South Park, i tassisti e le soluzioni che non c’erano. Riflessioni sulle prospettive del settore taxi nell’era delle app

Feliciano Iudicone, partendo dagli spunti irriverenti di una nota serie animata statunitense, riflette sulle dinamiche che si sono generate nel settore dei taxi in seguito all’avvento delle piattaforme digitali. Iudicone illustra le differenze tra modelli diversi di impresa in apparenza simili (appTaxi, Uber e Free Now) e propone alcune possibili soluzioni, tecnologiche e non, che sono in grado di migliorare la qualità e l’accessibilità del servizio taxi senza agevolare forme di concorrenza al ribasso.

Nel lontano ottobre 2014 la serie animata South Park lanciava un episodio sul tema dell’economia delle piattaforme. L’episodio narrava la nascita e la rapida ascesa di una app per il trasporto urbano ecologica, facilmente utilizzabile via smartphone, e, per di più, promossa da un ragazzo con disabilità per finalità sociali. Con una delle iperboli tipiche della serie il ragazzo finiva col finanziare l’organizzazione di un campo estivo per disabili con la modica cifra di 2 miliardi di dollari.

Specularmente al successo tra i cittadini, l’app sollevava timori tra gli antagonisti, sorpresi da un concorrente tanto capace quanto inaspettato. Nello stile dissacrante e poco politicamente corretto della serie, si susseguono tentativi violenti e infruttuosi di sabotaggio orchestrati dal locale rivenditore di auto, del celebre cofondatore e amministratore della Tesla Elon Musk, nonché da un’accolita di tassisti sporchi e rancorosi.

A vincere, nel finale dell’episodio, sarà il pretendente più in alto nella catena del valore, con l’acquisizione dell’app dalla Tesla, quasi a profetizzare la “normalizzazione” del modello dell’economia collaborativa in quello individualista e capitalista che intendeva sfidare.

Tuttavia l’esito nella realtà potrebbe risultare differente, specie se app dal potenziale innovativo fossero promosse non da uno “start-upper”, comprensibilmente allettato dalle generose proposte di temibili concorrenti, ma da una cooperativa di utenti o di fornitori del servizio stesso.

Il progetto Seeding, finanziato dalla Commissione Europea, ha di recente posto i riflettori proprio su queste realtà, proponendo un set di 21 casi studio di cooperative e imprese sociali “digitali” di successo, tra cui la piattaforma cooperativa spagnola di car sharing Som Mobilitat e l’italiana app Taxi.

Pensata come un’app per la prenotazione di taxi online, quest’ultima nasce nel 2012 da un gruppo di cooperative di tassisti e presenta caratteristiche solo all’apparenza simili a quelle delle blasonate Uber e Free Now (in precedenza nota come My Taxi).

In primo luogo l’app collega i passeggeri con tassisti aventi regolare licenza, senza insinuarsi tra le maglie larghe della normativa sugli NCC come fa Uber Black né ricorrere ad “hobbisti” del taxi, come faceva l’app Uber Pop, bannata in Italia a seguito dei ricorsi presentati dalle associazioni dei tassisti.

Inoltre, in osservanza delle norme esistenti, l’app determina il prezzo della corsa sulla base dei tariffari definiti dalle amministrazioni locali, senza sfruttare quindi le fluttuazioni di mercato che scaricano sui passeggeri delle ore di punta il prezzo dei servizi forniti sotto costo nelle ore di minor richiesta.

L’algoritmo dell’app prevede comunque il costo della corsa in diverse condizioni di traffico, salvaguardando il passeggero da indesiderate sorprese sul prezzo.

Infine, l’app non adotta sistemi di rating che penalizzano o premiano i tassisti sulla base della loro disponibilità, rimanendo estranea all’organizzazione dei turni. In realtà gli utenti vengono collegati direttamente con le cooperative di radio taxi, che procedono poi a smistare la richiesta al tassista in servizio più vicino. Quest’ultimo rimane quindi soggetto alle turnazioni previste a livello locale e alle relative forme di flessibilità, ad esempio la possibilità di sospendere temporaneamente l’attività in circostanze particolari, come per esigenze di cura familiari, senza rischiare di rimanere senza lavoro sulla base di classifiche di gradimento che riecheggiano logiche da televoto. Al contempo, l’app facilita la segnalazione di disservizi, permettendo una verifica concreta di possibili condotte scorrette.

In qualità di soci, i tassisti delle cooperative affiliate ne sono titolari a tutti gli effetti, partecipando al capitale sociale e, tramite l’assemblea, all’attività decisionale e di elezione degli amministratori. Come corollario, è il codice civile stesso a vietare l’esercizio da parte del socio di imprese in competizione con essa. Va qui ricordato che, a differenza di una impresa for profit, la cooperativa ha finalità “mutualistiche”, ad esempio ridurre i costi di un servizio di radio taxi calmierandone il prezzo per i tassisti o redistribuendo gli utili ex post sulla base delle corse effettuate e non della quota di capitale detenuta da ciascun tassista. Oltre a generare un conflitto di interesse, la partecipazione dei soci in attività concorrenti ridurrebbe quindi nel tempo la capacità della cooperativa di generare risorse per la sua sussistenza e per i soci stessi.

Simili clausole di non concorrenza, imposte altresì dagli statuti delle cooperative di radio taxi, sono finite negli ultimi anni al centro di una controversia tra Free Now e i radio taxi romani e milanesi.

La piattaforma Free Now opera con tassisti aventi regolare licenza e presenta caratteristiche simili a quelle di appTaxi, se non per l’assenza di una struttura cooperativa (la società è proprietà delle case automobilistiche BMW e Daimler AG) e per la presenza di un sistema di ranking che riserva alcune corse ai tassisti più attivi.

Il contenzioso, avviato nel 2016 presso l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) e sfociato dopo alterne vicende in due recenti sentenze del Consiglio di Stato, ha sancito la vittoria di Free Now e della lettura proposta dall’AGCM con due argomentazioni chiave:

  • le attività concorrenziali vietate dalla legge si limiterebbero nel caso specifico alla costituzione da parte del tassista di una sua centrale di radio taxi;
  • l’impossibilità per il tassista socio di utilizzare servizi forniti da terzi costituirebbe invece una restrizione illegittima della concorrenza, in quanto sproporzionata rispetto all’obiettivo legittimo di garantire il buon funzionamento della cooperativa.

In realtà, la giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea citata non appare risolutiva sul punto, ammettendo clausole di non concorrenza meno stringenti. Inoltre, le sentenze del Consiglio di Stato sembrano sottovalutare un aspetto valorizzato invece in primo grado, ovvero il fatto che i radio taxi (così come le app di taxi) vendono i loro servizi tanto ai tassisti quanto ai passeggeri, e quindi il tassista che offre le sue corse sia alla cooperativa di cui è socio che a un fornitore terzo opererebbe precisamente su uno dei due mercati di riferimento della sua cooperativa.

D’altronde non è la prima volta che le autorità indipendenti cercano di scardinare le resistenze dei tassisti ad una riforma del settore inclinando il campo da gioco. L’AGCM chiede da tempo l’eliminazione dell’obbligo per gli NCC di rientrare in rimessa dopo le corse, di fatto equiparando il servizio a quello dei taxi, nonostante i primi non abbiano l’onere di garantire un servizio pubblico e siano quindi soggetti a costi inferiori. L’Autorità di Regolazione dei Trasporti, invece, nel maggio 2015, si era spinta oltre, chiedendo di introdurre una disciplina specifica per le piattaforme digitali di intermediazione del trasporto urbano. Senza alcun ragionevole motivo, queste ultime avrebbero ottenuto la facoltà di operare con lavoratori autonomi occasionali in possesso di alcuni blandi requisiti (tra cui l’idoneità psico fisica, un’età minima di 21 anni e il possesso di una macchina immatricolata da non più di sette anni) ma sprovvisti di licenza. La tutela del mercato si trasformerebbe, insomma, nella legittimazione di forme di concorrenza sleale, il cui finale, a chiusura del cerchio, rischia di essere la creazione di nuovi oligopoli o monopoli dominati dagli operatori equipaggiati con maggiori risorse finanziarie.

Salvaguardare l’opzione cooperativa e la sua natura, invece, pur accettando la molteplicità degli attori in gioco, potrebbe portare a un finale diverso da quello immaginato dai creatori di South Park.

Ovviamente mantenere lo status quo non basta a garantire condizioni eque e qualità del servizio.

L’assetto attuale non è infatti scevro di limiti e contraddizioni. L’accessibilità che il sistema di regolamentazione a livello locale dovrebbe consentire, incluso tramite il sistema di turni, tariffe e licenze, può lasciare il passo ad un servizio che mantiene costi elevati e presenta deficit nelle fasce orarie ad elevata richiesta. Inoltre, anche alla luce dell’adesione di molti tassisti a Free Now e di alcune controversie emerse, è lecito chiedersi quanto il rapporto tra i tassisti e le cooperative di radio taxi abbia mantenuto un carattere genuino, e siano quindi i primi a controllare e orientare l’attività delle seconde, e non viceversa. Si consideri, a tal proposito, che è la struttura dei radio taxi a detenere, talvolta in posizione di monopolio, la gestione delle chiamate, quando non ad adottare ulteriori forme di controllo sulla condotta dei tassisti che stridono con la natura di “cooperativa di servizi” in genere adottata e con la conseguente natura commerciale del rapporto tra socio e cooperativa.

Tuttavia, se l’essenza di tali problemi risiede nel rapporto tra tassisti e cooperative da un lato, e, dall’altro, nel peso specifico assegnato alle esigenze dei clienti, è forse opportuno migliorare l’esistente, senza voler “accerchiare” i tassisti con forme di concorrenza sleale.

Tante sarebbero le proposte da cui ripartire. In primis, l’annosa questione delle licenze, per le quali, a fianco di un adeguato indennizzo per gli attuali titolari, potrebbe ipotizzarsi il divieto di trasferimento in futuro, evitando così che l’accesso alla professione resti, essenzialmente, una questione di parentela o di disponibilità finanziarie. Sulla scorta delle esperienze di alcuni Comuni, poi, si potrebbe favorire l’accessibilità del servizio tramite regolamenti, convenzioni o buoni taxi che riducano il prezzo delle corse per categorie particolari e, perché no, per i possessori di abbonamenti al trasporto pubblico.

Inoltre, a partire dalle norme già esistenti, andrebbe rafforzata la capacità delle associazioni di cittadini e consumatori di influenzare decisioni e monitoraggio del servizio tramite commissioni locali.

Le nuove tecnologie, invece, possono offrire una serie di strumenti per migliorare il servizio (dall’opzione di condivisione delle corse, alla prenotazione e pagamento via app), per contrastare l’evasione fiscale, grazie alla tracciabilità dei pagamenti, e per produrre conoscenza sulla mobilità urbana da parte dei decisori politici, ad esempio fornendo dati su corse realizzate e inevase ai fini della programmazione dei turni e del rilascio delle licenze.

Si tratta, chiaramente, di soluzioni non delegabili a meri meccanismi concorrenziali ma legate all’uso e al controllo che sapremo fare come collettività delle nuove tecnologie.

Schede e storico autori