ALL'INTERNO DEL

Menabò n. 206/2024

5 Gennaio 2024

Istruzione e cura nella prima infanzia: nuove sfide e atavici ritardi*

Roberto Fantozzi, interviene sui servizi di istruzione e cura della prima infanzia, la cui natura è mutata nel corso degli anni da servizi di assistenza alla famiglia a luoghi per la formazione dei bambini. Fantozzi osserva che a livello internazionale, è crescente l’attenzione per percorsi di qualità e, rispetto all’Italia, sottolinea la necessità, da un lato, di continuare a rafforzare la qualità dei servizi e, dall’altro, di espandere l’offerta, ancora inadeguata rispetto ai nuovi obiettivi europei.

In Italia, nel corso dell’ultimo decennio, è stata posta sempre più attenzione ai servizi di educazione e cura della prima infanzia (ECEC – Early Childhood Education and Care). I beneficiari di questi servizi sono, in primo luogo, i bambini. Quelli con meno di tre anni frequentano i nidi, le sezioni primavera o altri servizi integrativi (ad esempio gli spazi gioco), gli altri (tre – sei anni), le scuole dell’infanzia.

Nel seguito, dopo aver osservato come a livello internazionale gli sforzi siano indirizzati ad accrescere sempre di più la qualità dei servizi offerti, l’analisi si soffermerà sulla situazione italiana, dove si registrano ancora forti ritardi in termini di offerta del servizio per gli asili nido.

L’accresciuto interesse nei confronti di questi servizi trova le sue radici nell’impatto dei cambiamenti economico-sociali sui modelli familiari e nel ruolo dell’educazione, tanto in Italia quanto in altri paesi con economie avanzate. Tra questi cambiamenti ricordiamo l’accresciuta, ma non ancora sufficiente, partecipazione delle donne al mercato del lavoro, la conciliazione dei tempi lavoro-famiglia nonché la necessità di affrontare l’aggravarsi della crisi demografica. 

Tuttavia, come approfondiremo in seguito, nel corso degli anni è aumentata la consapevolezza che occorre garantire a tutti i bambini tanto l’accesso quanto percorsi di qualità all’interno degli ECEC. Questa nuova visione riconosce maggiore centralità ai bambini e alla formazione superando la concezione di questi servizi come assistenza alle famiglie.

A livello internazionale l’attenzione sugli ECEC si evidenzia già a partire dal 2001 con la prima edizione di Starting Strong: Early Childhood Education and Care (Ocse 2001). Le successive edizioni hanno via via delineato i progressi compiuti nei vari paesi e nella sesta edizione del 2023 (Ocse 2023), si evidenzia da un lato che la frequenza dei bambini di età compresa tra 3 e 5 anni è quasi universale nei diversi paesi Ocse, dall’altro che l’iscrizione dei bambini di età inferiore a 3 anni, seppur in aumento, presenta ancora un’elevata variabilità tra paesi. 

Nello stesso rapporto si sottolinea, inoltre, che storicamente le politiche si sono concentrate sull’approvazione di normative volte a garantire la sicurezza dei bambini (standard degli edifici, materiali, interazione tra personale e bambini). Oggi, invece, si rendono necessari nuovi interventi normativi che pongano al centro dell’attenzione la qualità del processo ossia l’interazione che i bambini sperimentano quotidianamente all’interno delle strutture. Questo è il driver che più influisce sul loro sviluppo, apprendimento e benessere. Le analisi condotte hanno individuato cinque punti fondamentali per favorire le interazioni dei bambini: 1) standard di qualità, governance e finanziamenti; 2) curriculum e pedagogia; 3) sviluppo professionale del personale; 4) monitoraggio e dati; 5) impegno della famiglia e della comunità. 

Il secondo (curriculum e pedagogia) e il terzo punto (sviluppo professionale del personale) giocano il ruolo principale. Il curriculum stabilisce i principi e gli obiettivi che il personale ECEC utilizza per favorire lo sviluppo, l’apprendimento e il benessere dei bambini, mentre la pedagogia si riferisce alle strategie e alle tecniche implementate dal personale per offrire queste opportunità. Per quanto concerne lo sviluppo professionale del personale viene sottolineata la necessità che sia continuo, che siano previsti adeguati gradi di istruzione, e che le condizioni di lavoro siano adeguate. Focus specifici sono stati dedicati anche ai bambini sotto i tre anni. Studi recenti (Literature review, Ocse 2020), hanno evidenziato come nei primi tre anni di vita, i bambini crescono e imparano a un ritmo più veloce che in qualsiasi altro momento della loro vita, questo sviluppo è ancor più favorito da elevati standard di qualità del processo. 

Le numerose informazioni raccolte – derivanti da uno specifico questionario a cui hanno aderito 26 paesi –sono disponibili all’interno di un apposito portale che consente di mappare la qualità nell’educazione e nella cura della prima infanzia, fornendo utili indicazioni sulle interrelazioni esistenti tra le diverse dimensioni della qualità e le policynecessarie per attuarle. L’Italia, però, non è presente tra i 26 paesi e quindi non è possibile effettuare utili confronti con altri paesi, come ad esempio Francia o Germania.

Tuttavia, anche sulla spinta delle “Raccomandazione del Consiglio in materia di educazione e cura della prima infanzia: obiettivi di Barcellona per il 2030” e delle raccomandazioni sul sistema di alta qualità degli ECEC, iniziative simili sono state avviate anche a livello europeo (Eurydice). Lo scopo è quello di fornire un quadro sistematico sul diritto all’accesso a prezzi ragionevoli e di qualità per tutti i bambini. Sulla base delle ultime informazioni disponibili (Structural indicators for monitoring education and training systems 2023) sono state evidenziate ampie differenze tra i paesi europei nel garantire un posto nell’ECEC assicurando standard qualitativi (requisiti per il personale e le linee guida educative) adeguati. 

In linea con gli standard Ocse, sono rilevate informazioni sul sistema pedagogico e sulla qualità del personale, seppur con gradi di dettaglio inferiori rispetto ai questionari Ocse. Dal punto di vista della qualifica del personale l’Italia è in linea con gli altri paesi europei prevedendo il possesso della Laurea triennale (ISCED 6) per le attività svolte con bambini con meno di tre anni, e la laurea magistrale (Isced 7) per l’interazione con i bambini di tre anni e più. L’Italia, a differenza di altri Paesi, considera la formazione continua del personale un dovere professionale ma non prevede un numero minimo di ore annuali per la formazione. Per quanto riguarda gli aspetti curriculari e pedagogici in molti Paesi, tra cui recentemente anche in l’Italia, sono state predisposte linee guida che generalmente includono obiettivi di sviluppo o di apprendimento e attività adeguate all’età. Le linee guida hanno, pertanto lo scopo di aiutare le strutture a migliorare la qualità dell’assistenza e dell’apprendimento e a garantire il rispetto di standard elevati in tutti i servizi ECEC. Anche l’Italia ha recentemente adottato le sue linee guida: Orientamenti nazionali per i servizi educativi per l’infanzia (per i bambini sotto i tre anni); Linee pedagogiche per il sistema integrato zero-seiIndicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione

La presenza di Linee guida è sicuramente apprezzabile, la nuova sfida consiste, ora, nell’avvio di un monitoraggio costante, mediante appositi indicatori desumibili dall’esperienza internazionale, circa la loro implementazione e attuazione sul territorio nazionale.

A fronte di queste nuove sfide permangono, invece, atavici ritardi per quanto concerne il diritto di accesso. Ricordiamo che recentemente sono stati rivisti gli obiettivi di Barcellona 2022 ponendo nuovi traguardi da raggiungere nel 2030. In particolare, in nuovi target prevedono la frequenza del 96% (era 90%) dei bambini tra i 3 e i 5 anni e del 45% (era 33%), opportunamente parametrata sulla base della situazione di partenza, per quelli al di sotto dei tre anni.

Per l’Italia, gli ultimi dati disponibili confermano una cesura netta tra scuole dell’infanzia e asili nido. Mentre le prime non presentano rilevanti criticità, si registrano invece maggiori problematiche per gli asili nido. In particolare, secondo il report 2023 (Education and Training Monitor) il 91 % dei bambini (3-5 anni) ha frequentato strutture della prima infanzia, valore inferiore rispetto alla media UE (92,5%) e in diminuzione di 6,3 punti percentuali rispetto al 2013 mentre nell’UE la frequenza è leggermente aumentata (+0,7 punti percentuali). 

Per quanto riguarda la frequenza degli asili nido, nel 2022 meno di un terzo (30,9%) dei bambini di età inferiore ai tre anni ha frequentato servizi per la prima infanzia, inferiore alla media UE (35,7%) e molto distante dai livelli presenti in Paesi come la Danimarca, Paesi Bassi e Francia (Fig.1). Rimane, pertanto, irrisolto il problema di un’offerta adeguata del servizio su tutto il territorio nazionale, come già mostrato in precedenti contributi su questa rivista (Le politiche per la prima infanzia e le persistenti disuguaglianze).

La bassa frequenza degli asili nodo in Italia, può essere attribuita a molteplici fattori, due tra questi sono quelli prevalenti. Il primo, come diremo tra poco, risiede nella carenza dell’offerta determinata da numerose difficoltà, e in alcuni casi eccessive cautele, delle amministrazioni locali; il secondo, come già evidenziato in un precedente articolo sempre su questa rivista (Asili nido: il pnrr da solo non basta), vede in molti territori ancora una domanda limitata a causa del fatto che molte famiglie considerano insostituibile il proprio ruolo educativo non delegandolo agli asili. 

Parte di questo gap dovrebbe essere colmato, ma solo a livello nazionale, con gli investimenti previsti nel PNRR. E’ utile ricordare che, alla luce delle recenti modifiche del PNRR, è stato rivisto al ribasso il numero di posti da realizzare di circa 115.000 unità, passando dai precedenti 264.480 agli attuali 150.480. Va poi sottolineato che non tutti i nuovi posti saranno destinati agli asili nido. 

Bambini di meno di tre anni che frequentano ECEC per numero di ore settimanali (percentuale rispetto alla popolazione di riferimento) – indagine EU-SILC

Fonte: Elaborazione su dati Eurostat

Secondo quanto riportato nel Focus dell’Ufficio parlamentare di bilancio (Focus 9/2022) prima della revisione del PNRR, del totale dei nuovi posti da realizzare circa il 60% erano destinati agli asili nido. Mantenendo invariata la stessa proporzione e ipotizzando il pieno raggiungimento del target finale, nel 2026 gli asili nido dovrebbero disporre di circa 90.300 posti in più. La nuova dotazione sommata a quella attuale (circa 326.700 posti autorizzati negli ECEC nel 2021) dovrebbe garantire una dotazione complessiva di circa 477 mila posti. Rapportando la nuova dotazione con la popolazione di riferimento (bambini 0-2 anni) nel 2030 si otterrebbe una copertura di circa il 40 per cento leggermente inferiore al nuovo obiettivo per l’Italia pari al 41,7%. Come evidenziato sempre nello stesso focus, però, rimarranno in parte invariati i differenti livelli di offerta all’interno del territorio nazionale, infatti molte delle realtà con gravi carenze di servizi non hanno fatto richiesta dei fondi a loro destinati. 

Concludendo, se da un lato sono state intraprese policy volte a garantire un’elevata qualità all’interno delle strutture ECEC, dall’altro lato si registrano ancora croniche carenze strutturali. Recentemente è stato definito uno specifico Livello Essenziale di Prestazione Sociale (Leps) per l’offerta degli asili nido, ma sarebbe già opportuno rivederlo sia per tener conto dei nuovi obiettivi in termini di offerta sia per inserire al suo interno anche degli standard qualitativi oggi ancora non previsti. 


* Le opinioni espresse in questo lavoro sono dell’autore e non necessariamente riflettono quelle dell’istituzione di appartenenza.

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