Se non ora quando? Per la riapertura di scuole e spazi di vita e apprendimento per tutti i bambini/e e ragazzi/e

Marco Rossi-Doria riflettendo sulla crisi educativa manifestatasi nella pandemia, sostiene che grazie a molti docenti la didattica a distanza si è trasformata in una potente esperienza di apprendimento emotivo e cognitivo per gli alunni/e, ma preoccupa che molti di questi ultimi non hanno connessioni, vivono in case sovraffollate e in povertà. Per cambiare rotta occorre puntare sulla cooperazione tra comuni, scuole, terzo settore e civismo che sta già facendo emergere proposte con i caratteri della politica per le persone e contro le inuguaglianze.

Vi è grande preoccupazione tra le organizzazioni e le persone che promuovono uguaglianza in educazione dentro e fuori la scuola, nelle città, nello sport, nel rapporto con la natura e nell’azione per l’ambiente, nell’impegno di cura, nella promozione culturale, nella ricerca scientifica e sul campo, nella didattica e nello studio e promozione delle politiche pubbliche dedicate a istruzione, formazione, apprendimento in ogni luogo.

Il nostro sguardo è centrato sulla complessità della funzione umana dell’educare, sollecitata come mai prima da questa crisi. Invece “la metafora più usata continua a essere quella della guerra, senza considerare che contrastare una pandemia e combattere una guerra sono due azioni che non hanno nulla a che vedere l’una con l’altra. La guerra, qualsiasi guerra, si fonda sull’assassinio e la soppressione del nemico, il contrasto a un virus letale può contare solo sulla cura, la ricerca scientifica, comportamenti coerenti che fermino il contagio e una ritrovata capacità di sentirsi comunità, nel piccolo e nel grande” (Franco Lorenzoni, Internazionale del 30 aprile 2020)

Cura, ricerca scientifica, responsabilità possono vivere e contare solo grazie all’assunzione condivisa dei paradigmi della complessità e di metodi e indirizzi di politica pubblica fondati sulla cooperazione scientifica anziché sulla privatizzazione della ricerca, sul dialogo e la cooperazione tesi a risolvere problemi agendo per tutelare ciascuna persona a misura delle persone stesse.

Crisi educativa. 1 miliardo e 650 milioni di bambini/e e ragazzi/e del mondo sono stati o sono fuori scuola e con mobilità limitatissima. In Italia, secondo l’ISTAT, sono 9,8 milioni, il 16,8% della popolazione, di cui 2,2 milioni già vivevano in condizione di povertà relativa e 1,2 in povertà assoluta. Registriamo che 1 milione dei minori che erano in povertà relativa sta rapidamente cadendo in povertà assoluta e che centinaia di migliaia di bambini che vivevano sopra la soglia di povertà vi stanno cadendo, mentre crescono i non raggiunti dalla scuola a distanza, ovunque nelle aree difficili del Paese, in una situazione nella quale, come documenta l’ISTAT, era già aumentato il tasso di dispersione scolastica per la prima volta in decenni.

I bambini/e e ragazzi/e sono cittadini/e che oltre ad avere diritti come gli altri hanno diritti speciali e ulteriori sanciti dalla Convenzione dell’ONU sui diritti dell’infanzia del 1989 che è legge dello stato. Un inasprimento dell’esclusione multifattoriale per così tanti minori rappresenta una ferita terribile per le persone, un attacco a diritti inalienabili, un rischio gravissimo per crescita futura e coesione sociale.

La crisi che stiamo vivendo è la più grande crisi educativa planetaria che si ricordi. Dobbiamo, al contempo salvaguardare la salute e ripristinare quanto prima i diritti dei bambini/e e dei ragazzi/e alla scuola e all’apprendimento più generalmente inteso e, dunque, alla socialità e convivialità tra coetanei e con le altre età, al gioco e alla scoperta, alla vita all’aperto, al movimento e allo sport, alla fruizione dei beni culturali e di ogni esperienza positiva.

E’ un’alternativa che stiamo vivendo con grande preoccupazione. Per superarla è necessario un sentire comune, pari a quello intrapreso per adottare le misure contro il contagio e una forte azione politica e civile.

La grande rimozione. Si è parlato di salute, com’è giusto e, poi, di economia. I due grandi assenti sono stati: la crisi educativa e la crisi sociale, vale a dire i due ambiti che connotano la vita delle e tra le persone e le generazioni.

La rimozione del carattere educativo della crisi si è mostrata in molti modi. I bambini/e e ragazzi/e sono stati considerati spesso solo come figli/e di lavoratori e, in modo scandalosamente minore, di lavoratrici e quasi mai di donne non lavoratrici. Sono stati raccontati come studenti/esse di scuole chiuse o divenute digitali. Troppi faticano a considerarli/e come persone che apprendono in quanto tali e ancor più dalle vicende dell’umanità, in particolare in una situazione di condivisione di notizie e pensieri tra generazioni che si svolgono in ogni casa, a contatto con opinioni, accesi dibattiti, informazione continua che coinvolge l’intero sapere dell’umanità: scienze, etica, antropologia, letteratura, statistica e matematica, religione, politica, diritto, ecc. Colpiscono i discorsi sulla valutazione scolastica basata sullo schema lezione trasmissiva-controllo-giudizio secondo le peggiori consuetudini ex ante.

Per fortuna cresce anche l’attenzione ai processi di apprendimento nuovi in questa straordinaria situazione che riguardano, sì, l’uso della rete ma, soprattutto, le questioni della maturazione del sé di ogni persona in crescita suscitata da una condizione così straordinaria e del rapporto con la conoscenza in presenza di una crisi planetaria, con le “materie” che si parlano l’un l’altra e la didattica che assume forme cooperative e circolari.

Molti docenti stanno cogliendo questa occasione e prestano grande attenzione, per fortuna, a questa potente esperienza di apprendimento multi-dimensionale, emotivo e cognitivo dei propri alunni/e. Scoprono nuove possibilità di insegnamento, che è riduttivo definire “didattica digitale”.  Insieme alle famiglie, hanno anche conosciuto le resilienze e maturazioni dei bambini/e e ragazzi/e; e sono cresciuti il riconoscimento e la riconoscenza tra case e scuole, dopo anni di incomprensioni e conflitti, grazie soprattutto alle donne, mamme e docenti.

La vera grande ferita di queste lunghe settimane è data dai troppi/e di bambini/e e ragazzi che non solo non hanno connessioni ma vivono in case piccole e sovraffollate, hanno disabilità e bisogni educativi speciali, hanno genitori che non parlano l’Italiano e che stentano a favorire connessioni, vivono in situazione di povertà delle famiglie in quartieri esclusi.

La lunga rimozione dei temi educativi ha purtroppo– con rare eccezioni – una corrispondenza nell’agenda politica. La crisi educativa viene ora nominata ma è trattata in modo frammentario, non strutturale. Nei recenti decreti del governo, i fondi stanziati sono davvero pochi. E colpisce, in Italia come in Europa, l’assenza del tema educativo nella discussione sulle risorse e gli indirizzi per la comune ripresa europea.

E’ urgente cambiare rotta. La questione educativa deve avere priorità nelle decisioni di governo e regioni, attraversare tutte le considerazioni sulla ripartenza, ricevere investimenti pari almeno al 15% del totale per il rilancio del paese, essere posta dall’Italia al centro del dibattito europeo sulla ripartenza. E va posto all’ordine del giorno della politica – se non ora quando? – il pensare a questa crisi come all’occasione per riparare finalmente le ineguaglianze di opportunità in educazione – come stanno suggerendo migliaia di associazioni e cittadini e, nelle sue audizioni, la commissione Bianchi presso il Ministero dell’Istruzione.

Comuni, civismo diffuso, scuole. Decisivo, in questa situazione, è il lavoro dei comuni, in alleanza, diffusa ovunque, proprio con scuole, terzo settore e civismo. E’ un’alleanza che, nei fatti, si sta candidando ad affrontare le gigantesche e complesse esigenze di prossimità verso minori e famiglie, porre la questione delle risorse al più alto livello (governo italiano ed europeo), costruire soluzioni credibili, territorio per territorio, per la riapertura di scuole e spazi educativi costituendo o rafforzando le comunità educanti. L’articolo 118 della Costituzione – che riconosce l’attivazione dal basso, la cooperazione tra istituzioni e cittadini e la sussidiarietà – mai come in questi giorni appare essere la cornice entro la quale organizzare e consolidare questo nuovo civismo educativo.

Ed è entro tale cornice che emergono – molto più che dai partiti – indirizzi e proposte che stanno assumendo i caratteri della politica per le persone e contro le inuguaglianze:

  • Definizione di chiare linee-guida nazionali – fondate sul tasso di decrescita del R con zero – dedicate al come aprire progressivamente scuole e spazi di socialità e vita per bambini/e e ragazzi con il calare progressivo dei rischi di contagio perché solo una chiara e unica cornice – condivisa entro la Conferenza Stato-regioni e la Conferenza Unificata – consente la ragionevole possibilità di differenziare le riaperture per infanzia e adolescenza su base regionale e territoriale.
  • Sostegno, con adeguati finanziamenti pubblici, alle alleanze tra comuni, autonomie scolastiche, civismo attivo e privato sociale.
  • Aumento delle disponibilità del fondo ordinario per il funzionamento delle scuole.
  • Assicurazione degli organici adeguati alla straordinaria situazione che le scuole dovranno affrontare.
  • Forte rifinanziamento delle misure dedicate alla fascia di età 0-6 previste dal decreto Leg.vo 65 del 2017.
  • Affiancamento di una dote educativa aggiuntiva al Reddito di emergenza appena approvato.
  • Congedi parentali e bonus paritari per papà e mamma nonché forme di reddito di cura, paritari per donne e uomini che si dedicano a accudimento e accompagnamento delle fragilità.
  • Assicurazione di continuità per il lavoro insostituibile degli educatori e delle educatrici del privato sociale nell’accompagnamento non solo all’uso dei computer ma al complessivo affiancamento agli insegnanti nell’azione necessaria per creare e manutenere le relazioni tra scuole e ragazzi/e, secondo modelli messi in campo dall’Impresa sociale ‘Con i bambini’, non solo nella fase di fuoriuscita progressiva dal distanziamento sociale ma anche in quella, successiva, di rilancio del nostro sistema educativo
  • Fin dall’estate attivazione di educatori di quartiere, domiciliari, animatori, assistenti dell’autonomia, facilitatori per azioni di supporto e prossimità verso le famiglie.
  • Rilancio dell’azione per l’eguaglianza in educazione (contrasto della dispersione scolastica/fallimento formativo sulla base delle raccomandazioni della Cabina di regia nazionale del Ministero dell’Istruzione e battaglia per lo ius soli e ius culturae)
  • Costituzione di un fondo agile che dia in proprietà un computer a tutte le persone minori di 18 che vivono in Italia e oggi non lo posseggono.
  • Piano immediato per la connettività gratuita di cittadinanza in ogni parte del territorio nazionale.

Come scrive il Forum Disuguaglianze Diversità: “il Covid-19 pone tutto il mondo dell’educare, non solo la scuola, di fronte a una biforcazione. O si va verso una crescita delle disuguaglianze educative, della povertà educativa, del fallimento formativo, oppure vi è una vera inversione di tendenza che ci porta verso una scuola nuova, ad un tempo aperta, egualitaria e rigorosa, dove si impara meglio, entro la prospettiva di comunità educanti larghe e evolute”.

È tempo di agire.

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