, tradendo ancora una volta il contratto firmato con gli utenti, anche RAI 1 passerà al digitale. In tal modo chi ha solo l’analogico perché non ha gli ottanta euro per passare al digitale potrà consolarsi solo con rete Capri e poco altro. Mediaset  (con una Rai che è anche uscita da Sky, rinunciando a 50 milioni di entrate, ma lasciando a tutti gli abbonati di Sky la possibilità di vedere  la RAI senza pagare il canone)  diventa a questo punto il trionfatore del digitale. Berlusconi non deve neppure affaticarsi a distruggere i servizi di Rai 3 (ma forse lo farà lo stesso): è tutta la Rai che a questo punto è destinata ad un disastroso declino a causa di un gigantesco conflitto di interessi. Disastroso perché, non ostante il prodigarsi di molti presentatori, registi e attori, la Rai si avvia allo scontro decisivo con le TV della famiglia Berlusconi avendo già un pesante bilancio in perdita (circa 70 milioni di euro nel 2009 e oltre 200 previsti per il 2010), entrate pubblicitarie in calo doppio rispetto a Mediaset, nessuna rete a pagamento.

Chi sono i responsabili di tutto ciò e dell’inerzia dell’ex colosso pubblico? Basta leggere i nomi dei consiglieri di amministrazione. Su nove membri cinque e quindi la maggioranza fa capo a Berlusconi (Forza Italia, più AN, più Lega). E’ molto difficile dunque che si possa contare su un autonomia di decisione. I tempi di Vittorio Veltroni e del prof. Palmieri sono lontani. In tempi di dittatura seppero ritagliare per l’EiaR spazi di autonomia e garantire libertà a molti giovani collaboratori. Chi si schiera oggi per farlo sapendo di poter contare sulla maggioranza dei radio abbonati? Spero non ci obblighino a contare su Murdoch.

                                                                                         T. Ag.

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