Sempre più eredità: la ricchezza e le imposte di successione

Teresa Barbieri ricorda che in molti paesi la ricchezza ereditata costituisce una quota crescente della ricchezza totale e esamina l’orientamento dei paesi occidentali rispetto all’imposta di successione. Al riguardo utilizza l’ultimo rapporto di Ernst & Young: “Worldwide Estate and Inheritance Tax Guide 2014” e rileva una tendenza generale verso la riduzione, se non l’abolizione, dell’imposta di successione con ovvie implicazioni per la trasmissione tra generazioni delle disuguaglianze nella ricchezza e nei redditi

“L’eredità avrà di nuovo un ruolo importante nel XXI secolo, paragonabile a quello che ha avuto nel passato”: è quanto presagisce Thomas Piketty nel suo libro “Il capitale nel XXI secolo”. Sebbene sia consapevole che la società europea è ben lontana dal modello ottocentesco – narrato da Balzac e da Jane Austen in pagine che egli riprende – Piketty ci mette in guardia: la ricchezza passata in eredità sta riacquistando importanza e lo farà con sempre maggiore forza nel prossimo futuro, tornando ai livelli del diciannovesimo secolo.

Una conferma di questo timore, rispetto al nostro paese, viene da uno studio di Giovanni D’Alessio (in Questioni di Economia e Finanza, Banca d’Italia, Febbraio 2012) dal quale risulta che, a partire dagli anni Novanta, in Italia è in tendenziale crescita la quota di ricchezza ereditata sulla ricchezza totale; essendo estremamente concentrati nelle mani di pochi questi trasferimenti di ricchezza sono fonte di disuguaglianza.

In questo quadro di alta e tendenzialmente crescente disuguaglianza nella distribuzione della ricchezza, l’orientamento degli ultimi decenni dei paesi occidentali sembra stranamente convergere verso la riduzione, se non l’abolizione, dell’imposta di successione, che potrebbe contribuire a contrastare la concentrazione della ricchezza (si veda Graziella Bertocchi, in  IZA Discussion Paper 2578, 2007).

Per la generazione dei baby boom è arrivato il momento di trasferire la ricchezza, spesso ingente,  accumulata nel corso della vita ai figli e, forse anche per questo, cresce la pressione politica verso la riduzione dell’imposta di successione. Basti guardare alla travagliata storia che l’imposta di successione ha vissuto in Italia nell’ultimo decennio: è stata ridotta nel 2000 dal Governo Amato, abolita nel 2001 dal Governo Berlusconi e reintrodotta nel 2006 dal Governo Prodi, a livelli comunque inferiori ai precedenti. Lo scorso autunno gli animi si sono riscaldati quando il Governo Renzi ha paventato la possibilità di abbassare la soglia di esenzione e di innalzare le aliquote.  Il desiderio di una parte della società, soprattutto quella che concentra nelle proprie mani quote rilevanti di ricchezza, di trasmettere pressoché interamente ai propri eredi “il frutto degli sforzi di tutta una vita”, fa sì che gli scontri politici sull’imposta di successione siano all’ordine del giorno non solo in Italia. Nel Regno Unito, difatti, l’abolizione della tassa di successione è stato uno dei cavalli di battaglia della campagna elettorale che il partito conservatore ha portato avanti in questi mesi e di cui sono attesi, a breve, i frutti in termini di risultati elettorali. Quello dell’imposta di successione è un tema caldo anche in Francia: la volontà di alleggerire le imposte su donazioni ed eredità è stato uno dei tratti distintivi della Presidenza  di Sarkozy, mentre l’attuale governo sembra voler perseguire  l’obiettivo opposto.

In questo contesto appare interessante esaminare brevemente quale trattamento fiscale è  attualmente previsto in vari paesi, europei e extra-europei,  per le eredità e le donazioni. Utile, a questo riguardo, è l’ultimo rapporto di Ernst & Young: “Worldwide Estate and Inheritance Tax Guide 2014”. Le principali informazioni contenute in questo Rapporto sono riassunte nelle due tabelle seguenti.

La Tabella 1 elenca i paesi nei quali le imposte di successione e di donazione sono assenti. Come si vede in molti paesi queste imposte esistevano ma sono state abolite negli ultimi anni (è il caso di Norvegia, Svezia e Austria) o negli anni Settanta (in Canada e Australia).

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La Tabella 2, invece, offre le principali informazioni sulla tassazione alla quale sono sottoposte  eredità e donazioni in 5 paesi europei e negli Stati Uniti.

L’osservazione della tabella suggerisce molte considerazioni. Mi limito a quella che mi pare più la più interessante, anche per il nostro paese.  Attualmente in Italia l’imposta di successione si basa su quattro aliquote e due soglie di esenzione che variano a seconda del grado di parentela: il coniuge e i parenti in linea retta pagano il 4% sul valore dell’eredità, con una franchigia di 1 milione di euro, mentre per i fratelli e le sorelle, l’aliquota sale al 6% e la franchigia si abbatte a 100mila euro. I parenti più lontani e gli estranei pagano rispettivamente il 6% e l’8%, senza beneficiare di alcuna soglia di esenzione. Se si guarda la tabella, si nota immediatamente come negli altri paesi Europei le soglie di esenzione sono di gran lunga più basse e le aliquote più elevate. In Francia le aliquote variano in base al valore del bene e vanno dal 5 al 40% per i parenti in linea retta (per beni dal valore compreso tra 15.000 e 550.000 euro, si paga, ad esempio, il 20%); per i figli, inoltre, la franchigia è di 100mila euro, ben più bassa rispetto a quella di 1 milione di euro prevista in Italia. In Germania, sempre in base al valore dei beni ereditati, le aliquote variano dal 7 al 30% per parenti stretti, dal 15 al 43% per parenti di secondo grado e dal 30 al 50% per altri soggetti.

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Per valutare le conseguenze delle imposte di successione, e della loro altezza, sulla trasmissione delle disuguaglianze è utile quanto scrivono Jappelli et al. (in Quaderni della ricerca sociale n.21, Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, 2010) a proposito dell’abolizione, nel 2001, dell’imposta di successione in Italia: essa ha indotto un aumento consistente della propensione a lasciare ricchezza in eredità e ciò documenta l’importante ruolo che l’imposta di successione può svolgere nel favorire (e nell’aggravare) la trasmissione tra generazioni di una diseguale distribuzione della ricchezza.

In conclusione, se le tendenze in atto riguardo alla concentrazione della ricchezza, per effetto anche degli alti rendimenti che essa frutta, sono quelli di cui parla Piketty  nel suo libro e se l’orientamento dei governi rispetto alla tassazione dei lasciti ereditari è quello che emerge dalle nostre  tabelle non è difficile prevedere che l’eredità avrà un ruolo decisivo nel rendere le società del futuro più diseguali e forse più simili, almeno per qualche aspetto, a quelle dell’800.

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