Seriale, diffusiva e talora gestita dalla mafia: le caratteristiche perverse della corruzione

Piercamillo Davigo con l’aiuto di alcuni illuminanti esempi tratti dalla sua esperienza di magistrato, sostiene che la corruzione ha tre principali caratteristiche perverse. Anzitutto è un fenomeno seriale, vi è, cioè, una forte tendenza di chi commette questi illeciti a replicarli. In secondo luogo, essa è diffusiva, tende, cioè, a attrarre nella propria orbita un numero sempre crescente di soggetti. Infine, spesso si instaura un pericolosissimo legame tra corrotti e corruttori, da un lato, e crimine organizzato, dall’altro.

La corruzione (intendendo il termine in senso comprensivo della concussione, del traffico di influenza e del finanziamento illecito di partiti ed esponenti politici) presenta due caratteristiche fondamentali: è seriale e diffusiva. Seriale significa che coloro che sono dediti a questi illeciti tendono a commetterli ogni volta che ne hanno occasione con ragionevole certezza di impunità. Diffusiva significa che corrotti e corruttori, al fine di assicurare il miglior funzionamento dei patti illeciti, l’ottenimento dei risultati perseguiti ed evitare di essere scoperti, tendono a coinvolgere altre persone, fino a che sono gli onesti ad essere esclusi dagli ambienti prevalentemente corrotti.

Un indagato, nel 1992 riferiva in ordine ad un ente di livello nazionale:

«A proposito di questo ultimo, posso dire che da molti anni presso XXXX funziona un cartello di circa 200 imprese, che si riuniscono periodicamente, vedono il ruolino delle opere che sono andate o devono andare in consiglio di amministrazione … e decidono come deve essere attuato il giro di chi vince … la scelta avviene tramite un sorteggio, nel senso che si scrivono i nomi delle imprese su bigliettini e poi si estrae a sorte … attraverso il sorteggio, si decide cioè che il primo gruppo di imprese si aggiudica il primo appalto, il secondo gruppo di imprese si aggiudica il secondo appalto, il terzo gruppo il terzo appalto e così via. Vengono nominati dei coordinatori delle imprese, che hanno il compito, quando la gara viene successivamente bandita, di chiamare le altre imprese … per sollecitarle a «ringraziare» (e cioè a rinunciare alla gara che non devono vincere) ovvero per comunicare loro l’entità del ribasso che devono indicare nella loro offerta in modo da non vincere: tutto ciò passa ovviamente attraverso la comunicazione del valore della scheda segreta …

All’XXXX si paga praticamente chiunque, voglio dire anche a livello di commessi. Più in particolare, per il discorso che qui interessa, … si paga sia la struttura dell’ente … sia il sistema dei partiti. I partiti ricevono a livello di segretari nazionali amministrativi, e cioè percettori sono i segretari nazionali dei partiti di maggioranza e dei più grossi partiti dell’ opposizione (…) il flusso di cui ho parlato è standardizzato da almeno 20 anni» [1. Cfr. Davigo P. – Mannozzi G., La corruzione in Italia. Percezione sociale e controllo penale, Laterza 2007, p. 265- 266.].

I delitti di corruzione presentano una cifra nera elevata, come è desumibile dalla differenza fra i delitti che risultano dalle statistiche giudiziarie italiane (più bassi rispetto ad esempio alla Finlandia, uno dei Paesi ritenuti meno corrotti al mondo) e gli indici di percezione della corruzione elaborati da Transparency International, i quali collocano l’Italia, nella classifica della corruzione, dietro molti Paesi africani ed asiatici.

Si definisce cifra nera la differenza fra il numero di reati commessi e quelli risultanti dalle statistiche giudiziarie.

Ciò dipende dalla scarsa propensione alla denuncia da parte delle vittime, che normalmente ignorano di essere tali. Infatti la corruzione è un reato a vittima diffusa, inoltre non vi sono di regola testimoni.

Poiché la criminalità sommersa sembra essere più elevata nelle aree del centro-sud del Paese si può ipotizzare che la presenza massiccia della criminalità organizzata e della sottocultura che ne costituisce la matrice ideologica, ostacoli l’emersione della criminalità legata al malaffare politico-amministrativo.

In ordine al legame tra corruzione e crimine organizzato è opportuno ricordare che il mercato della corruzione è un mercato illegale nell’ambito del quale non è possibile ottenere il rispetto delle regole ad esso relative e dei patti intervenuti ricorrendo a forme di tutela legale. Pertanto la «tutela» è affidata alla pressione del mercato illegale stesso (esclusione di un’impresa che non abbia versato una tangente promessa da successivi appalti relativi a forniture di beni o servizi, esclusione del pubblico funzionario che non tenga il comportamento per il quale aveva ricevuto denaro da futuri versamenti e talora dallo stesso ufficio ricoperto, mediante trasferimento o non ricandidatura alle elezioni).

Tali meccanismi sono efficaci solo se, come ha scritto A. Vannucci [2. Cfr. Vannucci A., La «legge» della tangente. Strategie per combattere la corruzione italiana, in «Etica degli Affari e delle professioni», 1995, p. 26],  tutti gli attori del mercato illegale lo percepiscono come stabile nel tempo e soddisfacente nel suo funzionamento.

Quando un mercato illegale è gestito dal crimine organizzato, il rispetto delle relative regole è assicurato dalla forza di intimidazione che promana dalle organizzazioni criminali [3. G. Turone, sostiene che la forza di intimidazione «fa parte del patrimonio aziendale dell’associazione di tipo mafioso, così come l’avviamento commerciale fa parte dell’azienda». Cfr. Turone G., Il delitto di associazione mafiosa, Giuffrè, Milano 1995, p. 107] e – ove questa non basti – dall’uso della forza.
Nella relazione sulle risultanze dell’indagine del Gruppo di lavoro della commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno della mafia istituito con la legge n. 94 del 1988, si legge:

(…) i gruppi mafiosi «tallonano» il potere politico e talvolta uomini di partito non riescono a sottrarsi alla tentazione di acquisire «pacchetti» di consensi elettorali che a loro vengono offerti; forti interessi sono presenti nel settore degli appalti pubblici, con un conseguente intreccio così stretto fra cattiva gestione amministrativa, rapporti con personaggi della delinquenza, minacce e violenze (…). La proliferazione delle cosche ed una loro conflittualità interna riconducono alla esigenza della delinquenza organizzata di gestire il territorio non soltanto tramite antiche pratiche di ordinario costume mafioso, o con la consumazione di reati di natura tradizionale come l’estorsione, i sequestri, bensì anche con rapporti di nuovo genere con le amministrazioni comunali e complessivamente con i pubblici poteri. (…) L’ente locale nel Mezzogiorno è oggi un importante erogatore di spesa, più che di servizi; tale circostanza non è sfuggita a questa criminalità che, direttamente o con mediazioni di vario genere, tenta di orientare l’attività comunale per conquistare più ampi spazi economici e di potere.

Ove è presente, la criminalità organizzata finisce per gestire il mercato della corruzione. R. Goldstock, in particolare, indica che il sistema della corruzione «moderna» – quello delle tangenti, degli appalti e dei «cartelli» di imprese, per intenderci – è autonomo e antecedente all’avvento di Cosa Nostra nella società americana e che Cosa Nostra si è impadronita solo successivamente di tale mercato [4. Cfr. Goldstok R. et al., Corruption and Racketeering in the Construction Industry, New York University Press, 1990].

Alla sinergia tra criminalità mafiosa e criminalità dei pubblici funzionari si alludeva già nei risultati delle Commissioni parlamentari di inchiesta, proposte a più riprese sin dalla fine degli anni ’50, proprio perché si sospettava un intreccio significativo tra mafia e appalti pubblici. Osserva Savona:

“L’edilizia è sempre stata un settore di investimento privilegiato della criminalità organizzata italiana. Dal momento che non richiede tecnologie avanzate o un elevato grado di expertise, può essere utilizzata per attività di riciclaggio (…) e permette di controllare il territorio attraverso l’offerta di lavoro e la canalizzazione del consenso politico. Esiste infatti una connessione tra organizzazioni criminali, potere politico, amministrazione pubblica e diversi settori dell’economia tale da determinare una convergenza di interessi tra i soggetti operanti nel campo degli appalti pubblici: il politico fornisce lavoro all’imprenditore in cambio di una tangente, l’imprenditore paga tangenti al politico e fornisce denaro e lavoro al mafioso; il mafioso prende denaro dall’imprenditore, assicurando, in cambio, la pace sociale e il controllo sulla forza lavoro, e garantisce supporto elettorale al politico” [5. Cfr. Savona E.U., Criminalità organizzata, «Enciclopedia del Novecento», Istituto dell’enciclopedia italiana, 1998, vol. X, p. 426].

Va però ricordato che – come ritiene anche A. Vannucci [6. Cfr. Vannucci A., Il mercato della corruzione. I meccanismi dello scambio occulto in Italia, Società aperta, 1997, pp. 178 sg] – «quella mafiosa e quella della corruzione sono ‘industrie’ che si occupano di beni distinti: protezione privata, in un caso, diritti di proprietà su rendite politiche, nell’altro. D’altra parte, generalmente i servizi forniti da ciascuna delle due ‘industrie’ sono utili per l’attività dell’altra, oppure vengono consumati da imprenditori, faccendieri, mafiosi, politici. Gli accordi di corruzione e gli scambi politici ed elettorali sono rinsaldati dalla tutela mafiosa, che garantisce nel contempo l’omertà: significativamente le confessioni incrociate di corrotti e corruttori, che hanno dato all’inchiesta ‘mani Pulite’ una grande forza propulsiva nel resto d’Italia, hanno segnato il passo nelle aree a più alta densità mafiosa».

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