Tutti i limiti della nuova flat tax

Andrea Dili si occupa di Flat Tax, cioè del nuovo sistema di imposizione sui redditi delle persone fisiche con partita IVA introdotto dalla legge di bilancio 2019. Dili chiarisce che in realtà si sono creati due regimi fiscali che consentono notevoli risparmi di imposta agli imprenditori e ai professionisti con ricavi sotto i 100.000 euro e richiama l’attenzione sul fatto che questo nuovo sistema rischia di generare pericolosi – e sottovalutati - effetti distorsivi sulla concorrenza, con ricadute sul mercato del lavoro e sulla crescita degli studi professionali.

La legge di bilancio 2019 (legge 30 dicembre 2018, n. 145) ha rivoluzionato il modello di imposizione dei redditi prodotti dalle persone fisiche esercenti attività di impresa, arti e professioni, con il chiaro fine di ridurre significativamente la pressione fiscale su tali contribuenti. L’intervento del legislatore si è concretizzato in una duplice modalità: da un lato, ampliando la platea dei soggetti potenzialmente interessati a utilizzare il regime forfettario, già in vigore dal 2015; dall’altro, introducendo dal 2020 un ulteriore regime agevolato, noto come flat tax.

Ne scaturisce un modello caratterizzato dall’applicazione di aliquote proporzionali secche (del 5% nei primi 5 anni di attività e del 15% a regime il forfettario, del 20% la flat tax) in luogo del tradizionale sistema di aliquote progressive su scaglioni di reddito crescenti che qualifica l’IRPEF.

L’accesso ai due regimi dipende, essenzialmente, dal valore dei ricavi/compensi conseguiti nell’anno d’imposta precedente; in particolare, coloro che hanno realizzato ricavi/compensi non superiori a 65mila euro potranno scegliereil regime forfettario; mentre i contribuenti che hanno conseguito ricavi/compensi tra 65.001 e 100.000 euro potranno optare per l’applicazione della flat tax. Tutti gli altri rientreranno nel regime ordinario IRPEF.

Le modalità di determinazione del reddito imponibile non sono omogenee: se nel forfettario esso viene individuato attraverso l’applicazione di un coefficiente di redditività standard, variabile a seconda della tipologia di attività esercitata, al valore dei ricavi/compensi realizzati, il modello flat tax prevede che il reddito imponibile venga definito secondo le regole ordinarie, ovvero come risultato della sottrazione dei costi/spese sostenuti per l’esercizio dell’attività al montante dei ricavi/compensi realizzati nell’anno.

In altre parole, se il nuovo forfettario consiste in un mero ampliamento del modello introdotto dalla legge di stabilità 2015, realizzato attraverso l’innalzamento delle soglie di ingresso e l’eliminazione di alcuni requisiti di accesso, la flat tax ricorda alcuni regimi semplificati già sperimentati nel recente passato.

La vera novità, tuttavia, attiene alla dimensione della platea dei contribuenti interessati dall’applicazione dei regimi agevolati: se fino al 2018 essi erano riservati esclusivamente a soggetti con attività di piccole dimensioni e privi di struttura organizzativa, dal 2019 saranno accessibili a circa due terzi, e dal 2020 a circa quattro quinti, delle persone fisiche con partita IVA.

L’imposizione sui redditi di imprenditori e professionisti, quindi, viene scissa in tre diversi regimi, il cui accesso è subordinato all’ammontare dei ricavi conseguiti nell’anno precedente e completamente indipendente dall’entità del reddito prodotto nell’anno d’imposta. Tale costruzione determina alcune distorsioni del sistema.

La prima, davvero singolare, ribalta lo stesso principio di progressività: allo stesso tempo, infatti, redditi di lavoro autonomo e di impresa molto elevati potranno scontare, accedendo ai regimi agevolati, imposte più basse rispetto a redditi più alti della medesima natura sottoposti all’ordinaria tassazione IRPEF. La tab. 1– relativa al caso due professionisti che si differenziano per entità del compenso annuo e tipo di regime fiscale applicato –evidenzia tale paradosso: nell’esempio, un professionista iscritto alla gestione separata INPS che soddisfa i requisiti per avvalersi del regime forfettario verserà 2.442 euro di imposte in meno rispetto a un collega che non li possiede, nonostante un reddito imponibile di ben 17.382 euro più elevato.

Tab. 1: Confronto del carico fiscale fra professionisti con diverso regime di tassazione

 

Le medesime considerazioni varranno, a partire dal 2020, per coloro che dovranno applicare, per aver oltrepassato nell’anno precedente i 100.000 euro di ricavi, il regime ordinario in luogo della flat tax.

A ben vedere la possibilità di utilizzare un regime agevolato si traduce in un notevole risparmio di imposta, risparmio talmente rilevante da poter indurre comportamenti atti a mantenere il valore dei ricavi/compensi realizzati al di sotto delle soglie contemplate dalla normativa.

Oltrepassare le soglie di ricavi previste per la fruizione dei regimi agevolati, infatti, causa il rientro nel regime ordinario IRPEF, determinando un forte disincentivo alla produzione di maggiori ricavi, per effetto di aliquote marginali superiori al 100%. Si tratta del cosiddetto “effetto soglia”: l’incremento dei ricavi genera una diminuzione del reddito netto disponibile, rendendo antieconomica la crescita della propria attività (vedi tabelle 2 e 3, relative al passaggio da regime forfettario o flat tax a regime ordinario, rispettivamente).

In altre parole, un artigiano (idraulico, elettricista, ecc.) con ricavi annui di 65mila euro non avrebbe alcuna convenienza a produrne ulteriori 10.000, poiché dovrebbe versare circa 16.000 euro in più tra imposte e contributi previdenziali. Di fatto, per ottenere il medesimo reddito netto disponibile generato, da forfettario, con compensi di 65.000 euro annui, lo stesso contribuente dovrà produrre ricavi di circa 96.000 euro: quasi il 50% in più per ritrovarsi con lo stesso guadagno.

Tab. 2: “Effetto soglia” nel passaggio da regime fiscale forfettario a ordinario

 

Se tale distorsione potrà essere mitigata dall’entrata in vigore della flat tax nel 2020, il medesimo problema si riproporrà per tutti coloro che, oltrepassando il limite dei 100.000 euro, dovranno transitare dal regime flat a quello ordinario. Anche in questo caso, infatti, la barriera dei 100.000 euro rappresenta un limite raramente superabile, poiché la convenienza a realizzare ulteriori ricavi si manifesta soltanto al superamento della soglia dei 127.000 euro.

Tab. 3: “Effetto soglia” nel passaggio da flat tax a regime fiscale ordinario

Va inoltre considerato che la stessa legge di bilancio 2019 amplia ulteriormente il gap tra tassazione agevolata e ordinaria: dopo tre anni di blocco, infatti, a partire dal 2019 le addizionali comunali e regionali IRPEF potranno essere liberamente aumentate dagli enti locali.

Di conseguenza, il disincentivo alla produzione di maggiori ricavi diviene così forte da accrescere il rischio di comportamenti anomali, quali il frazionamento elusivo dei proventi su più soggetti o, nel peggiore dei casi, l’occultamento degli stessi.

Un effetto frammentazione che si rifletterà sul mercato italiano dei servizi professionali, in un contesto in cui la dimensione media degli studi è già inferiore a quella che caratterizza le migliori realtà europee, accresceràil rischio di non soddisfare la domanda di servizi professionali sempre più articolati e complessi. In altre parole, si favorisce la piccola dimensione penalizzando i soggetti più orientati a investimenti e innovazione.

Tutto ciò si verificherà, presumibilmente con ancora maggiore forza, nel settore dell’artigianato e del piccolo commercio, per effetto di un’ulteriore agevolazione connessa all’opzione per il regime forfettario: artigiani e commercianti forfettari, infatti, potranno avvalersi anche di un abbattimento dei contributi previdenziali del 35%.

Nei settori in cui la clientela è rappresentata prevalentemente o diffusamente da consumatori finali, inoltre, occorre considerare un ulteriore favore concesso ai contribuenti forfettari e in flat tax: essi, infatti, rispetto ai colleghi in regime ordinario potranno realizzare il medesimo corrispettivo a un prezzo più basso, per effetto dell’esonero dall’applicazione dell’IVA. Una prestazione di un avvocato o di un commercialista del valore di 100 euro, dunque, costerà al consumatore finale 100 o 122 euro a seconda che il professionista abbia potuto optare per un regime agevolato o meno. È palese, quindi, il rischio di produrre pericolosi effetti distorsivi sulla concorrenza che, in comparti già caratterizzati da un livello di redditi particolarmente bassi, potrebbe manifestarsi in una ulteriore riduzione dei compensi medi.

Va rilevato, infine, che – come sopra specificato – l’accesso ai regimi agevolati è riservato soltanto alle persone fisiche esercenti attività d’impresa, arti o professioni. Il legislatore della legge di bilancio 2019, infatti, ha tracciato una netta linea di demarcazione tra redditi da lavoro dipendente (e pensione) e redditi da lavoro autonomo e impresa.

In estrema sintesi nasce un modello di imposizione “duale” sui redditi da lavoro, modello in cui i dipendenti vengono tassati con le tradizionali aliquote progressive a scaglioni, mentre gli autonomi possono optare per regimi flat molto convenienti. In altre parole, a parità di reddito, il lavoratore autonomo verserà meno imposte del lavoratore dipendente.

Un sistema costruito su una così smaccata disparità di trattamento tra lavoro autonomo e dipendente potrebbe generare effetti sui comportamenti degli attori operanti sul mercato del lavoro: la ricerca del modello fiscalmente più vantaggioso, infatti, potrebbe creare preoccupanti distorsioni, a cominciare dalla sostituzione del lavoro dipendente con lavoro autonomo “mascherato”, alimentando la crescita delle false partite IVA, un rischio molto elevato in comparti dove prevale il lavoro di natura intellettuale, come quello dei servizi. Le simulazioni presentate nelle seguenti tabelle misurano la portata di tale rischio evidenziando:

  • nella tabella 4, a parità di reddito netto del lavoratore, l’incentivo per il datore di lavoro a sostituire un dipendente con un autonomo;
  • nella tabella 5, a parità di costo del lavoro, la convenienza per il lavoratore ad assumere la forma autonoma rispetto a quella subordinata.

Tab. 4: Variazione del costo del lavoro tra dipendente e autonomo, a parità di reddito netto

Tab. 5: Variazione del reddito netto di dipendente e autonomo, a parità di costo del lavoro

I risultati esposti nella simulazione sono molto significativi: il nuovo regime forfettario produce un robusto incentivo alla sostituzione di lavoro subordinato con lavoro autonomo sia per il datore di lavoro (che nell’ipotesi di un reddito lordo di 35.000 euro godrebbe – a parità di reddito netto del lavoratore – di un risparmio sul costo del lavoro di oltre 12.000 euro) che per il lavoratore (che nella medesima ipotesi – a parità di costo del lavoro – otterrebbe un incremento del proprio reddito netto di quasi 9.000 euro).

Lo stesso legislatore, peraltro, sembra consapevole di tale rischio: lo dimostra l’inserimento di una norma, nell’articolato della legge di bilancio, che vieta l’utilizzo di forfettario e flat tax a chi esercita la propria attività prevalentemente nei confronti di soggetti con cui erano intercorsi rapporti di lavoro nei due anni precedenti. Tale norma potrà limitare le trasformazioni dei rapporti di lavoro esistenti, ma non potrà risultare efficace in un sistema che induce fortemente all’attivazione di nuovi rapporti di lavoro in forma autonoma.

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