Il benessere dei minori stranieri, una questione di identità

Unicef ha realizzato un sondaggio e alcuni focus group sul benessere soggettivo dei minori stranieri non accompagnati. I risultati raggiunti dimostrano che il benessere dei minori stranieri ha diverse dimensioni. Una delle più importanti riguarda il riconoscimento dell’identità, legato allo status legale e all’ottenimento dei documenti, che è il primo passo per una doppia transizione: dal contesto d’origine a quello d’accoglienza e dall’infanzia all’adolescenza. Dall’analisi Unicef ha tratto raccomandazioni volte a migliorare il benessere dei minori stranieri non accompagnati.

“Stare bene” presuppone anche l’essere presenti, l’essere formalmente riconosciuti. Per i minori migranti e rifugiati in Italia la questione identitaria diventa così fattore decisivo per il loro benessere.

L’articolo che segue è il risultato di un’indagine esplorativa che ha coinvolto i minori stranieri non accompagnati ospiti dei centri d’accoglienza nel Sud Italia. L’analisi nasce con lo scopo di evidenziare i principali fattori che ne influenzano il benessere inteso come qualità della vita considerata dal punto di vista soggettivo. Lo studio prende origine dai risultati di un sondaggio lanciato su U-Report on the Move, piattaforma digitale ideata da UNICEF per indagare le condizioni di vita dei minori stranieri in Italia (onthemove.ureport.in). Oltre la metà dei giovani migranti e rifugiati che hanno risposto alle domande, individuavano come tematiche di maggiore interesse per il loro percorso nel nostro Paese lo status legale, l’istruzione e l’orientamento al lavoro.

Per approfondire il tema e capire come queste aree incidono sulla qualità della vita sono stati condotti focus group che hanno coinvolto un totale di 48 ragazze e ragazzi in 4 centri in Sicilia e Calabria, Regioni ospitanti oggi oltre il 50% dei minori stranieri non accompagnati presenti nel nostro Paese [dati Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali aggiornati al 31 dicembre 2017]. In linea con i dati relativi agli arrivi la maggior parte dei rispondenti era di sesso maschile (rappresentanti il 93% dei minori presenti) e di età compresa tra 16 e i 17 anni (oggi il 90% dei giovani migranti e rifugiati nel Paese hanno questa età). I risultati dell’analisi hanno portato, in linea con il quadro teorico utilizzato – si fa qui riferimento alla piramide dei bisogni dello psicologo Abraham Maslow [Motivation and personality, 1954] – all’individuazione di un set di macro-dimensioni incidenti sul benessere: condizioni di vita nel centro, reddito, salute, vita familiare, vita sociale, istruzione, ambiente e religione. Una nuova dimensione è però emersa, che esula dagli schemi classici dello studio del benessere: lo status legale.

Sulla base delle metodologie di indagine per lo studio del benessere soggettivo [si veda, tra gli altri, il rapporto della Commissione Stiglitz, Sen e Fitoussi del 2009 sulla misurazione della performance economica e del progresso sociale] è stato chiesto ai minori di definire quale tra le dimensioni risultasse essere per loro la più importante e quanto si dichiaravano soddisfatti per ognuna di esse.

Si è rilevato che la soddisfazione per le diverse aree risultava omogenea all’interno dello stesso centro ma eterogenea tra le strutture, riflettendo le reali condizioni di assistenza offerte. Laddove, ad esempio, si registravano lacune relative ai controlli sanitari la soddisfazione per la salute risultava più bassa e se l’inserimento scolastico funzionava i risultati erano migliori rispetto ai centri meno virtuosi. Sembra curioso ma anche fattori come l’insoddisfazione per il cibo – che spesso non incontra le abitudini alimentari dei minori – possono risultare rilevanti perché in periodi di stress possono diventare causa di tensioni e/o disordini. Tra le dimensioni più importanti: lo status legale, la famiglia, l’educazione e il lavoro. A risultare particolarmente critica è la situazione nei centri in cui queste dimensioni così rilevanti registrano la minima soddisfazione, dato che esse, più di altre, compromettono in maniera decisiva il benessere dei ragazzi.

Di particolare rilevanza è l’interconnessione tra i fattori considerati più importanti, legata alla costruzione della nuova identità del minore e al suo progetto migratorio. La questione identitaria, che si traduce nel riconoscimento formale della loro presenza nel Paese e nell’ottenimento dei documenti, coincide con il non essere più invisibili al sistema, la possibilità di uscire da un limbo fatto di attese e di accedere finalmente a un più ampio ventaglio di servizi, quali migliori opportunità formative e tirocini professionali. L’educazione è particolarmente rilevante per tanti minori stranieri non accompagnati. Per molti di loro si tratta di un privilegio spesso non vissuto nel Paese d’origine. L’accesso scolastico dovrebbe in questo caso permettere al minore di vivere quella fase dell’adolescenza che non ha vissuto in precedenza e fornirgli quelle competenze di vita – oltre che tecniche – capaci di dargli gli strumenti fondamentali per affrontare le nuove sfide imposte con il raggiungimento della maggiore età. L’educazione rappresenta inoltre la realizzazione del primo obiettivo della storia migratoria: questo passo favorisce infatti l’ingresso nel mondo del lavoro, fattore che consente da un lato di procedere con la costruzione della vita nel Paese ospitante, dall’altra di contribuire alla vita della famiglia nel Paese d’origine – una delle cause da cui più dipende la spinta di tanti giovani a emigrare. Ma dati i lunghi tempi d’attesa per l’ottenimento dei documenti e la lunga permanenza in prima accoglienza il progetto di vita dei MSNA ne risulta interrotto, diventando spesso causa di apatia e frustrazione.

La ricerca ha rivelato la costante tensione del minore tra le sue radici (costituite dalla famiglia, dagli amici) e la vita futura (definita da fattori quali lo status legale, l’istruzione, il lavoro, il contributo alla vita familiare nel Paese di provenienza). Il risultato è esplicativo della fase di doppia transizione che gli adolescenti vivono, dall’età adolescenziale a quella adulta e dal contesto di appartenenza a quello di inserimento. In questa cornice, un elemento chiave è la dimensione affettiva, che incide in maniera rilevante anche sul benessere psicologico del minore. Da una parte si concretizza nella mancanza della famiglia e nella necessità di mantenere i rapporti con questa e dall’altra nella mancanza del senso di appartenenza a una nuova comunità e a nuove figure di riferimento. Questa assenza è spesso accompagnata da una vita relazionale povera che influisce in maniera negativa sulla creazione di capitale sociale e reti. Molti minori stranieri non hanno amici fuori dal centro in cui vivono; secondo recenti sondaggi ben 1 su 2 non ha amici italiani e dichiara di incontrare difficoltà nell’inserirsi nel nuovo tessuto sociale. La situazione è inoltre spesso aggravata dai trasferimenti dei minori da una struttura o da una città a un’altra senza tener conto del processo inclusivo messo in atto nel percorso di prima accoglienza. L’analisi rivela quindi l’importanza di investire su interventi e progetti volti a favorire l’adozione di misure di protezione alternative alla vita nei centri e capaci di supportare e accompagnare l’adolescente non solo nell’espletamento delle pratiche ma più in generale nel percorso di vita. La legge 47/2017 – la cosiddetta Legge Zampa – supporta questa visione individuando tra le figure chiave dell’accoglienza i tutori volontari e le famiglie affidatarie.

Tra i risultati della ricerca, si evidenzia anche il bisogno per i minori stranieri non accompagnati di ritrovare quella dimensione religiosa e culturale tipica dei Paesi di appartenenza, non del tutto rispettata nelle strutture di accoglienza; si pensi ad esempio agli spazi destinati alla preghiera.

La ricerca rappresenta solo un’indagine preliminare allo studio del benessere dei minori stranieri non accompagnati e ulteriori studi andrebbero condotti per esplorare meglio l’incidenza dei diversi fattori sulla qualità della loro vita. Sulla base dei risultati emersi è però possibile delineare, a vantaggio degli operatori impegnati nel sistema di accoglienza, specifici punti di intervento. Si ritiene utile:

  • accelerare il processo per l’ottenimento dello status legale e dei documenti al fine di garantire al minore maggiore protezione e accesso a un più ampio ventaglio di opportunità;
  • garantire il raggiungimento di standard di qualità nei centri così da provvedere alla soddisfazione dei bisogni primari dei giovani migranti e rifugiati e sostenerli nell’inizio del percorso di realizzazione del loro progetto di vita;
  • favorire l’adozione di modelli di protezione alternativi attraverso la formazione di figure quali i tutori volontari o le famiglie affidatarie, volte a restituire al minore quella dimensione familiare persa;
  • garantire continuità nell’assistenza del minore e, sulla base di quanto stabilito dalla legge 47/2017, assicurare il prosieguo dell’assistenza fino ai 21 anni per i minori coinvolti in processi educativi e di inclusione sociale;
  • in linea con il diritto all’ascolto sancito dalla Convenzione ONU per i diritti dei bambini e degli adolescenti, promuovere la partecipazione e l’ascolto del minore su tutte le questioni che lo riguardano e affiancare l’analisi soggettiva del sistema di accoglienza alle misure oggettive già utilizzate.

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