I riders e le loro vulnerabilità: i risultati di uno studio di caso a Catania

Luigi Di Cataldo presenta i primi risultati di un caso di studio sul mercato del food delivery a Catania che ha coinvolto 5 piattaforme – Glovo, Foodys, Just Eat, Social Food, Winelivery – e i riders ad esse connessi. I risultati, che si discostano da quelli raggiunti da studi analoghi, forniscono informazioni su fenomeni quali la diffusione della multi-committenza o il numero di prestazioni per clienti raggiunti senza usufruire dell’intermediazione della piattaforma e consentono di conoscere meglio le varie dimensioni della vulnerabilità dei riders.

Scopo di queste note è dare conto dei primi risultati emersi da un case study – condotto tra giugno e ottobre e che prevede una seconda fase, ora in corso di svolgimento – sul mercato del food delivery della città di Catania.

Per iniziare è utile ricordare che l’attività dei riders del food delivery e il trasporto di persone intermediato da piattaforme come Uber sono considerate tipologie di on-location platform-determined routine work (Eurofound, Employment and working conditions of selected types of platform work, 2018). Loro caratteristica distintiva è che si tratta di prestazioni di lavoro poco qualificato assegnate da una piattaforma e da svolgere offline.

Questi lavori posso essere considerati vulnerabili in base alla seguente definizione: «Precarious work that places people at risk of continuing poverty and injustice resulting from an imbalance of power in the employer-worker relationship» (CoVe, Hard Work, Hidden Lives, 2007, p. 12).

I GIG workers, ed in particolare i riders, possono dirsi vulnerabili sia per ragioni oggettive – in particolare, per un inquadramento giuridico atipico e perché operano in condizioni di evidente asimmetria, (Crouch C., Will the gig economy prevail?, 2019, p. 12 ss.) – sia per le loro caratteristiche soggettive – età, etnia, nazionalità, genere, disabilità, fragilità economica e sociale, scarso capitale umano. Tutto ciò si riflette, naturalmente, sul loro potere contrattuale.

La fragilità economica e sociale dei lavoratori però genera implicazioni specifiche nell’ambito delle location-based digital labour platform (ILO, Digital labour platforms and the future of work: Towards decent work in the online world, 2018). In queste piattaforme il servizio venduto dall’impresa e l’attività del prestatore coincidono perfettamente, dunque la sostenibilità economica del primo dipende dal fatto che si trovi sempre qualcuno disposto a rendere la prestazione. Per esempio, il servizio di delivery coincide evidentemente con la prestazione del rider che si occupa della gestione materiale del prodotto dal punto di ritiro a quello di consegna (Romei R., in Rivista Italiana di Diritto del lavoro, 2020, p. 95).

Sebbene ci sia tale coincidenza, la disponibilità di un ampio numero di lavoratori fragili, quindi interessati a lavorare quanto più possibile e sensibili alla pressione esercitata dall’infrastruttura digitale (Gheno S., in Lavoro Diritti Europa, 2020, p. 9) tramite meccanismi premiali e punitivi, mette queste imprese nella condizione di fare largo uso di modelli contrattuali atipici, che riconoscono al prestatore ampi margini di autonomia senza che sia messa a repentaglio la sostenibilità economica del servizio offerto.

Rispetto a questi lavoratori sono state individuate le quattro principali dimensioni della loro vulnerabilità.

La prima è la negative interaction tra la loro fragilità e le pratiche giuridiche e organizzative adottate dalle imprese. Questo profilo della questione è particolarmente controverso e richiede un approccio analitico interdisciplinare (si vedano Luhmann N., Law as a Social Sistem, 2004; Deakin S., Markou C., in Giornale di diritto del lavoro e di relazioni industriali, 2018).

La seconda dimensione di vulnerabilità consiste nell’asimmetria informativa (Rosenblat A., Stark L., in International Journal of Communication, 2016) tra le parti della relazione di lavoro. La nostra ricerca ha permesso: di individuare alcune peculiarità del lavoro connesso alle location-based DLP in grado di determinare un deficit di informazione nei lavoratori; di indagare il grado di informazione da questi posseduto in relazione a tre macro-aree che sono state ritenute di particolare interesse per la categoria; di verificare se la disinformazione abbia pregiudicato l’effettivo rispetto dei diritti riconosciuti alla categoria.

La terza dimensione è il sostegno delle istituzioni, che risulta decisivo nell’attenuare o accentuare la vulnerabilità di certe categorie sotto-rappresentate, deboli sul piano economico-sociale e che sono sostanzialmente trascurate dall’impianto gius-lavoristico. Dal supporto delle istituzioni e dalla loro azione coordinata dipendono, almeno in parte, l’estensione e l’effettivo riconoscimento dei diritti di questo gruppo di lavoratori. Per questo, la ricerca ha indagato la percezione che i lavoratori hanno del supporto ricevuto e gli effetti concreti di tale supporto sul loro trattamento economico-normativo (Di Cataldo L., in Professionalità studi, 2021, p. 48 ss.).

La quarta dimensione di vulnerabilità concerne la posizione dei lavoratori nei confronti dell’infrastruttura digitale. Nelle DLP tale infrastruttura disciplina le interazioni tra i soggetti della relazione plurilaterale e attraverso la piattaforma l’impresa fissa le regole del gioco ed esercita il proprio controllo (Srnicek N., Platform capitalism, 2017, p. 47).

Nel loro insieme, queste vulnerabilità concorrono a far sì che il lavoratore sia disempowered, cioè non abbia alcun controllo sulla propria vita e sia privo del potere di cambiare le cose. In breve non abbia la capacità – come singolo e come gruppo – di agire per migliorare la propria condizione (Di Cataldo L., op. cit., 2021, p. 25 ss.).

Veniamo ora al nostro case study e ai suoi principali risultati. Anzitutto, al fine di ricostruire questi complessi rapporti, oggetto di indagine sono state sia le imprese attive nella città di Catania nel periodo di riferimento – Glovo, Foodys, Just Eat, Social Food e Winelivery – sia i riders ad esse connessi. Le tecniche di ricerca impiegate afferiscono ad ambiti disciplinari differenti.

L’analisi giuridica utilizzata per mettere in luce le modalità giuridiche e organizzative con cui avviene l’integrazione del fattore lavoro nel processo produttivo e per cogliere eventuali interazioni, giuridicamente rilevanti, tra i soggetti della relazione plurilaterale. Sono stati studiati i modelli contrattuali in uso, le app. installate sugli smartphone dei fattorini e le comunicazioni inviate a questi ultimi.

Con i riders si è adottato un approccio più sociologico e sono state realizzate 138 interviste strutturate in modalità face-to-face, 29 interviste non strutturate e, inoltre, 3 focus group.

Da tutto ciò è emerso, in primo, luogo l’identikit del rider che opera in una città del Mezzogiorno.

L’identikit è il seguente: uomo (92%); nato in Italia (89%); domiciliato in città (75%); non studente (79%); età media di 31 anni; il riding è l’attività cui dedica più tempo (tenuto conto anche di quelle non lavorative) e l’unica fonte di reddito da lavoro (66%). Queste caratteristiche non sembrano coincidere con quelle emerse da altri studi condotti su base aziendale (Del Prato F., Stagnaro C., in Istituto Bruno Leoni Focus, 2018), locale (Natale P., Fasano L. M., in Lavoro Diritti Europa, 2019; Turin school of regulation, Il lavoro nelle piattaforme: un focus su rider e food delivery nel capoluogo piemontese, 2019) o nazionale (Giorgiantonio C., Rizzica L., in Questioni di Economia e finanza, Banca d’Italia, 2018). Ciò induce a ritenere che l’influenza del contesto di riferimento possa essere rilevante.

Il secondo insieme di risultati riguarda la partecipazione lavorativa dei riders nel Meridione. Si è rilevato che: l’88% di essi ha un contratto di tipo autonomo-occasionale; il 49% offre una disponibilità settimanale media di oltre 21 ore; il 94% opera in mono-committenza; il 91% ha effettuato soltanto una o nessuna consegna per clienti raggiunti senza usufruire dell’intermediazione della piattaforma.

Questi risultati arricchiscono la letteratura sul tema. In primis, perché la diffusione della multi-committenza e il numero di prestazioni eseguite dai riders per clienti individuati autonomamente hanno ricevuto una scarsa attenzione. In secondo luogo, perché le informazioni sull’intensità lavorativa, comparate con quelle di altre indagini, permettono di individuare le specificità anche locali di tale specificità. Ad esempio, a Milano – dove prevale la popolazione immigrata (Natale P., Fasano L. M., op. cit., 2019) – e a Catania – dove più della metà della categoria è sprovvista di un’altra fonte di reddito da lavoro (Di Cataldo L., op. cit., 2021) – si riscontrano livelli di intensità lavorativa più elevati che altrove (XVII Rapporto Inps 2018, p. 95; Del Prato F., Stagnaro C., op. cit., 2018).

L’indagine ha permesso anche di raccogliere informazioni sulle quattro dimensioni della vulnerabilità di cui si è detto in precedenza. Per ciascuna di esse si sono trovati elementi che sembrano confermarne la consistenza (Di Cataldo L., op. cit., 2021, pp. 25-38).

L’indagine ha messo in luce la marcata fragilità economica e sociale dei riders in un’area depressa del Paese. La maggior parte di loro ha un capitale umano di scarsa qualità e carriere fragili nel mercato del lavoro. Inoltre, l’indagine ha rivelato che questo reddito da lavoro serve per sopravvivere (34%) oppure per mantenere un “modesto” tenore di vita (34%), mostrando un interesse del lavoratore per questa attività più stabile e consistente di quello emerso dalle survey aziendali di Deliveroo (2018) e Foodora (2018) (Del Prato F., Stagnaro C., op. cit., 2018).

Sono state, inoltre, individuate alcune peculiarità di queste forme di impresa che possono produrre e riprodurre la disinformazione dei lavoratori: la condizione di atomizzazione; la disintermediazione digitale della relazione di lavoro; la mancanza dei requisiti minimi di trasparenza; la confusione sui diritti riconosciuti alla categoria.

Tutto ciò sembra in effetti comportare carenza di informazioni tra i lavoratori, difficoltà alla loro reperibilità e ostacoli alla loro circolazione (Di Cataldo L., op. cit., 2021, pp. 29-30). Coerentemente, lo studio di caso ha mostrato che la disinformazione è profonda e diffusa, tale da pregiudicare talvolta l’effettivo esercizio dei diritti riconosciuti alla categoria. Inoltre, la disinformazione concerne anche tematiche di primo interesse (come la copertura assicurativa Inail), apparendo più marcata di quanto rilevato da altre indagini (XVII Rapporto annuale Inps 2018, p. 97). Ancora, è emerso che l’89% dei lavoratori non conosceva l’Associazione Nazionale Autonoma dei Rider (ANAR), in seguito confluita in UGL e sottoscrittrice del Ccnl di settore.

In merito al supporto ricevuto dalle istituzioni, si è indagato se i riders percepissero l’esigenza di ricevere maggiore attenzione e quale fosse la loro opinione sull’operato delle compagini sindacali e delle forze politiche. In aggiunta, è stata svolta una comparazione tra il trattamento economico-normativo del Ccnl di settore siglato il 15 settembre 2020 e quello precedente.

È emersa una forte esigenza di attenzione che convive con un sentimento di sfiducia e insoddisfazione per quanto fatto fino al momento dell’intervista. D’altro canto, il trattamento economico e normativo introdotto dal Ccnl sembra peggiorativo del precedente. Nella fase della ricerca ancora in corso si indagherà l’opinione dei riders sul Ccnl di settore e sul modello di lavoro subordinato che il gruppo Just Eat Takeaway.com ha proposto in Italia dal maggio 2021.

In riferimento alla positionality nella relazione plurilaterale governata dall’impresa attraverso la piattaforma, lo studio dimostra che la posizione del riders è di estrema debolezza. Egli è l’unico soggetto ad essere sottoposto alla valutazione altrui, ad essere esposto agli effetti negativi di qualsiasi malfunzionamento della piattaforma, ad essere sprovvisto di mezzi con cui esercitare pressioni in difesa dei propri interessi sulle altre parti della relazione (Di Cataldo L., op. cit., 2021, § 16).

Questa sotto-ordinazione nei processi relazionali interni alla piattaforma costituisce una forma di debolezza inedita che si aggiunge alle altre problematiche della GIG economy note e confermate dalla nostra indagine. La principale conclusione è che è urgente affrontare queste debolezze soprattutto con la contrattazione collettiva (Prassl J., Una voce collettiva nell’economia delle piattaforme: problematiche, opportunità, soluzioni, 2018, p. 29).

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