Recessione, Domanda e Consumi: una riflessione

Giacomo Rella e Giovanna Scarchilli forniscono una chiave di lettura alternativa della recente recessione focalizzando l'attenzione sulla condizione economica dei consumatori, in un contesto di elevate disuguaglianze economiche. In particolare, Rella e Scarchilli confrontano i cambiamenti intervenuti nella quantità e nella composizione della spesa delle diverse classi di reddito e rilevano – al di sotto di dati aggregati - una riduzione del consumo da parte di coloro che hanno sperimentato una decrescita del reddito disponibile negli ultimi anni.

I dati sul PIL italiano resi noti di recente dall’Istat segnalano un tasso di crescita negativo negli ultimi due trimestri. In questo contributo non intendiamo individuare le cause all’ultradecennale problema della stagnazione del prodotto, ma ci interessiamo ad un piccolo tassello del puzzle delle fluttuazioni del PIL e della deludente performance dell’economia italiana, ovvero il consumo delle famiglie, che rappresenta la principale componente della domanda.

Per condurre il nostro esame integreremo le recenti analisi e interpretazioni della congiuntura economica italiana con un focus sulla condizione economica dei consumatori. Guarderemo ai consumi privati non solo in forma aggregata ma anche lungo la distribuzione del reddito, per individuare due aspetti essenziali che, a nostro avviso, latitano nel dibattito pubblico sull’economia italiana, ovvero i cambiamenti intervenuti nella distribuzione della spesa tra classi di reddito e nella sua composizione.

Negli ultimi 7 anni in Italia la crescita congiunturale, in termini reali, non ha mai superato lo 0,5%, un trend che pur essendo stato positivo fino ad agosto 2018 non si può considerare rassicurante e che di fatto segnala una chiara stagnazione del PIL (figura 1). La figura 1 mostra anche la variazione tendenziale, da cui si nota come nell’ultimo trimestre del 2018 la crescita del PIL si sia notevolmente ridotta rispetto all’ultimo trimestre del 2017.

Figura 1 Variazione congiunturale e tendenziale del PIL (fonte: Istat)

Il dato sulla congiuntura sintetizza i contributi dei fattori dell’offerta e della domanda alla dinamica del prodotto. Dal lato della domanda, il PIL è determinato dall’identità keynesiana all’interno della quale il consumo delle famiglie occupa un ruolo di assoluta importanza. La Figura 2 mostra la dinamica dell’Actual Individual Consumption (consumi individuali effettivi) per l’Italia e per l’UE-28. L’AIC permette di desumere informazioni riguardo alle condizioni materiali di vita delle famiglie perché aggiunge ai consumi delle famiglie i beni e servizi forniti dallo stato e dalle organizzazioni no-profit.

Una prima osservazione è d’obbligo: la forbice tra UE e Italia si allarga dal 2010 in poi. Nel 2017 l’AIC in Italia non ha ancora raggiunto i livelli del 2010 laddove l’UE28 aveva recuperato il terreno perso già nel 2014 per poi continuare a crescere. Negli anni della “grande recessione”, l’AIC italiano ha perso quasi il 4% per poi riprendere a crescere tra il 2013 e il 2014 durante la timida ripresa dell’economia.

 

Figura 2 Actual Individual Consumption (fonte Eurostat)

Analizzare la performance dell’economia italiana attraverso il consumo delle famiglie richiede una piccola riflessione sulla relazione che intercorre tra consumo e reddito disponibile (ovvero, al netto delle imposte). La lente teorica attraverso la quale si guarda alla funzione del consumo è di fondamentale importanza nel valutare le conseguenze della politica fiscale sia restrittiva che espansiva.

Per Keynes, ad esempio, il consumo aveva una componente autonoma e una componente indotta dal reddito disponibile. Nella funzione del consumo keynesiana, l’incremento del consumo per ogni euro addizionale di reddito è misurato dalla Propensione Marginale al Consumo (PMC). Già Keynes notava che tale relazione non è lineare dato che la PMC tende a diminuire per livelli più alti di reddito. In contrasto con la funzione del consumo keynesiana, vi è l’ipotesi del reddito permanente proposta da Milton Friedman, che prevedeva che i consumatori pianificassero il loro consumo attuale guardando sia al reddito corrente che al reddito permanente ovvero ai flussi attesi di reddito nel futuro, di conseguenza cercando di omogeneizzare il consumo nel tempo spalmando gli shock transitori attraverso i diversi periodi (consumption smoothing). Naturalmente la relazione tra consumo individuale, reddito disponibile e consumo aggregato cambia a seconda della funzione del consumo considerata. La letteratura scientifica più recente ha dimostrato che la PMC non solo non è nulla, a differenza di quanto predetto dal consumption smoothing, ma che varia al variare del reddito disponibile e della ricchezza. Per varie ragioni, tra le quali la composizione eterogenea del reddito e della ricchezza delle famiglie lungo le relative distribuzioni e la diversa severità dei vincoli di liquidità, le famiglie più povere hanno una reazione più che proporzionale alle variazioni del reddito disponibile.

Alla luce di ciò, riteniamo che, per valutare l’influenza dei consumi delle famiglie sull’andamento del prodotto italiano, sia necessario andare oltre i consumi aggregati e considerare: i) la distribuzione dei consumi per gruppi di reddito; ii) la composizione dei consumi per voci di spesa.

Quando le disuguaglianze crescono, i redditi delle diverse classi seguono dinamiche diverse e se quelli dei meno ricchi stagnano o, perfino, arretrano le ricadute sull’andamento dell’economia saranno forti. Usando i dati della Survey on Household Income and Wealth della Banca d’Italia, la Figura 3 mostra il tasso di crescita del reddito disponibile di coloro che appartengono al 20% più povero e di segmenti di popolazione con redditi più elevati, nel periodo 2014-2016. Appare evidente che tale tasso varia con il livello di reddito guadagnato: mentre la fascia del top 10% ha visto una crescita, seppur limitata (inferiore all’1%), la popolazione appartenente alla classe media e a quella più povera ha subito una lieve decrescita (di poco superiore all’1%).

 

Figura 3 Distribuzione del reddito e tassi di crescita (fonte: SHIW)

Il reddito mediano cattura in forma sintetica i cambiamenti distributivi. Dalla Figura 4, si osserva che il peggioramento del saldo distributivo in Italia deriva dalla riduzione del reddito mediano e dall’incremento del rapporto tra quintile più ricco e quintile più povero (Q5/Q1).

 

Figura 4 Reddito mediano e rapporto interquintilico (fonte: SHIW)

 

Passiamo ora ad analizzare il consumo. La figura 5 mostra il tasso di crescita triennale della spesa media mensile familiare distinguendo le famiglie in base alla fascia di spesa totale equivalente cui appartengono. La spesa viene quindi usata come proxy del reddito. In questo modo si assume che le famiglie che consumano meno si collochino anche nella fascia più bassa della distribuzione del reddito. Dal grafico risulta che le famiglie nel primo e secondo quinto della distribuzione, ovvero le famiglie che spendono meno del 60% delle famiglie italiane, hanno tagliato la spesa nel triennio 2014-17. Una prima immersione nei dati più granulari conferma una crescita diseguale dei consumi tra le famiglie italiane con la compresenza di tagli alla spesa per le famiglie più povere e incrementi della spesa per le famiglie più ricche. La fotografia dei consumi delle famiglie italiane appena riassunta diventa ancora più eclatante se rapportata al tasso di crescita del reddito disponibile netto delle famiglie (Figura 3). Si potrebbe dedurre, quindi, che le famiglie che hanno sperimentato una crescita negativa del reddito disponibile abbiano anche tagliato la spesa per consumi. Benché si tratti di una deduzione senza robusto fondamento statistico, tale deduzione supporterebbe l’idea che l’eterogeneità delle PMC lungo la distribuzione è rilevante per il consumo aggregato e che le famiglie nelle fasce di reddito basse hanno sofferto in termini di taglio della spesa più delle famiglie nelle fasce di reddito alte.

 

Figura 5 Spesa media mensile e distribuzione (fonte: Istat)

La seconda dimensione d’indagine risponde alla domanda su come le famiglie lungo la distribuzione della spesa abbiano cambiato le loro abitudini di spesa. A questo riguardo, usando la classificazione COICOP delle voci di spesa per scopo, abbiamo diviso la spesa mensile in consumi essenziali (alimentari, abbigliamento, spese per casa, fornitura di acqua e gas, servizi sanitari e trasporti) e discrezionali (comunicazioni, beni e servizi di ristorazione, ricreativi e culturali e altri consumi). La somma delle due componenti ammonta alla spesa media mensile totale della famiglia. Nel triennio 2014-17, la Figura 6 mostra che le famiglie nei quintili più poveri della distribuzione hanno sperimentato una diminuzione del consumo di beni e servizi essenziali e discrezionali, mentre l’opposto vale per i restanti gruppi. Questo risultato mostra come il dato sul consumo aggregato nasconda dinamiche micro disomogenee: nonostante il lieve aumento o stagnazione dei consumi aggregati, le famiglie più povere tagliano il loro consumo anche nella componente dei beni e servizi essenziali. La Figura 7 mostra come il rapporto interquintilico Q5/Q1 calcolato sulla componente essenziale, discrezionale e totale della spesa media mensile delle famiglie vari nel corso del tempo. Il grafico suggerisce che il divario di spesa tra le famiglie ricche e povere si allarga seppur leggermente specialmente per la componente discrezionale.

 

Figura 6 Variazione della spesa per categorie

Figura 7 Rapporto interquintilico e categorie di spesa (fonte: ISTAT)

Per concludere, questa nostra analisi vuole rappresentare un tassello di quel puzzle che è la spiegazione dell’ormai permanente stagnazione dell’economia italiana. I consumi delle famiglie sono importanti per quella spiegazione che, però, dovrà certamente considerare anche altri aspetti, spesso di carattere strutturale.

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