Sulla crisi dei partiti (parte seconda)

Questo numero del Menabò si apre con l’articolo di Gilberto Seravalli e Alberto Schena che completano la loro riflessione, avviata sul Menabò del 17 novembre 2014, sulla crisi dei partiti nel corso della quale confrontano la posizione di Adriano Olivetti con quella di Fabrizio Barca sostenendo che esse presentano sorprendenti punti di contatto. In particolare, ad accomunarle sarebbe sia l’enfasi posta sulla partecipazione dal basso sia, e soprattutto, la richiesta ai politici di una moralità che non si esaurisce nell'onestà e nella competenza.

5. La questione morale in Adriano Olivetti: giustificazione

La democrazia, per Adriano Olivetti, non garantisce dalla barbarie in ogni caso, ma solo se la politica agisce obbligandosi a cercare la verità sapendo non poterla mai raggiungere.

Consideriamo la pagina finale de “L’Ordine Politico delle Comunità”. In questo importante e meditato scritto Olivetti indica la necessaria «perfezione» della struttura politico-istituzionale da lui proposta, possibile dopo aver appreso dagli orrori del passato, indica che tale perfezione richiede «un’anima illuminata da una legge superiore», evoca infine significativamente la prospettiva escatologica, quando si compirà la «fine [e…] saranno ridotti al nulla ogni principato, ogni podestà e ogni potenza». Il libro che costituisce l’opera più importante di Olivetti si chiude pertanto con una frase di San Paolo sulla fine dei tempi (I Corinti, 15, 24). Forse Olivetti aveva in mente proprio la tematica del “Katechon”, cioè del necessario compimento dei regni di questo mondo come condizione per il ritorno del Messia e per l’avvento del Regno. Del resto non si vede perché avrebbe introdotto una citazione come quella della lettera ai Corinti se essa non avesse un preciso significato in un testo cui teneva moltissimo, che l’aveva impegnato per anni prima della pubblicazione e lo impegnerà ancora negli anni a venire.

Possiamo sostenere ragionevolmente che Olivetti non predicava affatto un vago evangelismo e neppure intendeva avvalersi dell’armamentario morale dell’etica cristiana in modo strumentale, ma aveva una visione ben più profonda della complessità e delle contraddizioni che il suo disegno politico doveva affrontare. Libertà e democrazia non garantiscono verità, anche se ne sono le premesse indispensabili, per le quali vale la pena lanciare un progetto come quello dell’Ordine politico. È ben vero che auctoritas non veritas facit legem, ma in questo progetto i politici, credenti e non credenti, dovrebbero cercare sempre la verità. Ricerca, dunque, e apertura alla verità, sapendo però non poter mai raggiungerla così da non poter mai assolvere sé stessi né condannare e opprimere gli altri.

Questa, sembra dire Olivetti, è la condizione affinché la democrazia si tenga realmente lontana dalla barbarie. Ed è questa prospettiva che suggerisce una possibile interpretazione della frase, considerata molto spesso criptica e non espunta nei commenti solo perché essa chiude, per così dire solennemente, la prefazione dell’Ordine Politico delle Comunità: «In mezzo, tra il “non giudicate” del Vangelo e l’amore della verità, vive la Libertà». Essa può essere interpretata proprio come quella in cui è definito il contenuto del codice morale «superiore» che dovrebbe essere osservato dai politici: la libertà democratica a presidio contro la barbarie sta «nel mezzo» tra la ricerca della verità, e il «non giudicate», ossia la coscienza di non poterla possedere. Ne segue l’obbligo per i politici di evitare i comportamenti altezzosi, sprezzanti e talora violenti che spesso caratterizzano chi detiene il potere, e che sono stati e sono ancora l’anticamera della barbarie. Si potrebbe insomma dire che questa norma impone ai politici altamente istruiti e competenti del sistema Olivettiano di non essere arroganti, oltre che di fare onestamente il proprio dovere, non rubare e non farsi corrompere.

Si può notare, in aggiunta, che la frase riportata dovrebbe essere letta assieme a un’altra, la quale chiude la sua caratterizzazione della libertà: «Libertà, infine, è un atteggiamento dello spirito che intuisce e accoglie sino in fondo ogni imprevedibile umana esigenza». Si potrebbe così anche avanzare l’ipotesi, in fondo non troppo ardita, secondo cui la convergenza tra Barca e Olivetti potrebbe essere ancora più profonda, interpretando questa breve frase come una sua intuizione circa la stessa incertezza ontologica. Adriano Olivetti, mentre affermava l’esistenza di un sapere capace di innovazione mediante la ricerca e l’elaborazione culturale, alla fine intuiva anche – pur contraddittoriamente – che esso non poteva bastare di fronte a «ogni imprevedibile umana esigenza». A maggior ragione, perciò, il suo richiamo al «superiore codice morale», non era vago evangelismo, ma si potrebbe dire perfino richiamo strettamente funzionale alla gestione attiva della complessità, quasi ad anticipare lo sperimentalismo democratico; ed era un richiamo in tal modo ancor più rivolto anche ai non credenti

6. La questione morale in Fabrizio Barca

La norma anti-arroganza di Olivetti appare ricompresa nello statuto stesso dello sperimentalismo di Fabrizio Barca, il quale muove dal presupposto che non esista un adeguato sapere a priori, se non forse metodologico. Eppure, per quanto nei documenti di Barca siano del tutto assenti le citazioni evangeliche, non mancano i temi etici ripresi dalla “questione morale” di Enrico Berlinguer. Inoltre, la separazione richiesta tra attività di partito e carriere nella pubblica amministrazione o negli organi di rappresentanza richiama una certa vocazione “missionaria”, un disinteresse e una dedizione che difficilmente si conciliano con l’immagine comune del funzionario di partito (che peraltro è ben degno, come del resto anche gli operai in vinea domini, della sua mercede). E per quanto riguarda il partito nuovo, va da sé che non ci si può entrare per curare i propri interessi o per fare carriera.

Oltre Barca non dice circa le modalità di “probazione” degli aspiranti, mentre Olivetti può contare sulle procedure di ammissione all’Istituto Politico Fondamentale. Quale è dunque la norma morale particolare che per Barca deve essere osservata dai politici dello sperimentalismo? Non è quella di Olivetti, ma si potrebbe ottenere applicando la stessa logica. Nel sistema Olivettiano la risorsa fondamentale è il sapere, e la norma anti arroganza svolge la funzione di alimentarlo continuamente mai considerandolo compiuto.

Nel sistema di Barca la risorsa fondamentale è il dubbio informato e quindi la norma potrebbe essere non mentire. Non mentire, anche se mentendo si potrebbe chiudere presto la discussione, far credere di aver ottenuto successi inesistenti; anche se il dubbio prolungato è fastidioso, se impone di ascoltare a lungo e inutilmente (almeno in apparenza), se mette perfino a repentaglio la propria autorevolezza. I politici dello sperimentalismo, insomma, dovrebbero seguire sant’Agostino che escludeva ogni forma di menzogna, anche quella “dei reggitori”, per quanto una lunga tradizione – in cui si inscrive Machiavelli – abbia assolto chi mente per il bene comune avendo responsabilità di governo. In effetti, sembra proprio alludere a questa norma Fabrizio Barca quando in un sia pur breve passo indica quale potrebbe essere una motivazione per il lavoro politico che lui propone. Questa motivazione, legata all’idea di partito palestra, conta sul fatto che lo sperimentalismo nel partito permetterà l’apprendimento di sapere raro, molto richiesto anche nelle organizzazioni private, che – se sono avanzate – stanno anch’esse oggi approdando concretamente allo sperimentalismo come il più efficace principio organizzativo per innovare e apprendere in fretta. Ma per avere questo apprendimento non si potrà mentire. Non si potrà falsare il racconto delle esperienze vantando risultati (e meriti) inesistenti, nascondendo difficoltà ed errori. Si mentirebbe prima di tutto a se stessi. Ma questo non mentire a se stessi per non mentire agli altri, come direbbe Robert Trivers (2011), implica dura personale applicazione: difficile credere che possa venire della forza di persuasione di una proposta per quanto ben scritta e meditata. Molto attraente resta sempre inventare qualcosa che a tutti vada bene e finire per crederci.

7. Conclusioni

In conclusione, le proposte di Adriano Olivetti e di Fabrizio Barca, con le loro differenze e sorprendenti somiglianze, sembrano suggerire l’idea che la salvezza della democrazia può passare da diverse strade, ma che tutte poi si incontrano nel crocicchio della richiesta “speciale” moralità dei politici. I politici, come gli altri cittadini, devono fare onestamente il proprio lavoro, e ovviamente non devono rubare e non devono farsi corrompere. Ma questo non basta. Devono evitare due tentazioni tipiche del potere: l’arroganza quando sanno e possono, la menzogna quando sanno e possono effettivamente meno. E con questo si coglie la carica utopica di tali proposte, se si considera che la contemporaneità, per Hannah Arendt (1968) ad esempio, è caratterizzata da una politica che si è convinta della fabbricabilità della verità (Sorrentino 2011, pp. 172 segg.) per cui è sistematicamente sia mentitrice che arrogante.

Riferimenti

Arendt, H. (1968), Truth in Politics, in “Between Past and Future: Eight Exercises in Political Thought”, Viking Press, pp. 227 – 264, New York.

Barca, F. (2013), Un partito nuovo per un buon governo – Memoria politica dopo 16 mesi di governo, http://www.fabriziobarca.it/viaggioinitalia.

Bohman, J. (2013), Democratic Experimentalism. From Self Legislation to Self Determination, “Social Philosophy Today”, 29, pp. 7-20.

Olivetti, A. (1946), L’ordine politico delle Comunità, Edizioni di Comunità, Torino.

Olivetti, A. [1949] (2013), Democrazia senza partiti, Comunità Editrice, Roma/Ivrea.

Peterson, E [1937] (1955), I testimoni della verità, Vita e Pensiero, Milano.

Peterson, E. [1933] (1946 e 2013), Il mistero degli Ebrei e dei Gentili nella Chiesa, Edizione Mimesis, Roma.

Ristuccia, S. (2009), Costruire le istituzioni della democrazia – La lezione di Adriano Olivetti, politico e teorico della politica, Saggi Marsilio, Venezia.

Sabel, C. (2012), Dewey, Democracy, and Democratic Experimentalism, “Contemporary Pragmatism”, 9, 2, pp. 35–55.

Sorrentino, V. (2011), Il potere invisibile. Il segreto e la menzogna nella politica contemporanea, Edizioni Dedalo, Bari.

Trivers, R. (2011), The Folly of Fools: The Logic of Deceit and Self-Deception in Human Life, Basic Books, New York.

Weil, S. [1943] (1950), Note sur la suppression générale des partis politiques, “Table Ronde”, 26, pp. 9-28.

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