Ricordando Fausto Vicarelli

Paolo Paesani dà conto di un seminario svoltosi alla Facoltà di Economia della Sapienza di Roma in memoria dell’economista Fausto Vicarelli, scomparso 30 anni fa. Le relazioni introduttive, di cui Paesani dà conto, hanno affrontato temi importanti, spaziando dalla metodologia economica a questioni di rilevante attualità, quali la riforma dell’ordine monetario internazionale e il rapporto tra instabilità del capitalismo e mercati finanziari, temi chiave nella riflessione di Vicarelli e nella sua ricostruzione del pensiero di Keynes.

“Sono trent’anni che Fausto ci ha lasciato e trent’anni sono un’epoca; un’epoca che segna la storia degli uomini e della società.” Con queste parole di Claudio Gnesutta, già professore di Politica Economica e Economia Monetaria alla Sapienza di Roma, si è aperto, Venerdì 25 Novembre, un convegno in memoria dell’economista Fausto Vicarelli, scomparso nel 1986 all’età di cinquant’anni.

Fausto Vicarelli è stato un importante economista italiano, docente di Economia Politica alla Sapienza e consulente della Banca d’Italia. Ogni dieci anni, i colleghi e gli amici lo ricordano, organizzando un convegno durante il quale si approfondiscono i temi della sua ricerca. Nella riunione di quest’anno, organizzata da Claudio Gnesutta, Pierluigi Ciocca e Paolo Piacentini, con il sostengo della Facoltà di Economia della Sapienza, si è parlato di Keynes.

Vicarelli dedicò a Keynes la sua opera principale, un testo che, a quarant’anni dalla sua pubblicazione, rimane un’eccellente introduzione al pensiero del grande economista inglese. Nel tracciare l’evoluzione di questo pensiero, dai primi lavori sul sistema monetario indiano, fino alla Teoria generale dell’occupazione, dell’interesse e della moneta, Vicarelli sceglie come filo conduttore il tema dell’instabilità del capitalismo, intesa come tendenza strutturale a generare disoccupazione, disuguaglianza e incertezza.

Vicarelli ricostruisce attentamente i vari episodi di instabilità di cui Keynes fu testimone, dalla vicenda delle riparazioni, imposte alla Germania dopo la prima Guerra mondiale, all’instabilità dei prezzi e dei cambi negli anni Venti, fino alla disoccupazione di massa provocata dalla Grande Depressione. Questi episodi contribuirono a plasmare la riflessione di Keynes sul funzionamento del capitalismo, confermandolo nell’idea che il compito degli economisti consista nell’elaborare teorie per comprendere le ragione dell’instabilità e proporre rimedi utili ad attenuarne l’impatto sulle persone, un’economia al servizio dell’uomo comune, per parafrasare il titolo di un libro che raccoglie gli scritti di Federico Caffè, di cui Vicarelli fu, secondo Ermanno Rea, “quasi una duplicazione”, per il grande valore come studioso di scuola keynesiana e per l’attenzione costante verso i deboli e gli svantaggiati.

Nel corso del convegno si è parlato del rapporto tra il pensiero di Vicarelli e quello di Keynes, partendo da tre relazioni, tenute da Massimiliano Tancioni (Università Sapienza, Roma), Mario Cedrini (Università di Torino) e da chi scrive (Università Tor Vergata, Roma). A queste relazioni sono seguite numerose testimonianze, individuali o in forma di tavola rotonda, sulla figura di Fausto Vicarelli, sulla sua visione della politica economica come azione mirata alla realizzazione del bene comune, sul rapporto inscindibile fra etica ed economia, sull’importanza di correggere i difetti del capitalismo che, come ricorda Keynes nell’ultimo capitolo della sua Teoria Generale, sono principalmente due, l’incapacità di generare la piena occupazione e la disuguaglianza nella distribuzione del reddito e della ricchezza. Di questo hanno parlato i molti relatori al convegno tra i quali Ignazio Visco, Governatore della Banca d’Italia e tanti altri economisti di valore. Le relazioni introduttive sono servite a fissare la cornice del dibattito e come tali vale la pena ricordarne brevemente il contenuto.

Tancioni si è soffermato sul rapporto tra l’approccio teorico di Vicarelli e i modelli macroeconomici in voga oggi, noti col nome di modelli DSGE (acronimo delle parole Dynamic Stochastic General Equilibrium). Nei modelli DSGE, i fenomeni macroeconomici sono rappresentati come risultato delle scelte ottimizzanti, compiute dei singoli agenti (microfondazione della macroeconomia) sulla base di aspettative razionali, nel contesto di un’economia di mercato soggetta a shock aleatori, i cui effetti si propagano nel tempo, in presenza di rigidità nell’aggiustamento dei prezzi e di asimmetrie informative.

Dopo aver analizzato la logica dei modelli DSGE, Tancioni ne ha messo in luce i limiti principali, sottolineando in particolare la frattura tra il forte impianto teorico di questi modelli e la loro identificazione empirica, basata su ipotesi ad hoc assai meno rigorose. Tancioni conclude osservando come la microfondazione finisca, di fatto, con l’essere una retorica messa a supporto dell’identificazione teorica, incapace di passare il livello empirico. Vicarelli, per altro, non sembra contrario all’idea di una microfondazione, ma richiama alla necessità che essa sia Keynesiana, in grado di rappresentare l’instabilità intrinseca di una economia monetaria in condizioni di incertezza, non misurabile probabilisticamente.

Muovendosi su un piano diverso, Cedrini ha trattato gli aspetti internazionali del pensiero di Keynes, partendo da quanto scritto da Vicarelli su questo tema, per soffermarsi poi sul concetto di policy space e sulla questione, molto attuale, della riorganizzazione del sistema monetario internazionale. Negli ultimi anni, a seguito di ripetuti episodi di turbolenza valutaria e finanziaria, molti osservatori, dal governatore della banca centrale cinese, Zhou Xiaochuan, all’ex-primo ministro inglese Gordon Brown, da Paul Volcker a Yannis Varoufakis, hanno auspicato il ritorno a un equilibrio fra le principali valute del mondo e un governo più attento dei movimenti di capitale a breve termine. In ciò consiste la proposta di creare un nuovo ordine monetario e finanziario internazionale, simile a quello di Bretton Woods, costruito recuperando le intuizioni e i progetti formulati da Keynes negli anni Quaranta (di cui mi sono già occupato sul Menabò.

Al termine di questa ricostruzione, Cedrini ha concluso che l’attualità di Vicarelli è là dove oggi non ci aspetteremmo di trovarla, e cioè nella riscoperta di un “modo di aggredire la realtà del capitalismo” – un metodo per affrontare la complessità dei sistemi economici – che mantiene intatti i suoi tratti rivoluzionari, come mostra la possibilità di applicare le sue riflessioni in materia di economia internazionale.

Il tema della riforma dell’ordine economico globale si collega alla questione più generale del rapporto tra instabilità del capitalismo e mercati finanziari, che è il filo rosso di tutta la riflessione di Vicarelli su Keynes, come ricostruito nella terza relazione introduttiva al convegno, tenuta da chi scrive.

Com’è noto, i mercati finanziari esistono per facilitare il trasferimento delle risorse dai risparmiatori alle imprese e allo Stato, direttamente o attraverso le banche e gli intermediari finanziari non bancari (es. compagnie di assicurazione, fondi pensione). I titoli scambiati nel mercato finanziario permettono di frazionare gli importi richiesti e danno a chi li acquista la tranquillità di poter liquidare in ogni momento il proprio investimento.

In condizioni normali, l’aumento dei volumi scambiati accresce la liquidità dei titoli, stimolando il risparmio, l’investimento e l’attività di intermediazione. In un mercato molto liquido, però, aumentano i margini di manovra degli speculatori, i cui guadagni dipendono dalla capacità di indovinare le oscillazioni di breve termini nelle quotazioni di Borsa, prima e meglio degli altri.

Come scrive Keynes nel Capitolo 12 della Teoria Generale, “Gli speculatori possono non causare alcun male, come bolle d’aria in un flusso continuo di intraprendenza; ma la situazione è seria quando l’intraprendenza diviene una bolla d’aria in un vortice di speculazione. Quando lo sviluppo del capitale di un paese diventa un sottoprodotto delle attività di una casa da gioco, è probabile che vi sia qualcosa che non va bene” (J.M. Keynes, Teoria Generale dell’occupazione, dell’interesse e della moneta, UTET 2005, p. 345)

Lo studio del funzionamento di questa “casa da gioco” è al centro della riflessione di Keynes nell’interpretazione che ne danno Vicarelli e la scuola di pensiero post-keynesiana, di cui Vicarelli fu parte. Uno dei principali esponenti di questo filone è l’economista statunitense Hyman P. Minsky, che di Vicarelli fu corrispondente ed amico, come ha ricordato Jan Kregel, durante il convegno.

Vicarelli e Minsky condivisero il comune interesse per l’instabilità finanziaria come chiave interpretativa del capitalismo avanzato, un fattore di rischio, di cui limitare la portata attraverso l’adozione di una regolamentazione intelligente ed attenta, tema di grande attualità ed interesse, tornato in auge con lo scoppio della crisi dei mutui sub-prime e con il fallimento della Lehman Brothers nel 2008.

Se il legame con la letteratura post-keynesiana costituisce una traccia evidente dell’attualità del pensiero di Vicarelli, echi di questo pensiero si ritrovano anche in altri ambiti, più vicini al cosiddetto mainstream, rappresentato dai modelli DSGE di cui sopra. In ambito DSGE, i mercati finanziari accrescono l’instabilità del sistema economico a causa di imperfezioni nella trasmissione delle informazioni che si riflettono sull’elasticità dei margini richiesti dalle banche per finanziare le operazioni di Borsa (financial frictions). La presenza di fenomeni di questo tipo apre nuovi margini di intervento per le banche centrali e per la possibilità di progettare strategie di politiche monetaria del tipo lean against the wind, capaci di contrastare l’instabilità finanziaria adottando misure restrittive (espansive) per frenare i rialzi (ribassi) eccessivi delle quotazioni.

Strategie di questo tipo sono coerenti con la visione della politica economica di Vicarelli, come azione mirata al miglioramento del bene comune, nel quadro di una visione in cui “Lo studioso di macroeconomia deve avere la capacità di cimentarsi con i problemi, spesso complessi e talora drammatici, che la realtà storica del suo tempo gli pone di fronte. Non è un impegno facile dato che richiede la predisposizione di strumenti di analisi in grado di dare una risposta ai problemi urgenti dell’economia e con l’aiuto dei quali ricavare proposte di intervento per la loro soluzione”.

Questa frase riassume il senso dell’approccio keynesiano ai problemi economici, di cui Vicarelli fu interprete intelligente ed attento, un approccio fondato sull’analisi del mondo reale e sulla costruzione di modelli teorici capaci di spiegarne le cause e di fornire soluzioni realistiche e realizzabili, nell’interesse generale. E’ questo il messaggio che il convegno in memoria di Vicarelli ha voluto trasmettere, un messaggio importante e degno di nota.

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