What a MES! E il ruolo internazionale dell’euro?

Giuseppe De Arcangelis osserva che l’utilizzo dell’euro nelle transazioni internazionali è in calo e ritiene che ciò sia dovuto al giudizio non positivo dei mercati sull’ingegneria finanziaria-istituzionale scelta dall’Europa per fronteggiare gli shock, incluso il MES. A suo parere occorre più integrazione finanziaria e condivisione dei rischi per rafforzare il più importante fundamental dell’euro che, in tal modo, potrebbe aumentare il suo peso come valuta internazionale, grazie anche al protezionismo USA, e godere dei relativi benefici, ora nascosti ai miopi nazionalismi europei.

La riforma del MES, che ha ampiamente coinvolto le energie della politica italiana delle ultime settimane, può essere inserita in un dibattito più ampio sulle istituzioni europee e sulla loro capacità di dare un valore fondante all’euro a livello internazionale. Sembra abbastanza chiaro che in Italia la sollevazione contro il MES si spieghi con ragioni di pura speculazione politica: da un recente sondaggio, 7 italiani su 10 non hanno idea di cosa sia il MES, ma 10 su 10 hanno ben colto gli accenni di “accusa di alto tradimento” rivolta al Presidente del Consiglio o il presunto falso (si veda l’articolo di Lorenzo Sala su LaVoce.info) effetto di “pagare per le banche tedesche”.

Il MES nasce come un fondo per intervenire in casi eccezionali e la sua forma giuridica riflette il grado di coesione tra gli Stati sottoscrittori. Sotto alcuni aspetti, si tratta di un’istituzione non molto diversa dal Fondo Monetario Internazionale che opera con obiettivi simili come prestatore di ultima istanza. Ma gli Stati che sottoscrivono il MES hanno anche una moneta comune e ogni passo in avanti verso la condivisione di rischi a livello sovranazionale significa rafforzare i fondamentali della moneta europea a livello internazionale. Infatti, occorre ricordare che nella proposta iniziale, formulata in occasione dell’Euro Summit del 14 dicembre 2018, la riforma del MES era inquadrata in un insieme di misure che si ricollegavano alla Comunicazione della Commissione Europea del 5 dicembre 2018 nella quale si parlava del rafforzamento dell’euro come valuta internazionale.

Il ruolo internazionale dell’euro come valuta di fatturazione internazionale, come valuta di riserva e come valuta centrale nelle transazioni finanziarie è andato diminuendo in questi ultimi anni, soprattutto dopo la crisi dei debiti sovrani del 2011-12.

Figura 1. Indice composto del ruolo internazionale dell’euro

Fonte: BCE (2019) “The International role of the euro”, 13 giugno 2019

 

La Figura 1, pubblicata nel 18mo rapporto della BCE evidenzia la perdita di interesse verso l’euro a livello internazionale, infatti il suo peso si è ridotto a poco più di quello che avevano, congiuntamente, il marco tedesco e il franco francese prima del 1999.

Il dollaro continua a mantenere una dominanza incontrastata, in particolare nei mercati dell’energia. Non a caso Margaret Von der Leyen ha voluto sottolineare che uno degli obiettivi della prossima Commissione sarà quello di rafforzare il ruolo internazionale della moneta comune. Ma come farlo?

Il ruolo internazionale di una valuta. Gli economisti dibattono se il ruolo di una valuta come moneta internazionale, in un mondo con più monete nazionali, configuri un caso di monopolio naturale. Secondo autori come Kenneth Rogoff (e altri), gli agenti economici che debbono effettuare transazioni internazionali, reali o finanziarie, selezionano una valuta tra le tante esistenti per economizzare nei costi di transazione. Secondo Barry Eichengreen, invece, ci sarebbe spazio per più valute nel ruolo di veicoli internazionali e si potrebbero selezionare una serie di valute internazionali regionali. In particolare, quest’ultimo studioso ha affermato che l’euro potrebbe essere l’unica valuta in grado di minacciare il ruolo centrale del dollaro.

La valuta in cui si effettuano gran parte delle transazioni reali e finanziarie e in cui si denominano stock di debiti e crediti, includendo le riserve ufficiali, beneficia di molti vantaggi. Nei mercati internazionali delle materie prime viene annullato l’ulteriore elemento di variabilità dovuto al tasso di cambio con la valuta di fatturazione e limitato il trasferimento delle variazioni del cambio (exchange-rate pass-through) sui prezzi alle importazioni. Una valuta usata prevalentemente sui mercati finanziari gode del privilegio di poter emettere direttamente in “valuta pregiata”, ovvero accettata internazionalmente (il cosiddetto exorbitant privilege). Questo rende anche la posizione finanziaria di un paese meno esposta alle oscillazioni nel valore degli stock (guadagni o perdite in conto capitale indotte da variazione nei tassi di cambio).

Non mancano, però, le controindicazioni. Uno dei timori maggiori della Bundesbank prima dell’introduzione dell’euro era quello di perdere il controllo su M3 nel caso in cui il marco fosse eccessivamente utilizzato a livello internazionale. Di conseguenza, cercò di limitarne la diffusione internazionale. Quindi, la perdita del controllo sugli aggregati monetari, una volta che consistenti quantità di moneta nazionale si trovano all’estero, rappresenta un pericolo per l’efficacia della politica monetaria. In questo risulta il cosiddetto exorbitant duty, ovvero il fatto che in momenti di crisi finanziaria la corsa agli investimenti sicuri (flight to quality) determini un aumento nella domanda di valuta per acquisire titoli meno rischiosi e quindi spinga ad un apprezzamento della valuta aggravando la recessione.

Il bilancio tra i vantaggi e gli svantaggi di una valuta con forte ruolo internazionale è stato, in realtà, oggetto di discussione in occasione dell’introduzione dell’euro: Banca Centrale Europea (BCE) assunse una posizione di neutralità (si veda il discorso di Duisenberg del 1999). Dopo vent’anni dall’introduzione della moneta unica il bilancio è cambiato e nel 18mo rapporto sul ruolo internazionale dell’euro si afferma che sarebbe auspicabile un ruolo rafforzato dell’euro sui mercati mondiali.

La situazione attuale e la visione futura. Il ruolo centrale che ancora oggi ha il dollaro a livello internazionale si spiega con tre ragioni. La prima è storica: il dollaro ha caratterizzato il sistema dei pagamenti internazionali negli ultimi settant’anni e più, cioè a partire dagli accordi di Bretton Woods. La seconda è di natura tecnica: il dollaro gode dei benefici dell’effetto network che contraddistingue l’utilizzo di una moneta negli scambi internazionali e che dà origine a economie di scala che giustificano la teoria del monopolio naturale.

La terza è legata alla sua affidabilità istituzionale. Il dollaro rappresenta una moneta affidabile perché ad esso corrisponde un mercato monetario nazionale molto liquido, un sistema finanziario unificato e poco frammentato, un mercato di titoli denominati in dollari con istituzioni federali che ne assicurano la solidità in caso di shock avversi. Infatti, il funzionamento del sistema finanziario interno non è messo in discussione dagli elevati livelli di debito locale della California (Stato ben più rilevante per l’economia americana di quanto sia la Grecia per l’area dell’euro) che secondo alcune stime supera il 153% del PIL. L’affidabilità del dollaro non dipende da un sistema analogo al MES, ma dall’esistenza di un mercato liquido per Treasury Bills e Treasury Bonds che può contare sulla garanzia del governo federale e che è di dimensione incomparabile con il mercato dei Bund tedeschi o dei BTF o OAT francesi.

Sebbene il PIL mondiale delle economie che lo adottano sia una quota rilevante di quello mondiale, l’euro necessita di altre condizioni per acquisire il ruolo di valuta internazionale con un peso superiore alla semplice somma di quella che ebbero marco, franco e lira. In particolare, è necessario che attorno all’euro si costruisca un sistema monetario e finanziario pienamente integrato. In effetti, l’approfondimento dell’integrazione monetaria e finanziaria, e non solo la costituzione di una banca centrale, dovrebbe essere una delle caratteristiche di un’area monetaria ottimale. Questi benefici, come vediamo per il dollaro, derivano dalla presenza di istituzioni sovraniste-sovranazionali, ovvero di istituzioni che sono in grado di fronteggiare rischi sistemici attraverso una condivisione dei costi rapida, efficace e accettata.

La situazione internazionale attuale offre un’importante opportunità. Una delle conseguenze del protezionismo muscolare statunitense è la perdita di affidabilità del dollaro come moneta di riserva per le banche centrali dei paesi terzi. La Figura 2 mostra che pur rimanendo la moneta di riserva più utilizzata, dal 2016 il dollaro sta perdendo terreno, mentre l’euro sta tornando ai livelli pre-crisi e altre valute (in particolare, lo yuan cinese) stanno accrescendo la loro importanza.

Figura 2. Quote di dollari, euro e altre valute nella composizione delle riserve ufficiali mondiali

Fonte: BCE (2019) “The International role of the euro”, 13 giugno 2019

 

Durante il periodo più caldo della guerra commerciale tra Usa e Cina, a maggio scorso, la banca centrale cinese ha deciso improvvisamente di vendere 20 miliardi di titoli USA con maturità superiore a 1 anno; si è trattato della vendita più consistente degli ultimi due anni: 60 miliardi di dollari su 1100 miliardi di stock di debito USA detenuto. La Figura 3 mostra che anche la banca centrale russa ha fortemente ridotto la quantità di dollari detenuti e a giugno 2018 la parte più consistente delle sue riserve valutarie è in euro.

Figura 3. Cambiamento di composizione delle riserve ufficiali della banca centrale russa

Fonte: BCE (2019) “The International role of the euro”, 13 giugno 2019

 

In Europa passi avanti nell’integrazione economica e istituzionale sono stati fatti quando le misure di maggiore integrazione sono state di vantaggio per tutti, superando i veti incrociati. I vantaggi di un ruolo internazionale rafforzato dell’euro possono venire da un mercato più liquido della moneta unica e da attività finanziarie garantite a livello sovranazionale. Le esternalità positive che ne deriverebbero possono più che compensare i timori associati all’azzardo morale della condivisione delle passività europee. È su questi benefici che occorre puntare per convincere i partner europei a proseguire nell’unificazione bancaria e in altre misure di maggiore integrazione finanziaria piuttosto che affidare la propria credibilità alla sola revisione di un meccanismo comunque imperfetto di condivisione dei rischi come il MES.

Recentemente il Financial Times ha fatto notare come la dipartita improvvisa di Trump dal summit Nato potrebbe risvegliare l’orgoglio europeo necessario per superare le divisioni nazionaliste e andare avanti nell’integrazione. Ma l’effetto potrebbe essere anche quello di rendere il dollaro meno attraente come moneta internazionale. Prima che tale ruolo venga occupato dallo yuan o da qualche altra moneta, l’Europa dovrebbe procedere con coraggio sulla strada di una maggior integrazione istituzionale, guardando in avanti e superando il timore dei nordeuropei di dover pagare per gli scansafatiche del Sud. I benefici dell’affermazione dell’euro come valuta internazionale sarebbero decisamente maggiori per tutti.

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