“Ricchezza, la solita ignota?” Sempre meno…

Frateblù dà conto di un recente studio dell’OCSE, riferito a vari paesi, sulla concentrazione della ricchezza e sul sovra-indebitamento e la scarsa disponibilità di risorse finanziarie delle famiglie a basso reddito. In particolare la ricchezza del top 10% è cresciuta in quasi tutti i paesi OCSE mentre il sovra- indebitamento e i limitati risparmi espongono le famiglie a basso reddito a gravi rischi in caso di caduta del reddito. Lo studio suggerisce anche alcune politiche di contrasto di queste tendenze.

Che la ricchezza si distribuisca in modo più diseguale del reddito è cosa nota da moltissimo tempo. Eppure, ricerca accademica e dibattito politico sono focalizzati molto più sulla distribuzione del reddito. La ragione principale risiede probabilmente nella difficoltà di disporre di dati affidabili sulla ricchezza finanziaria e immobiliare delle famiglie. In particolare, mancano dati armonizzati che permettano un esame comparato tra diversi paesi e diverse economie, come documentato nel Menabò qui e qui. Alcune recenti iniziative, tra cui l’inchiesta “Household Finance and Consumption Survey” condotta dalla Banca Centrale Europea, permettono però di far avanzare la conoscenza su questi temi. Sulla base di questa indagine campionaria e di dati sulla ricchezza di fonte nazionale l’OCSE, in un recente lavoro finanziato dalla Commissione Europea, si è proposta di analizzare in maniera sistematica e in ottica comparata la distribuzione della ricchezza delle famiglie nei paesi OCSE.

La pubblicazione intermedia di questo progetto presenta le prime cruciali evidenze sulla distribuzione della ricchezza netta delle famiglie, considerata come la somma di ricchezza finanziaria (costituita da depositi, titoli e altre attività), e proprietà immobiliari al netto dell’indebitamento. I principali risultati riguardano la disuguaglianza nella distribuzione della ricchezza e i suoi andamenti negli ultimi anni, la diversa distribuzione di ricchezza finanziaria e proprietà immobiliari nonché un approfondimento sulla ricchezza disponibile e la situazione debitoria delle famiglie a basso reddito.

Innanzitutto lo studio conferma che la ricchezza è molto più concentrata del reddito. Infatti, più della metà della ricchezza totale è detenuta dal 10% più ricco della popolazione (come mostra la Figura 1, nel 2018 la media nei paesi OCSE era del 52% e nei paesi UE del 50%). A fini di paragone con la distribuzione del reddito (dati Eurostat), la quota totale detenuta dal 10% delle famiglie ad alto reddito si attesta intorno al 24% nell’UE (in una forbice tra il 18,3% della Slovenia, che è il paese più egualitario, e il 32% della Bulgaria) . Si noti anche che il top 10% di reddito e ricchezza è composto in gran parte da famiglie diverse, dato che solo il 40% delle famiglie nel top 10% di reddito lo è anche quando si guarda alla ricchezza (e viceversa).

La concentrazione di ricchezza dei paesi analizzati è altamente variabile: gli Stati Uniti risaltano come il paese con la ricchezza più concentrata (quasi l’80% della ricchezza totale è detenuto dal 10% più ricco), seguiti da Paesi Bassi, Danimarca, Estonia e Cile. I paesi con una minore concentrazione di ricchezza sono invece Slovacchia, Giappone, Grecia, Polonia o Italia, dove la quota di ricchezza detenuta dal 10% più ricco si attesta intorno al 40%.

La quota di ricchezza complessiva detenuta dal 40% più povero è generalmente modesta. Nella media OCSE si tratta di non più del 3% e solo in alcuni casi (Slovacchia e Polonia) si avvicina al 10%; mentre nei casi estremi (Stati Uniti, Paesi Bassi o Danimarca) la ricchezza del bottom 40% è addirittura negativa. Ciò vuol dire che i debiti superano la somma di ricchezza immobiliare e finanziaria.

Oltre ad essere parecchio squilibrata, la distribuzione della ricchezza è anche peggiorata rispetto a dieci anni fa nella maggior parte dei paesi analizzati. Il pannello destro della Figura 1 evidenzia infatti che, nella media OCSE, la quota di ricchezza (in valore reale) detenuta dal 10% più ricco è cresciuta di circa il 13% tra il 2010 e il 2018. Austria e Germania sono eccezioni facendo registrare una lieve crescita della quota di ricchezza della classe media, intesa come la popolazione che possiede una ricchezza compresa tra il 40° e il 90° percentile.

Figura 1: Fetta della ricchezza totale per fasce di ricchezza, 2018 circa (destra); variazione percentuale nella fetta di ricchezza per fasce di ricchezza, 2010-2018 (sinistra)

Fonte: OCSE (2021)

Questi fenomeni dipendono anche dalla diversa composizione della ricchezza. La proprietà immobiliare risulta, in generale, meglio distribuita perché in genere anche i meno abbienti sono proprietari di casa; di conseguenza, nei paesi in cui è più diffusa la proprietà della casa (come in molti paesi dell’Europa dell’Est e nell’Europa meridionale) la ricchezza complessiva è meglio distribuita e meno concentrata.

La ricchezza finanziaria è detenuta soprattutto dalle famiglie più ricche: essa rappresenta il 40% della ricchezza totale (lorda) per il 10% più ricco, mentre conta solo per il 18% della ricchezza totale del 40% meno abbiente. Inoltre il tipo di rendimento degli asset dei due gruppi è significativamente diverso. Le famiglie più ricche possono contare su rendimenti molto più alti visto il profilo di rischio del loro portafoglio (azioni o fondi di investimento) rispetto ai magri rendimenti che affluiscono alle famiglie meno abbienti, i cui asset finanziari sono di solito conti bancari o titoli di stato.

Dunque, il differente profilo della ricchezza detenuta dai più ricchi rispetto ai meno abbienti ha influenzato il peggioramento della distribuzione della ricchezza. Le famiglie più ricche hanno ottenuto tassi di rendimento della loro (enormemente maggiore) ricchezza finanziaria ben superiori rispetto a quelli delle famiglie più povere e molto più elevati di quelli associati alla crescita dei prezzi delle case, che sono l’asset principale delle famiglie meno abbienti. Inoltre, anche se l’OCSE non approfondisce il tema, è verosimile che anche gli andamenti dei prezzi delle abitazioni abbiano seguito dinamiche molto regressive, con aumenti di valore maggiori per le case di proprietà delle famiglie più ricche in conseguenza dei processi di concentrazione spaziale e gentrificazione in corso in molte città europee.

Figura 2 Composizione della ricchezza per fasce di popolazione, media OCSE, 2018

Fonte: OCSE (2021)

Infine lo studio dell’OCSE documenta l’entità dei debiti e la disponibilità di titoli e depositi (o altri strumenti di ricchezza liquidi come il contante) delle famiglie a basso reddito, definite come il 40% più povero della distribuzione del reddito. Per condurre quest’analisi i ricercatori dell’OCSE, in collaborazione con EUROSTAT, hanno combinato le inchieste sulla ricchezza con quelle sui redditi (EU-SILC) con tecniche di imputazione (statistical matching). L’obiettivo è valutare la sicurezza finanziaria e la situazione debitoria delle famiglie a basso reddito che, soprattutto col sopraggiungere della pandemia e delle conseguenti misure restrittive, si siano trovate a dover fare affidamento sui propri risparmi a fronte di una caduta improvvisa dei redditi da lavoro. A tal fine viene proposto un indice di sovra-indebitamento che definisce una famiglia sovraindebitata se il rapporto tra i debiti contratti e il reddito disponibile è maggiore di 3.

I risultati ottenuti destano preoccupazione: il sovra-indebitamento così definito affligge in media una famiglia a basso reddito ogni dieci ed è particolarmente allarmante in Norvegia, Spagna, Paesi Bassi e Danimarca, dove risulta sovra-indebitato il 15% delle famiglie a basso reddito. Si aggiunga che circa l’80% di queste famiglie sovra-indebitate hanno contratto debito per finanziare consumi quotidiani, con la formula del credito al consumo ed a tassi di interesse generalmente più alti rispetti ai mutui immobiliari, che interessano solo un 30% delle famiglie sovra-indebitate.

Figura 3: quota di famiglie sovraindebitate (rapporto debito/reddito>3) tra le famiglie a basso reddito

Fonte: OCSE (2021)

Aldilà del sovra-indebitamento, anche la disponibilità di ricchezza liquida per far fronte a una caduta improvvisa di reddito è limitata per le famiglie a basso reddito. In media, più del 40% delle famiglie dell’area OCSE non poteva fare affidamento su risparmi che coprissero almeno tre settimane del loro reddito normale, di per sé basso. In tal caso i paesi più afflitti non sono quelli Nordici, come nel caso di sovra-indebitamento, ma sono Lettonia, Grecia, Ungheria dove è più del 60% delle famiglie a basso a non disporre di risparmi minimi per fronteggiare una caduta di reddito.

Massima attenzione andrebbe quindi posta sulla necessità di rendere graduale il ritiro delle misure di integrazioni al reddito introdotte durante la pandemia, soprattutto nell’attuale fase di ripresa economica. Questo è ancora più necessario per le fasce a basso reddito della popolazione per le quali, appunto, sovraindebitamento e scarsa disponibilità di ricchezza in forma liquida rendono particolarmente grave l’eventualità di una caduta di reddito.

In conclusione, lo studio OCSE abbozza dei consigli di natura politica con l’obiettivo duplice di stimolare l’accesso alla proprietà immobiliare o a minimi strumenti di risparmio per le famiglie a basso reddito e di limitare la crescente concentrazione della ricchezza in poche mani. I due principi cardine esplicitati sono:
sostegno alla capacità di famiglie a basso reddito di risparmiare tramite politiche predistributive e redistributive che accrescano i loro redditi e promozione di strumenti finanziari vantaggiosi combinato all’obiettivo di aumentare il contributo delle famiglie più ricche all’erario tramite sistemi fiscali più progressivi.

Indipendentemente dalla condivisione di tali principi, appare indubbio che nell’attuale fase economica si impongano delle scelte di policy dal lato della concentrazione della ricchezza. Tutti i paesi dell’area OCSE hanno accumulato debiti pubblici notevoli per sostenere le loro economie durante il lockdown e per promuovere la ripartenza; la domanda – che tocca questioni di governo dell’economia oltre che principi di giustizia sociale – se quest’onere debba ricadere anche sui più ricchi secondo un principio di progressività  è ineludibile A tal proposito, questo lavoro dell’OCSE, a cui seguirà un rapporto più elaborato in Autunno, getta le basi per una migliore analisi comparativa della concentrazione della ricchezza e della sua evoluzione e per un suo più regolare monitoraggio. Inoltre, fornisce una base empirica minima per consentire dibattiti informati sul contrasto alla concentrazione della ricchezza, un tema che in alcuni paesi, soprattutto Germania e Stati Uniti, è già oggetto di discussione politica ed elettorale.

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