Volontariato d’impresa: organizzazioni che si attivano per la comunità

Eleonora Maglia dopo aver ricordato l’importanza e l’attualità del tema della responsabilità sociale di impresa si sofferma su una attività poco conosciuta: il volontariato di impresa. Maglia illustra le caratteristiche di questa forma di responsabilità sociale di impresa e presenta i risultati di una ricerca condotta all’interno dei settori profit e non-profit. Nelle conclusioni l’autrice sostiene che il ruolo cruciale di aggregazione dei soggetti coinvolti potrebbe essere utilmente svolto dalle Fondazioni d’impresa.

La Business Roundtable è un’organizzazione che riunisce gli amministratori delegati delle maggiori corporation americane (tra cui JP Morgan, Amazon, Apple e General Motors) che nel complesso impiegano 15 milioni di dipendenti e realizzano un fatturato di 7 trilioni di dollari. Nel corso dell’estate la Business Roundatable è stato al centro dell’attenzione dei media perché 181 dei suoi 192 amministratori delegati hanno dichiarato che intendono rivedere la fiducia che finora hanno riposto nel cosiddetto shareholder value, cioè nel perseguimento della massimizzazione del valore per gli azionisti, per realizzare un capitalismo etico che tenga in considerazione anche altri valori, ed in particolare le ricadute delle loro decisioni sui lavoratori, l’ambiente e la comunità. In questa prospettiva hanno annunciato di voler, tra l’altro, investire nella formazione dei dipendenti, nella promozione dei valori dell’inclusione e della diversità, nell’equità nei rapporti con i fornitori anche di piccole dimensioni, nonché nel sostenere lo sviluppo delle aree in cui sono localizzati i loro stabilimenti.

L’idea che le imprese debbano perseguire anche obiettivi di questa natura non è nuova, specialmente in Europa. Già nel 2001 la Commissione Europea sottolineava l’importanza “non solo di soddisfare pienamente gli obblighi giuridici applicabili, ma anche di andare al di là investendo di più nel capitale umano, nell’ambiente e nei rapporti con le altre parti interessate” (Commissione Europea, 2001, Libro Verde. Promuovere un quadro europeo per la responsabilità sociale delle imprese, Bruxelles). Le esperienze di responsabilità sociale da parte delle imprese, in Europa e in Italia, sono numerose e le valutazioni sono controverse. Da un lato si osserva che i comportamenti socialmente responsabili contribuiscono significativamente a migliorare la reputazione dell’azienda nel mercato (Balluchi F. e Furlotti K., 2017, La responsabilità sociale delle imprese. Un percorso verso lo sviluppo sostenibile, Torino); dall’altro si teme che proprio questo effetto possa indurre a ‘simulare’ azioni e comportamenti socialmente responsabili piuttosto che a realizzarli effettivamente (Varanini F., 2003, Per una critica della Corporate Social Responsibility, Assoetica). Naturalmente, va tenuto conto anche del fatto che le motivazioni delle imprese e dei loro amministratori possono essere genuinamente etiche e non meramente opportunistiche; peraltro, come è stato osservato già molto tempo fa, nel momento in cui si prende una decisione di tipo aziendale, è impossibile distinguere perfettamente gli effetti economici dalle conseguenze sociali ed ambientali (Elkington J., 1994, Toward the sustainable corporation: win-win-win business strategies for sustainable development, California Management Review, 36, 2).

La possibilità di comportamenti opportunistici non giustifica, però, un atteggiamento generalizzato di diffidenza nei confronti della responsabilità sociale di impresa. Ed è, anzi, importante essere consapevoli di quanto ampio possa essere lo spettro di attività che realizzano tale responsabilità. Scopo di queste note è di richiamare l’attenzione su uno strumento di responsabilità sociale attivato dalle aziende, che è poco noto in Italia.

IL VOLONTARIATO D’IMPRESA. Il Volontariato d’impresa si riferisce all’insieme di progetti con cui le aziende supportano in prima persona le comunità locali o le Organizzazioni non profit. Tali progetti possono dare luogo a tre tipi di investimento (donazioni in denaro e sponsorizzazioni; donazioni di beni e donazione di tempo e competenze del personale), generando benefici che si estendono a un gran numero di soggetti. I benefici per le imprese consistono in una maggiore motivazione e fidelizzazione del personale, minore conflittualità nelle relazioni industriali, accresciuto consenso e visibilità presso la comunità locale. Inoltre, sviluppando reti nel territorio in cui operano, le aziende si differenziano rispetto ai concorrenti e investono in reputazione, aumentando così il proprio valore. Cooperando con imprese for profit, invece, le Organizzazioni sociali hanno l’opportunità di promuovere e diffondere la propria mission in contesti differenti da quelli abituali. In più ottengono maggiori risorse, competenze e persone per realizzare il proprio scopo con maggior successo. Inoltre, nelle comunità oggetto di interventi di Volontariato d’impresa, migliorano la qualità della vita e i servizi sanitari ed educativi; l’economia e la cultura si sviluppano e le relazioni sociali si stabilizzano (Fondazione Sodalitas, Ciessevi Milano e Cergas, 2013, Volontariato d’impresa: una guida pratica per la collaborazione tra profit e non profit, Milano).

AZIENDE, DIPENDENTI E TERZO SETTORE PER LA COMUNITÀ Le partnership tra imprese e comunità di questo tipo hanno una risalente tradizione nel mondo anglosassone, dove sono stati anche isolati modelli di gestione e misurazione ad hoc, come il London Benchmarking Group Model utilizzato per determinare il contributo dei progetti attraverso l’analisi dell’investimento (INPUT), dei risultati ottenuti (OUTPUT) e degli effetti (IMPACT).

Anche in Italia sono presenti alcune sperimentazioni di questo tipo. Una rassegna delle esperienze attivate in Italia (Fondazione Sodalitas e GFK, 2019, Volontariato d’impresa: l’esperienza del Terzo settore in Italia. Il confronto con le impresa, Milano; Fondazione Sodalitas e GFK, 2018, Volontariato d’impresa: l’esperienza delle aziende in Italia. Aziende e dipendenti insieme per la comunità, Milano) mostra che oltre la metà delle imprese di un campione di 126 aziende di diverse dimensioni, rappresentative di oltre il 9% del PIL e di 255.000 dipendenti promuove attività di Volontariato d’impresa in modo consolidato (da almeno 3-4 anni nel 70% dei casi) soprattutto a favore dell’ambiente (44% dei casi). I progetti sono gestiti prioritariamente dalla funzione Corporate Social Responsibility (38% dei casi) e dalla funzione Risorse umane (21% dei casi), ma sono anche i dipendenti stessi e le Organizzazioni non-profit a proporre e stimolare le iniziative di Volontariato d’impresa (27% dei casi). Nelle singoli fasi, prevale il ruolo delle Organizzazioni non-profit per la progettazione (56%) e delle imprese nell’attuazione (50%) e nella valutazione (67%). I target poi sono molteplici (infanzia, giovani, persone con disabilità o in condizione di fragilità materiale); perlopiù le aziende mettono a disposizione tempo retribuito (questa è la modalità utilizzata nell’86% dei casi), ma forniscono anche risorse economiche (65% dei casi), prodotti (51%) o spazi e strutture (34%). Tra le formule utilizzate prevale il Volontariato in team (59% dei casi), il Volontariato di competenza occasionale (44%) e il Volontariato per svolgere attività di fundraising (30%). In alcuni casi (31%) il progetto di Volontariato d’impresa viene stimolato direttamente dall’Organizzazione non-profit, perlopiù per opera del Corporate Fundraiser (27% dei casi). Ciò avviene soprattutto in caso di bisogno immediato e per realizzare un’attività operativa specifica. Se poi l’Organizzazione riesce a sensibilizzare l’impresa creando un rapporto duraturo, le collaborazioni proseguono per ulteriori iniziative (38% dei 196 casi analizzati). Quale che sia l’innesco e la formula utilizzata, il risultato ampiamente riconosciuto dai rispondenti alla ricerca consiste in un miglioramento del radicamento territoriale (27%) e nell’avvio di rapporti continuativi con gli stakeholder locali (come Pubbliche amministrazioni e Università).

PROMUOVERE RELAZIONI. I risultati finora emersi mostrano come il Volontariato d’Impresa sia sostanzialmente un percorso virtuoso, il cui potenziale necessita di opportuni interventi per esprimersi pienamente. Rispetto al settore profit, è fondamentale, perché l’esito sia soddisfacente, che l’impresa preventivamente identifichi i benefici interni ed esterni e li bilanci. Soprattutto è decisivo realizzare un bilanciamento tra approccio top-down (coinvolgimento diretto del management) e bottom-up (ruolo attivo dei dipendenti anche in fase di progettazione) e, a riguardo, occorre porsi degli obiettivi qualitativi e quantitativi, prevedendo un processo di valutazione dei risultati che è particolarmente utile per favorire un percorso efficace. In caso di collaborazioni con il Terzo Settore, poi, il modus operandi da privilegiare è la co-progettazione (definire un obiettivo comune nell’ambito dei rispettivi obiettivi specifici). Sia le aziende del settore profit che gli enti del settore non-profit, infatti, possiedono competenze peculiari che possono essere utilmente spese per creare valore sociale condiviso.

Perché un programma di Volontariato d’Impresa sia efficace è, quindi, importante che esso prenda l’avvio da un momento di incontro in cui vengono condivise le aspettative e gli obiettivi. A questo scopo, e per favorire la messa in rete dei singoli, risulta moto utile ricorrere ad un intermediario. Il ruolo di facilitatore del dialogo tra imprese e non profit potrebbe, ad esempio, essere svolto dalle Fondazioni. Grazie alle capacità di networking di enti di questo tipo le linee di azione possono consistere nell’organizzazione di momenti di confronto multi-stakeholder (per condividere le esigenze e le esperienze già effettuate e bilanciare le esigenze delle imprese con i benefici per la comunità, esplorando formule innovative da sperimentare); nella selezione delle associazioni interessate a collaborazioni di Volontariato d’Impresa; nell’offerta di un supporto specializzato per la progettazione e per l’implementazione di progetti in logica on demand. Tutto ciò potrebbe concorrere a realizzare alti livelli di innovazione sociale (CeRIIS, 2018, Rapporto sull’innovazione sociale in Italia, FrancoAngeli) e a porre le basi per il soddisfacimento di bisogni collettivi grazie a nuove soluzioni di tipo relazionale capaci di generare un concreto impatto strutturale.

Schede e storico autori