Una crisi diseguale: il ruolo degli ammortizzatori sociali durante la pandemia

Francesca Carta e Marta De Philippis si occupano dell’impatto della crisi innescata dal COVID-19 sulle pre-esistenti disuguaglianze economiche. Basandosi sui risultati di una loro ricerca, focalizzata sul mercato del lavoro, Carta e De Philippis sostengono che i provvedimenti decisi dal Governo per fronteggiare la crisi hanno contenuto, nella prima metà del 2020, l’aumento della dispersione dei redditi da lavoro ma ritengono che vi siano rilevanti rischi di peggioramento nel lungo periodo.

*Una versione più sintetica di questo articolo si trova anche su https://www.lavoce.info/

Il dibattito sugli effetti distributivi della crisi economica conseguente la pandemia da COVID-19 è quanto mai acceso: non solo per la severità delle misure adottate per contrastare la diffusione del contagio, ma anche perché questi effetti si sono manifestati quando non erano ancora state riassorbite le conseguenze delle crisi precedenti. Questo è particolarmente vero in Italia, dove l’incidenza della povertà assoluta è quasi doppia rispetto al dato del 2007, a fronte di un più moderato aumento della disuguaglianza dei redditi disponibili.

L’analisi tempestiva delle dinamiche distributive è importante per elaborare le politiche appropriate. Tuttavia studiare in un’ottica congiunturale l’andamento della disuguaglianza è un compito arduo per i ritardi (di due o tre anni rispetto al periodo di riferimento) con cui sono tipicamente rilasciati i microdati sul reddito disponibile. Alcuni recenti lavori, sia internazionali sia sull’Italia, hanno sviluppato diversi approcci per analizzare tempestivamente le dinamiche della disuguaglianza durante la crisi pandemica; anche questi metodi presentano però alcune problematiche potenzialmente rilevanti. Ad esempio, le indagini ad hoc realizzate online possono non essere rappresentative della popolazione (come nel caso dell’articolo di Adams-Prassl et al. sintetizzato in questo numero del Menabò); i dati amministrativi – come nel caso dell’analisi dei movimenti bancari di Aspachs et al. – si riferiscono spesso solo a sottogruppi della popolazione e non colgono la dimensione familiare, aspetto invece importante per valutare il livello di benessere delle persone; infine gli approcci che si avvalgono dei modelli di microsimulazione (si vedano per l’Italia Gallo e Raitano, Fiorio e Figari, MEF 2020), che aggiornano sulla base degli andamenti macroeconomici i redditi rilevati due o tre anni prima, difficilmente colgono l’eterogeneità dei fenomeni a livello microeconomico (ad esempio, il fatto che il rischio di perdita di lavoro non è omogeneo tra i lavoratori) o i cambiamenti nei comportamenti di determinati sottogruppi della popolazione.

In un recente lavoro ci avvaliamo di una metodologia basata sui dati della Rilevazione Continua sulle Forze di Lavoro (RCFL) relativi al quarto trimestre del 2019, per valutare l’evoluzione della distribuzione dei redditi durante la prima metà del 2020 e l’efficacia delle misure introdotte dal Governo italiano per sostenere i lavoratori durante la crisi pandemica. Nell’articolo ci concentriamo sul reddito da lavoro. Escludere i redditi da pensione o da capitale potrebbe sembrare un’importante limitazione, tuttavia il reddito da lavoro rappresenta circa il 60% del reddito disponibile delle famiglie italiane, quota che sale all’80% per i nuclei in cui il capofamiglia è in età lavorativa e non vi sono pensionati conviventi. Inoltre, la disuguaglianza del reddito da lavoro risulta essere la componente principale di quella osservata sul reddito disponibile – ne spiega infatti oltre la metà. Infine il reddito da lavoro, almeno nella fase iniziale della crisi, ha verosimilmente risentito maggiormente dell’adozione delle misure di sospensione delle attività produttive e di limitazione degli spostamenti. La misura di reddito da lavoro a livello individuale e familiare è ottenuta nella RCFL seguendo la metodologia sviluppata in Carta (Timely Indicators for Inequality and Poverty Using the Italian Labour Force Survey. Social Indicators Research, 2019).

La nostra analisi ricostruisce per ciascun individuo quanto è successo sul mercato del lavoro nella prima metà del 2020 a partire dalle informazioni relative all’ultimo trimestre del 2019. Sebbene siano attualmente disponibili i microdati della RCFL anche per i primi due trimestri del 2020, per valutare gli effetti della crisi e l’efficacia delle misure adottate dal Governo è necessario, infatti, avere come riferimento per ogni individuo occupato il proprio reddito da lavoro pre-COVID, nell’ultimo trimestre del 2019. Un’alternativa sarebbe utilizzare la componente longitudinale dei dati. Preferiamo tuttavia non prendere questa strada poiché la dimensione del campione è molto più piccola e, come riportato dall’Istat, l’impossibilità di eseguire l’indagine attraverso interviste di persona ha ridotto – presumibilmente in modo non casuale – il numero totale di interviste raccolte nel 2020 di circa il 10% rispetto al 2019. Utilizziamo i dati trasversali per i primi due trimestri del 2020 per eseguire controlli di robustezza.

L’analisi si concentra sulle famiglie per le quali il reddito da lavoro è verosimilmente la principale entrata, ossia quelle con persona di riferimento tra i 15 e i 64 anni e in cui non vivono pensionati (la selezione del campione è necessaria per poter interpretare gli indici di disuguaglianza basati sulla RCFL come predittivi di quelli riferiti al reddito disponibile desunti dalle indagini sul reddito).

Per quantificare l’aumento della disuguaglianza e valutare l’entità delle variazioni reddituali subite con la pandemia abbiamo simulato la dinamica dei redditi da lavoro nella prima metà del 2020, introducendo ipotesi su: i) la riduzione delle ore lavorate per settore, determinata in base ai dati sul calo del valore aggiunto e delle ore lavorate registrato nei primi sei mesi del 2020; ii) il tasso di crescita del salario orario, che seguirebbe quello osservato per le retribuzioni contrattuali nei primi sei mesi del 2020.

Abbiamo considerato tre scenari diversi per la disponibilità e il tipo di ammortizzatori sociali previsti per i lavoratori. Nello “scenario base” non ci sono ammortizzatori e il calo delle ore lavorate osservato nei primi due trimestri del 2020, differenziato in base al settore di occupazione, si tramuta in una perdita del reddito da lavoro per gli individui la cui probabilità stimata di diventare non occupati supera una determinata soglia. Nello scenario “Ammortizzatori pre-Covid” si considerano gli ammortizzatori previsti dal sistema di welfare prima dell’inizio della pandemia. Nello specifico, i lavoratori nell’industria e nelle imprese con più di cinque dipendenti sono coperti dalla Cassa Integrazione Guadagni (CIG); gli occupati per i quali stimiamo la perdita del lavoro nei settori non coperti dalla CIG e quelli il cui contratto scade durante la prima metà del 2020 beneficiano invece della Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego (NASpI). Infine, nello scenario “Ammortizzatori post-Covid” consideriamo anche alcuni strumenti introdotti dai decreti “Cura Italia” e “Rilancio” per sostenere il reddito dei lavoratori durante la pandemia: i) l’estensione della CIG a tutti i lavoratori che abbiano subito una riduzione delle ore lavorate (a fronte del divieto di licenziamento); ii) il bonus in somma fissa di 600 euro per i lavoratori autonomi per i mesi di marzo e aprile (incrementato a 1000 euro a maggio ma condizionatamente all’aver subito un calo dei ricavi di almeno il 33% rispetto all’anno precedente) e per gli occupati nel settore turistico e agricolo; iii) il bonus di 100 euro per gli occupati nei settori non sospesi e che non hanno potuto avvalersi del lavoro a distanza (i dati RCFL non consentono invece di simulare l’eleggibilità delle famiglie al Reddito di Cittadinanza e al Reddito di Emergenza).

La Tavola 1 mostra che nello scenario base il calo reddituale riguarda soprattutto i lavoratori a termine (meno tutelati dal punto di vista contrattuale) e gli autonomi. Nello scenario che considera solo gli ammortizzatori pre-esistenti alla pandemia la perdita relativa per gli occupati a termine si attenua in misura significativa, principalmente per effetto della disponibilità della NASpI, mentre resta invariata quella stimata per gli occupati indipendenti. Nello scenario che considera anche gli ammortizzatori “straordinari” introdotti durante la pandemia, la variazione del reddito da lavoro è decisamente più contenuta anche per i lavoratori indipendenti grazie all’introduzione del bonus di 600 euro.

Tavola 1: Variazione media del reddito da lavoro mensile netto individuale e familiare nel periodo marzo-maggio 2020, in percentuale del reddito osservato nel quarto trimestre del 2019

Scenario base Ammortizzatori pre-Covid Ammortizzatori post-Covid
Dipendenti con contratto a tempo indeterminato -9 -5 -5
Dipendenti con contratto a tempo determinato -52 -18 -11
Indipendenti -24 -24 -5
Famiglie con almeno un occupato -17 -10 -6

Fonte: elaborazione sui dati relativi al quarto trimestre del 2019 della Rilevazione continua sulle Forze di Lavoro (RCFL).

Note: Si considera il campione di famiglie in cui non vivono pensionati, con persona di riferimento tra i 15 e i 64 anni e in cui vi era almeno un occupato nel quarto trimestre del 2019. All’interno di questo campione, si considerano gli individui tra i 15 e i 64 anni occupati nel quarto trimestre del 2019 e le famiglie con almeno una persona occupata nel quarto trimestre del 2019. La condizione occupazionale del lavoratore fa riferimento a quella rilevata nel quarto trimestre del 2019. La retribuzione media mensile netta nell’ultimo trimestre del 2019 è pari a 1440 euro per i dipendenti con contratto a tempo indeterminato, 1030 per i temporanei; il reddito da lavoro mensile netto imputato per i lavoratori autonomi è di 1370 euro. Il reddito da lavoro mensile netto delle famiglie con almeno una persona occupata nell’ultimo trimestre del 2019 è di 2074 euro. La misura di reddito da lavoro negli scenari “Ammortizzatori pre-Covid” e “Ammortizzatori post-Covid” include gli ammortizzatori sociali oggetto di simulazione (CIG, bonus per il lavoro autonomo, sussidio di disoccupazione NASpI e rimborso di 100 euro per il lavoro in presenza).

La variazione percentuale del reddito nelle nostre simulazioni non è omogenea lungo la distribuzione (Figura 1). Nello scenario base, le famiglie appartenenti al quinto più basso della distribuzione del reddito da lavoro equivalente subiscono una perdita di oltre il 20%, che scende a meno del 15% per i nuclei che si collocano nel quinto più alto. Tale risultato riflette il fatto che i lavoratori appartenenti ai nuclei nei quinti più poveri sono occupati con maggiore probabilità nei settori soggetti alle misure di sospensione attuate in primavera e svolgono in media mansioni che più difficilmente consentono di avvalersi del lavoro a distanza. Tuttavia, gli ammortizzatori sociali esistenti, e soprattutto quelli potenziati durante la pandemia, sono in grado di attutire i cali reddituali specialmente per le famiglie più povere.

Figura 1: Variazione media del reddito da lavoro mensile netto familiare nel periodo marzo-maggio 2020 lungo la distribuzione del reddito da lavoro equivalente, in percentuale rispetto al reddito da lavoro familiare pre-crisi

Fonte: elaborazione sui dati relativi al quarto trimestre del 2019 della Rilevazione continua sulle Forze di Lavoro (RCFL).

Note: Si considera il campione di famiglie in cui non vivono pensionati, con persona di riferimento tra i 15 e i 64 anni e in cui vi era almeno un occupato nel quarto trimestre del 2019. La misura di reddito da lavoro negli scenari “Ammortizzatori pre-Covid” e “Ammortizzatori post-Covid” include gli ammortizzatori sociali oggetto di simulazione (CIG, bonus per il lavoro autonomo, sussidio di disoccupazione NASpI e rimborso di 100 euro per il lavoro in presenza).

Nello scenario che ipotizza l’assenza di ammortizzatori sociali il calo del reddito da lavoro e l’aumento del numero delle persone che vivono in famiglie senza occupati determinano un significativo aumento della disuguaglianza: l’indice di Gini del reddito da lavoro equivalente sale di 4,0 punti percentuali nella prima metà del 2020, dal 34,8% del 2019. L’incremento è superiore a quello registrato durante il periodo della Grande Recessione e della successiva crisi del debito sovrano. Nello scenario che considera anche gli ammortizzatori sociali introdotti con i decreti “Cura Italia” e “Rilancio” l’incremento della disuguaglianza viene attutito in misura maggiore che nello scenario che considera solo gli strumenti in essere prima della pandemia. In particolare, un sostegno rilevante è esercitato dal bonus per i lavoratori autonomi, i quali risultavano sprovvisti di protezione prima dello scoppio della crisi.

Tuttavia, se nel breve termine gli ammortizzatori sociali introdotti per fronteggiare la crisi appaiono in grado di compensare le perdite reddituali, nel medio periodo il rischio di un aumento della disuguaglianza rimane elevato. Questo riflette sia la natura straordinaria, e quindi temporanea, dei nuovi ammortizzatori sia la capacità del mercato del lavoro di riassorbire i lavoratori spiazzati nei settori più colpiti nel medio termine. La crisi ha mostrato i limiti del nostro sistema di sicurezza sociale, caratterizzato da una forte eterogeneità nel grado di protezione delle diverse categorie di lavoratori. Sarebbe opportuno un complessivo ripensamento del sistema di protezione sociale al fine di limitare tale frammentarietà, che richiede nelle fasi di emergenza interventi ad hoc il cui disegno potrebbe rispondere più a logiche di urgenza che di efficienza economica.

*Le idee e le opinioni espresse in questo articolo sono da attribuire esclusivamente alle autrici e non coinvolgono la responsabilità dell’Istituto di appartenenza.

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