(Un)Fair progress? Di ascensori sociali rotti e opportunità diseguali

Eleonora Romano sintetizza e esamina criticamente l’analisi della trasmissione intergenerazionale della disuguaglianza nei redditi a livello mondiale contenuta in un recente rapporto della Banca mondiale un recente Rapporto della Banca Mondiale. Romano si sofferma in particolare sulle connessioni tra immobilità intergenerazionale e disuguaglianza delle opportunità, illustrando i principali dati contenuti nel Rapporto e proponendo alcune riflessioni sulle conseguenze negative che tali fenomeni possono produrre.

La crescente percezione che i vantaggi derivanti dal background familiare giochino un ruolo chiave nel determinare le prospettive economiche degli individui è spesso tradotta con l’affermazione “l’ascensore sociale si è rotto”. Tale percezione trova oramai riscontro in molti di studi che riguardano diversi Paesi e che hanno mostrato che le “condizioni di partenza” influiscono fortemente sulla probabilità di ascesa nella scala sociale.

Il recente rapporto della Banca mondiale “Fair Progress? Economic Mobility across Generations around the World”, del quale si è già occupata da un altro punto di vista Veronica Ballerini sul Menabò, contiene un’ampia analisi della mobilità intergenerazionale, la quale è intesa in due accezioni, una assoluta e l’altra relativa. La mobilità assoluta si riferisce a quanto gli standard di vita di una generazione sono nel complesso più alti rispetto a quelli della generazione precedente, mentre la mobilità relativa è una misura di quanto la posizione occupata da un individuo nella scala dei redditi dipende dalla posizione occupata dai genitori.

Scopo di questo focus è sintetizzare i punti salienti delle analisi teoriche ed empiriche, presentate nel rapporto, che riguardano questa seconda accezione di mobilità intergenerazionale e, in particolare, i suoi legami con la “disuguaglianza nelle opportunità”. Negli ultimi anni, infatti, la ricerca sulla trasmissione intergenerazionale dei vantaggi socio-economici si è intensificata. Diversi economisti hanno cercato, in particolare, di misurare la persistenza dei redditi tra due generazioni successive, stimando il coefficiente che esprime l’elasticità intergenerazionale dei redditi (intergenerational income elasticity), ovvero il grado con cui le differenze tra i redditi nella generazione dei genitori si riproducono nella generazione dei figli (per studi recenti sull’Italia si vedano un recente studio della Banca d’Italia e un precedente articolo del Menabò).

Le analisi del rapporto della Banca mondiale sono basate su un database originale (Global Database of Intergenerational Mobility) che contiene stime, comparabili a livello internazionale, dell’elasticità intergenerazionale dei redditi e dell’istruzione per 111 Paesi. I dati, per qualità e disponibilità, non sono omogenei tra i diversi Paesi e sono più limitati o di minore qualità rispetto a quelli relativi all’istruzione. Altro importante caveat riguarda il fatto che le stime dell’elasticità intergenerazionale dei redditi sono basate su un solo “punto nel tempo” (quello relativo al momento di picco della retribuzione) poiché non si dispone di informazioni relative alle retribuzioni lungo tutto l’arco della vita. Una misurazione accurata dell’elasticità intergenerazionale dei redditi richiederebbe, invece, sia per i genitori che per i figli, la disponibilità di dati sulle retribuzioni in momenti diversi della carriera, in particolare nel periodo di maggiore stabilità della posizione lavorativa.

La presentazione delle evidenze empiriche sulla mobilità relativa dei redditi si apre con un confronto della persistenza intergenerazionale dei redditi per 75 Paesi (Figura 1), da cui emerge un’ampia variabilità. Inoltre, nei PVS si registrano i valori più bassi (in particolare, in alcune parti dell’Africa, dell’America Latina e dell’Asia meridionale) mentre gli Stati Uniti, con valori comparabili a quelli di alcuni PVS, mostrano una mobilità intergenerazionale più bassa rispetto alla maggior parte delle economie ad alto reddito. Ma gli Stati Uniti sembrano essere in buona compagnia…Nel rapporto, infatti, si afferma che negli Stati Uniti e in altri Paesi avanzati, come Italia e Regno Unito, il figlio di un genitore ad alto reddito, rispetto al figlio di un genitore a basso reddito, può guadagnare all’incirca il 50% in più. Il dato corrispondente in Belgio, Danimarca, Finlandia e Norvegia è di circa il 20 %.

Figura 1. Mobilità relativa dei redditi in vari Paesi

Nel rapporto si conferma anche che una più alta persistenza intergenerazionale dei redditi si associa ad una loro più alta disuguaglianza (una relazione nota come Great Gatsby Curve) e che tale relazione è a doppio senso: una maggiore disuguaglianza nei redditi tende a limitare la mobilità relativa e una scarsa mobilità intergenerazionale tende a far aumentare la disuguaglianza dei redditi nel tempo.

Con riferimento alla relazione tra mobilità nei redditi e mobilità nell’istruzione, non si rileva una perfetta corrispondenza e la correlazione tra i due fenomeni appare più forte nei PVS (Figura 2). In alcuni Paesi dell’Europa del Nord, in particolare, la mobilità nei redditi è più alta rispetto a quanto si potrebbe prevedere sulla base della mobilità nell’istruzione. In particolare, in questi Paesi i livelli di mobilità nei redditi sono relativamente elevati, mentre quelli nell’istruzione sono allineati ai livelli degli altri Paesi avanzati. Nella riflessione che accompagna questa evidenza empirica si sottolinea che un aumento della mobilità nell’istruzione che non si accompagni ad un aumento delle opportunità economiche, quindi della mobilità nei redditi, può generare instabilità sociale. Si ipotizza, inoltre, che una tale implicazione possa aver avuto luogo in alcuni dei Paesi protagonisti della cosiddetta “Primavera araba” (Egitto, Tunisia, Marocco), nei quali la mobilità nei redditi è molto bassa rispetto alla mobilità nell’istruzione.

 

Figura 2. Correlazione tra mobilità nell’istruzione mobilità relativa nei redditi

Nel rapporto viene poi proposto un framework teorico per spiegare i meccanismi di trasmissione intergenerazionale della disuguaglianza di reddito, che raggruppa i fattori attraverso i quali il background familiare influenza i redditi dei figli in tre principali canali.

Il primo canale dà conto dell’effetto del livello di istruzione dei genitori sul reddito dei figli attraverso il livello di istruzione dei figli: genitori più istruiti sono in grado di investire di più nel capitale umano dei figli. Tale canale risulta più forte quando la mobilità nell’istruzione è relativamente bassa, quando i rendimenti del capitale umano aumentano da una generazione all’altra e quando il livello di istruzione dei genitori è tra le principali determinanti delle disuguaglianze nei redditi tra i genitori.

Il secondo canale riguarda l’effetto del livello di istruzione dei genitori sulle determinanti del reddito dei figli diverse dall’istruzione: i figli di genitori più istruiti hanno accesso a migliori/maggiori informazioni circa le proprie prospettive lavorative e i genitori investono di più nelle loro abilità non cognitive (c.d. social skills), spesso fondamentali per accedere a migliori opportunità sul mercato del lavoro. Questo canale gioca un ruolo importante quando il livello di istruzione dei genitori costituisce un fattore relativamente più importante di altri nel determinare le differenze di reddito tra i genitori.

Il terzo canale, infine, riflette l’effetto di caratteristiche dei genitori diverse dall’istruzione, ma collegate al loro reddito, sul reddito dei figli: genitori ricchi vivono in località che godono di migliori servizi infrastrutturali e i loro figli hanno accesso ad opportunità di lavoro migliori grazie allo status e al network sociale dei genitori. Diversamente dai primi due, quest’ultimo canale tende a prevalere quando il livello di istruzione dei genitori è un fattore meno rilevante nello spiegare le differenze di reddito tra i genitori.

Nonostante le difficoltà di misurazione degli effetti dei diversi canali, nel rapporto si propone una decomposizione del coefficiente che rappresenta l’elasticità intergenerazionale del reddito (si considerano 49 Paesi, di cui 41 PVS e 8 Paesi ad alto reddito), in base alla quale il terzo canale avrebbe un ruolo preponderante nel determinare la persistenza intergenerazionale dei redditi. Più nel dettaglio, caratteristiche dei genitori diverse dall’istruzione contribuirebbero per circa l’80 per cento a spiegare la persistenza dei redditi tra una generazione e l’altra, sia nei PVS che nei Paesi ad alto reddito. Sebbene tale dato appaia rilevante, va segnalato che il terzo canale ha natura residuale e può contenere numerosi e diversi fattori, dei quali non si riesce a distinguere con precisione lo specifico contributo. Alcuni di essi sono menzionati nel rapporto: 1) i network di potere economico e politico che creano distorsioni nei mercati, alimentando la trasmissione intergenerazionale delle disuguaglianze nei redditi di mercato; 2) i privilegi derivanti dall’appartenenza a particolare gruppi sociali; 3) la qualità dell’istruzione, ovvero l’accesso a istituzioni di formazione più prestigiose sia per la qualità del servizio offerto che per le connessioni con il mercato del lavoro che esse possono favorire.

In linea con quanto affermato in precedenti studi, il problema della trasmissione intergenerazionale della disuguaglianza dei redditi viene inquadrato nel framework teorico della disuguaglianza delle opportunità. In particolare, la disuguaglianza nelle opportunità si riferisce alla quota della disuguaglianza nei risultati (outcomes) che si deve attribuire alle differenze nelle circostanze (circumstances) al di fuori del controllo del singolo individuo, quali il livello di istruzione dei genitori, il luogo di nascita, il genere, l’etnia e tutti gli elementi che definiscono lo status sociale di un individuo alla nascita. In questo contesto, l’analisi dei driver della mobilità dei redditi richiederebbe di esaminare i fattori che determinano le opportunità degli individui in diverse fasi della vita. Le circostanze alla nascita, infatti, determinano le opportunità e quindi i risultati in ogni specifica fase della vita; le opportunità in ciascuna fase della vita, del resto, influenzano i risultati di tutte le fasi successive. Nell’esaminare questo processo bisogna allora tener conto del fatto che le circostanze alla nascita interagiscono con le politiche, i mercati e le altre istituzioni, dando forma alle opportunità e determinando il grado di mobilità intergenerazionale dei redditi.

La principale conclusione del rapporto è quindi che la scarsa mobilità dei redditi sia causata dalla disuguaglianza delle opportunità. Di conseguenza, si richiedono interventi di policy volti a ridurre quest’ultima. Garantire un level playing field nell’accumulazione di capitale umano non appare sufficiente per assicurare mobilità nei redditi ed è necessario riflettere su quali sono gli altri canali, oltre all’istruzione, che producono opportunità diseguali in varie fasi della vita e determinano un’elevata persistenza dei redditi tra genitori e figli. Certamente, appare indispensabile l’adozione di un approccio olistico agli interventi di policy, in grado, da un lato, di considerare le diverse fasi della vita in cui possono determinarsi opportunità diseguali per individui caratterizzati da circostanze alla nascita diverse e, dall’altro, di ridurre distorsioni dei mercati e barriere all’ingresso che causano un’iniqua ripartizione dei benefici della crescita economica.

In conclusione, si può osservare che uno stato di immobilità intergenerazionale non si configura soltanto come un risultato profondamente ingiusto (unfair) che perpetua la disuguaglianza tra generazioni, ma anche come un risultato dannoso in termini di crescita economica potenziale e progresso, poiché può determinare sprechi di capitale umano e quindi un’inefficiente allocazione delle risorse. In proposito, anche uno recentissimo studio del Fondo Monetario Internazionale ha mostrato che la disuguaglianza di reddito ha un impatto negativo sulla crescita economica soprattutto nelle economie caratterizzate da un’alta disuguaglianza delle opportunità, misurata proprio in termini di mobilità intergenerazionale. Da ultimo, ma non meno importante, il malfunzionamento del celebre “ascensore sociale” può provocare conseguenze non trascurabili in termini di benessere e coesione sociale.

 

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