CCNL dei metalmeccanici, crescita e futuro del paese

Michele Faioli propone una sua valutazione del rinnovo del CCNL dei metalmeccanici siglato di recente dopo una lunga gestazione. Secondo Faioli si tratta di un ottimo segnale per chiunque abbia deciso di puntare seriamente sulla crescita economica del nostro paese e dell’Europa. Infatti, sarebbe questa la prospettiva dalla quale guardare le innovazioni più significative del CCNL dei metalmeccanici, relative al sistema della mobilità endo-aziendale, della formazione professionale e del welfare.

Il rinnovo del CCNL dei metalmeccanici cade in un momento storico-politico eccezionale, imprimendo un certo consolidamento nella fiducia collettiva sul futuro del paese: si incrementa il salario di un numero assai rilevante di lavoratori e si spinge in avanti, per emulazione, la rinegoziazione contrattuale che riguarda molti altri settori produttivi nevralgici, dato che al momento il 77% dei 932 CCNL è scaduto e oltre 10 milioni di lavoratori sono in attesa di adeguamenti salariali.

Il rinnovo può essere analizzato, da una parte, nel campo specifico delle relazioni industriali, e, dall’altra, nell’ambito dello scenario politico-economico più ampio di questi mesi.

Se si osserva il rinnovo contrattuale dei metalmeccanici nella specifica prospettiva delle relazioni industriali italiane, ci sono almeno due elementi interessanti, i quali altresì rafforzano la fiducia collettiva di cui abbiamo detto. Il primo elemento riguarda il costo del lavoro, il secondo elemento attiene alla relazione tra il CCNL meccanici e la norma di legge sulla mobilità endo-aziendale (art. 2103 c.c.), riformata nel 2015. In questa disamina non si analizzeranno altri risultati del contratto collettivo dei meccanici parimenti importanti, tra cui la tutela dei diritti nel sistema degli appalti, una nuova regolazione sul lavoro agile e sul diritto alla disconnessione, un rafforzamento dell’apprendistato professionalizzante, la tutela delle donne contro violenze e molestie, il miglioramento delle regole sulla tutela della salute/sicurezza sul lavoro, il potenziamento dei diritti d’informazione e partecipazione dei lavoratori sulle strategie di impresa e sull’organizzazione del lavoro, un potenziamento della previdenza complementare pensionistica e integrativa sanitaria. Il CCNL dei metalmeccanici ha una vigenza di tre anni da gennaio 2021 e l’incremento salariale di 124,65 euro è erogato per ratei che, recuperando in parte il 2020, si proiettano sui prossimi tre anni.

Osservando ciò che è riferito al costo del lavoro, il contratto collettivo dei metalmeccanici è frutto di una difficile mediazione tra interessi contrapposti che ha determinato oggettivamente un punto di equilibrio sul costo del lavoro. Sugli incrementi contrattuali alcuni hanno mostrato un certo scetticismo. Si dice, da una parte, che gli incrementi contrattuali appaiono alti e, dall’altra, in senso esattamente opposto, che il rinnovo non ha colto l’effettivo bisogno di aumento salariale presente nel settore. Per chi conosce le relazioni industriali, si tratta di due reazioni che tradiscono due paradossi. Chi continua a sottolineare che l’incremento contrattuale è alto afferma anche che tale importo potrà permettere nel prossimo futuro qualche giustificazione in più nella fase in cui saranno avviati i licenziamenti da crisi pandemica. Chi afferma, invece, che il rinnovo è stato negoziato al ribasso osserva la crisi, in cui siamo precipitati dal 2020, da una prospettiva abbastanza sfasata storicamente e economicamente. Questi due paradossi sono sconfessati dalla composizione del tavolo di negoziazione, di cui si ha nella mente la fotografia dell’eterogeneità degli attori che hanno dato avvio del negoziato, nel dicembre 2019, presso il CNEL: da una parte FIOM CGIL, FIM CISL, UILM, organizzazioni settoriali che hanno storie e visioni diverse, spesso non componibili, e, dall’altra, Federmeccanica, la quale aggrega certamente grandi imprese del settore, nazionali e transnazionali, ma anche tante piccole-medie imprese della meccanica, del Nord produttivo e del Sud che reagisce alla crisi. Si può immaginare, senza difficoltà, l’insieme delle micro-mediazioni interne, nei due lati del tavolo negoziale, per pervenire al punto di equilibrio condiviso sul costo del lavoro. Il che è ovviamente una garanzia del processo e dell’esito del processo negoziale, ma anche un segnale delle difficoltà da attraversare per arrivare a quel costo del lavoro.

Il secondo elemento è più strettamente giuridico. Tra i tanti elementi che danno un senso di forte innovazione nel CCNL dei metalmeccanici appena rinnovato c’è la materia degli inquadramenti professionali. Si capisce che ciò che leggiamo nelle pagine del nuovo testo contrattuale è solo un punto di inizio, non è un punto d’arrivo. Il sistema di inquadramento non è stato stravolto nei presupposti essenziali, e, dunque, resta ancorato al modello delle tradizionali classificazioni del personale, basate su livelli di professionalità, da cui poi dipendono anche i livelli salariali. La novità sta, però, nell’aver preso coscienza che tale modello deve essere aggiornato.

Un primo tentativo viene effettuato contestualmente al rinnovo 2021, con un alleggerimento dei livelli professionali, una conversione per tramutare i livelli esistenti in livelli di nuova generazione e un meccanismo di identificazione delle professionalità da inserire in tali livelli, basato su criteri che attengono alla autonomia e alla responsabilità del lavoratore. La ricaduta pratica di tale tentativo, se ben realizzato, sta nella valorizzazione della formazione professionale e nella piena accettazione sindacale delle ipotesi di mobilità endo-aziendale, da cui potrebbe dipendere, in alcuni casi, la polifunzionalità del lavoratore. Tutto ciò è importante non solo perché l’impresa meccanica si sta digitalizzando velocemente, ma anche perché essa non può non diventare adattiva in ragione delle sfide del mercato nazionale, europeo e internazionale.

La meccanica gioca sull’export una parte consistente del proprio futuro. Ed è qui che si vede il collegamento più proficuo tra il CCNL dei meccanici e la riforma del 2015 che ha modificato la norma di legge sulla mobilità endo-aziendale (art. 2103 c.c.). Il rinnovo del CCNL dei metalmeccanici del 2021 registra, senza esitazioni di sorta e in linea con la riforma del 2015, che la contrattazione collettiva deve essere considerata la vera cabina di regia della mobilità professionale. Nel testo contrattuale ciò si appalesa nelle parole utilizzate dagli attori sociali, dai meccanismi di conversione tra schemi di classificazioni, vecchi e nuovi, dal richiamo alla formazione professionale. Ma ciò non basterebbe in ogni caso. La vera chiave di lettura di questa impostazione sta nel fatto che le organizzazioni sindacali e datoriali della meccanica hanno deciso di togliere definitivamente dalle mani del giudice il potenziale conflitto connesso alla materia degli inquadramenti e di esercitare la mediazione tra interessi contrapposti mediante la contrattazione collettiva, facendo leva sulla formazione professionale.

Se si inserisce, invece, questa vicenda del rinnovo contrattuale dei meccanici nel quadro più generale, pare vero ciò che alcuni osservatori, molto acuti, hanno evidenziato. Essi ritengono che ci sia una certa connessione tra ciò che sta accadendo in queste ore con la formazione del governo Draghi, ciò che accade in Europa e quello che si è verificato nell’ambito delle relazioni industriali con la sottoscrizione di un contratto collettivo che riguarda uno dei settori più importanti della nostra economia.

Si tratta di una connessione meramente teleologica, in cui il CCNL rinnovato nella metalmeccanica si incrocia con il momento politico-istituzionale, a livello nazionale-europeo, sul tema della crescita economica. Non si può rilevare altra connessione perché il negoziato tra sindacato e datori di lavoro è stato lungo e complesso. All’inizio del negoziato, nel 2019, nessuno sapeva come sarebbe finita e nessuno avrebbe potuto mai immaginare lo scenario pandemico.

Non c’è altra connessione, se non forse quella dell’obiettivo comune della crescita, perché la Commissione europea con molta cautela e da qualche giorno ha iniziato a sottolineare che potrebbe esserci un rimbalzo economico nel 2021. Il commissario Gentiloni ha recentemente sostenuto che gli effetti favorevoli per la crescita dipenderanno dalla campagna vaccinale e dall’attuazione del piano Next Generation EU, insistendo sul fatto che gli aiuti finanziari europei per il lavoro e per le imprese continueranno finché ce ne sarà bisogno. Il che significa aver preso coscienza che il debito comune europeo è una realtà in relazione alla quale l’Unione Europea ha una certa capacità fiscale, di cui il piano Next Generation EU diventa parte integrante, come uno strumento permanente (o quasi), e le relative riforme strutturali sono il vero oggetto di monitoraggio da parte delle istituzioni europee.

Il rinnovo dei meccanici del 2021 presenta, dunque, suggerimenti per chiunque, seriamente interessato alla crescita del paese e dell’Europa, decida di virare verso il lavoro, in modo anche da superare la fase passiva dei sussidi, e, di conseguenza, di mettere mano alle riforme di cui abbiamo bisogno, tenendo ben presente i punti di partenza, tra cui politiche attive del lavoro, formazione professionale lungo l’arco della vita, giovani e apprendistato, organizzazione digitale del lavoro costruita contrattualmente, previdenza pubblica e privata.

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