I gerarchi e Berlusconi

Gerarca , dice il dizionario, è parola italiana composta da due parole greche: ieros, che significa sacro e archein che significa presiedere.E’ non a caso parola che  usata da varie religioni ed in particolare da quella cattolica per designare coloro che presiedono i vari ordini ecclesiali. Di questa parola si è impadronito nel 1922 il fascismo per designare i responsabili dei vari livelli organizzativi del pnf e per questo è divenuta da allora parola odiata in Italia. Il gerarca, prima in camicia nera e fez, e poi in orbace e lustrini era infatti la rappresentazione più diretta del potere di comando che faceva capo al duce e a fronte del quale non si poteva che “obbedire”.

La parola è stata riesumata ora in sede internazionale, la sede parigina dell’OCSE, dall’on. Silvio Berlusconi che, citando Mussolini, ha battezzato con quel nome sgradito i suoi ministri, rei di negargli il potere assoluto e di voler detenerne una parte. Non a caso poi ha affermato che il vero potere lo ha almeno in parte detenuto solo quando era imprenditore (e poteva licenziare – aggiungo io – i manager non obbedienti). Dopo aver fatto di tutto per togliere potere al Parlamento, lungo la via dello “struscio di Stato”, Berlusconi dunque parte ora all’attacco del Consiglio dei Ministri e non a caso lo fa all’indomani di una riunione importante quale quella che ha approvato la manovra finanziaria. Il riferimento a Tremonti non poteva essere più chiaro. Ma è proprio vero che in quel consiglio Berlusconi non ha esercitato il suo potere? I testimoni dicono che lo ha esercitato. Purtroppo lo ha esercitato, tuttavia, solo per fare saltare l’articolo della legge che limitava i poteri di Bertolaso alla sola e comprovata emergenza e che ripristinava sulla “protezione civile” il controllo della Corte dei Conti. Che, come segnale, è proprio il peggio del peggio in una stagione di tagli e duri sacrifici per tutti gli “altri”.

 

                                   Tesmiade

 

28 maggio 2010

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