Il lavoro in Germania durante la prima ondata della pandemia da Covid-19: chiusure e differenze di genere

Emanuela Struffolino, Hannah Zagel e Martin Gädecke illustrano la distribuzione tra gli stati federali tedeschi dei lavoratori dipendenti nei settori essenziali chiusi durante la prima ondata della pandemia da Covid-19 e mostrano come le chiusure abbiano interessato maggiormente le donne nelle diverse aree del paese. Questi dati lasciano supporre che, in seguito anche alla seconda ondata, le chiusure abbiano implicazioni di lungo periodo per la vulnerabilità economica delle lavoratrici, dipendente anche dalla struttura del mercato locale del lavoro.

Gli autori di questo articolo sono: Emanuela Struffolino, Hannah Zagel e Martin Gädecke.

La strategia seguita dalla Germania per la chiusura di settori economici non essenziali o parzialmente essenziali durante la prima ondata della pandemia da Covid-19 nel 2020 è stata accompagnata da misure di sostegno al reddito per lavoratori e incentivi per le imprese sicuramente migliorabili ma più generose e tempestive rispetto a quanto accaduto in Italia (come Borri e Struffolino hanno argomentato sul Menabò). Il governo centrale ha lasciato a quelli federali margine decisionale sull’attuazione dei decreti, emanati nei mesi di marzo e aprile 2020, contenenti le linee guida per le misure da introdurre per ridurre la diffusione del virus Covid-19. Utilizzando dati campionari, il recente rapporto dell’Istituto tedesco di statistica mostra che tra marzo e maggio 2020, circa il 57% dei lavoratori e delle lavoratrici hanno continuato a recarsi sul posto di lavoro, mentre circa il 10% dei lavoratori e delle lavoratrici hanno avuto accesso a forme di sostegno al reddito simili alla cassa integrazione guadagni (Kurzarbeit). Una piccola quota (intorno al 7%) non ha mantenuto il proprio contratto e al contempo non ha ricevuto alcun sostegno al reddito. Il restante 26% ha potuto lavorare da casa almeno parzialmente: è da notare che l’opzione di home-office è stata accessibile, nei fatti, quasi esclusivamente per i lavoratori con alto titolo di studio, occupati in settori che non sono stati chiusi. In questo articolo, partiamo da questo dato per mostrare nel dettaglio le differenze tra stati federali nella quota dipendenti interessati dalle chiusure di diversi settori concentrandoci sulle differenze di genere.

Quanti lavoratori dipendenti nei settori chiusi? Utilizzando le informazioni provenienti da tutti i decreti pubblicati da ciascuno stato federale tra il 15 marzo e il 17 aprile 2020, le statistiche sull’occupazione dell’Agenzia Federale del Lavoro (Bundesagentur für Arbeit) relative al febbraio 2020 e i dati del Censimento (Mikrozensus) 2016 ci siamo posti l’obiettivo di restituire una rappresentazione puntuale della distribuzione dei lavoratori dipendenti (esclusi i lavoratori autonomi) tra i 15 e i 65 anni nei settori chiusi in accordo con i decreti (si veda Zagel et al. 2021 per i dettagli metodologici).

Tra i 272 settori (definiti in base codice NACE Rev. 2 – 3-digit) oggetto di chiusura, 22 sono stati chiusi in tutti gli stati federali, con le eccezioni di Amburgo, Bassa Sassonia, Renania Settentrionale-Vestfalia, Renania-Palatinato, Berlino, Sassonia (23), Brema, Assia, Baden-Wuerttemberg, Saarland, Sassonia-Anhalt (24) e Meclemburgo-Pomerania occidentale (25). La figura 1 mostra le differenze nella quota di dipendenti in settori che sono stati chiusi tra gli stati federali: questi ultimi sono classificati in quartili che vanno dall’8 al 13% circa.

Gli stati più popolosi (Nord Reno-Westfalia, Baviera, Baden-Württemberg, Assia e Bassa Sassonia) mostrano il più alto numero assoluto di dipendenti interessati dalle chiusure, ma le città-stato di Berlino, Amburgo e Brema sono state più colpite in termini di quota di dipendenti sul totale. Negli stati federali della Germania occidentale la chiusura ha interessato una quota di dipendenti marginalmente più alta rispetto agli stati federali della Germania orientale, rispettivamente l’11% e il 9,5%. Nelle aree metropolitane delle città-stato (Berlino, Brema e Amburgo), le attività di accoglienza e di ristorazione contribuiscono sostanzialmente al numero di dipendenti colpiti dalle chiusure. Questo è anche il caso dei grandi stati federali (Nord Reno-Westfalia, Baviera, Baden-Württemberg, Assia), le cui aree metropolitane (molto popolose) ospitano molti ristoranti, bar e negozi specializzati, che sono stati in larga parte chiusi.

Il Meclemburgo-Pomerania occidentale è un caso interessante poiché consente di illustrare la relazione non lineare tra il numero totale di dipendenti direttamente interessati dalla chiusura e la quota del totale dei dipendenti che essi rappresentano: in questo stato federale non molto popoloso e con un’economia fortemente dipendente da attività quali il turismo e l’accoglienza, il numero di dipendenti coinvolti dalle chiusure è relativamente piccolo rispetto agli altri stati, ma essi costituiscono una grande quota del totale dei dipendenti (13%) – una tra le più alte tra i diversi stati federali. I nostri dati non ci permettono di considerare la quota di lavoratori autonomi o di piccoli imprenditori nei settori chiusi né la quota di lavoratori stagionali: la nostra è dunque una stima per difetto della quota di lavoratori e lavoratrici che sono stati effettivamente colpiti dalla chiusura.

Figura 1: Quota di lavoratori dipendenti nei settori chiusi tra stati federali

Nota: il numero assoluto di lavoratori dipendenti è indicato sotti il nome di ciascuno stato federale; Q1-Q4 si riferiscono ai quartili; la mappa è stata compilata da Martin Gädecke utilizzando services2.arcgis.com

Fonte: “KOMPAKK index of economic sectors closure during the first wave of COVID-19 database” statistiche sull’occupazione della Agenzia Federale del Lavoro (2020). NACE Rev.2 – 4 digit.

La figura 2 si concentra sui quattro stati federali con la quota più alta di lavoratori in settori chiusi e mostra che la quota di lavoratori in ciascun settore sul totale di lavoratori nei settori chiusi è simile nelle tre città-stato di Amburgo, Brema e Berlino: i dipendenti nel commercio al dettaglio e nelle attività di somministrazione di cibo e bevande sono stati i gruppi più colpiti. Come anticipato, il Meclemburgo-Pomerania occidentale è stato particolarmente colpito dalla chiusura dei settori legati al turismo, come alberghi, ristoranti e altre attività ricreative.

Figura 2: Distribuzione dei lavoratori dipendenti nei settori chiusi a Berlino, Brema, Amburgo e in Meclemburgo-Pomerania occidentale

Fonte: “KOMPAKK index of economic sectors closure during the first wave of COVID-19 database” e statistiche sull’occupazione della Agenzia Federale del Lavoro (2020). Settori NACE Rev.2 – 2 digit.

Lavoratori o lavoratrici? Come è stato reso noto di recente dall’ISTAT, per il caso italiano, sono soprattutto le lavoratrici ad aver perso il lavoro nel corso del 2020. Anche in Germania nel 2020 la disoccupazione è aumentata rispetto all’anno precedente (pur rimanendo a livelli nettamente inferiori rispetto all’Italia). Confrontando la quota di disoccupati tra il 2019 e il 2020 non sembra che le donne siano state più colpite rispetto agli uomini, ma ancora non sappiamo quali saranno le conseguenze di lungo periodo delle chiusure e, come vedremo, sono proprio le donne ad essere maggiormente occupate in quei settori che sono stati chiusi nella prima ondata della pandemia.

Consideriamo dunque la distribuzione di genere nei settori chiusi. Caratterizziamo i settori chiusi in base alla quota di lavoratrici dipendenti in quel settore in ogni stato federale usando i dati del censimento 2016 (ultima edizione liberamente accessibile) per avere dati rappresentativi per ciascuno stato federale. I punti nella figura 3 (asse a destra) indicano la quota di donne nei settori chiusi sul numero totale di dipendenti in quei settori – rappresentato dalle barre (asse sinistro). Vediamo che la quota di donne nei settori chiusi varia tra il 56% di Berlino al 70% del Baden-Württemberg. Ma il dato più interessante e, in prospettiva, preoccupante riguarda il fatto che le lavoratrici rappresentano sistematicamente la maggioranza dei dipendenti nei settori chiusi. La figura 3 mostra inoltre che negli stati federali con un numero relativamente più alto di dipendenti interessati dalla chiusura, i settori chiusi sono caratterizzati anche da una quota molto alta di donne, come nel Nord Reno-Westfalia, Baviera e Baden-Württemberg. Nelle tre città-stato (Berlino, Amburgo e Brema), dove la quota di dipendenti nei settori chiusi abbiamo visto essere la più alta, i settori chiusi mostrano quote più basse di donne.

Figura 3: Numero di lavoratori dipendenti e quota di donne in settori chiusi tra stati federali

Fonte: “KOMPAKK index of economic sectors closure during the first wave of COVID-19 database”; statistiche sull’occupazione della Agenzia Federale del Lavoro (2020); Mikrozensus (2016). Settori NACE Rev.2 – 3 digit.

E la seconda ondata? La Germania è stato uno dei paesi meno colpiti in termini di numero di contagiati durante la prima ondata: tuttavia, a partire dalla metà di ottobre 2020, sia i contagi che il numero di decessi sono saliti raggiungendo livelli simili a quelli dell’Italia nello stesso periodo. Un trend, quello tedesco, che ha poi rallentato rispetto quello italiano, ma che comunque tra novembre e inizio dicembre vedeva un numero di contagi giornalieri fino a tre volte superiore rispetto alla prima ondata. Il governo centrale ha dunque concordato la chiusura di scuole di ogni ordine e grado e attività non essenziali a partire dal 16 dicembre in tutti gli stati federali. Questi ultimi hanno avuto la possibilità di riaprire le scuole da metà febbraio, ma ad oggi il processo è stato graduale e comunque parziale. Il piano di riapertura progressiva delle attività non essenziali è entrato in vigore a inizio marzo, ma con rigide restrizioni per limitare i contagi: nel momento in cui scriviamo si sta discutendo un nuovo inasprimento delle chiusure fino alla fine di aprile a causa dell’aumento dei contagi registrato nell’ultimo mese.

Sulla base delle nostre analisi sulla prima ondata, possiamo supporre che le donne siano state le più interessate dalle chiusure anche durante la seconda ondata, dal momento che i settori interessati sono stati pressocché i medesimi. Le differenze regionali e di genere che abbiamo discusso hanno implicazioni per la vulnerabilità economica di alcune categorie di occupati a seconda della struttura del mercato del lavoro locale. Molte delle misure di sostegno al reddito attivate durante la prima ondata sono state prolungate fino a fine 2021, ma questo potrebbe non essere sufficiente per evitare l’aumento del rischio di povertà anche tra le famiglie di lavoratori, soprattutto se monoreddito, e l’unico percettore è una donna.

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