Quale mercato per i crediti deteriorati delle banche? Un suggerimento dalla teoria delle aste

Edoardo Gaffeo affronta il tema della gestione dei crediti deteriorati accumulatisi nei bilanci delle banche italiane. Dopo aver sostenuto che una soluzione in tempi ragionevoli richiede che si sviluppi pienamente un mercato dove questi crediti possano essere venduti e deconsolidati, Gaffeo esamina le caratteristiche dovrebbe avere un simile mercato per essere efficiente e ritiene che una speciale procedura d’asta, messa a punto con altre finalità dalla Banca d'Inghilterra, possa rivelarsi particolarmente utile.

L’elevato livello di crediti deteriorati (non-performing loans, NPL) delle banche europee e, in particolare, italiane (lo stock lordo a giugno 2016 ammontava a 356 miliardi di euro) è uno dei principali ostacoli all’offerta di credito e, in ultima analisi, alla ripresa economica.

Come suggerito dal Fondo Monetario Internazionale, la strategia per risolvere il problema dovrebbe poggiare su tre pilastri (S. Aya et al. A strategy for resolving Europe’s problem loans, IMF Staff Discussion Note No.15/19, 2015): regole di supervisione più stringenti; riforme in grado di ottimizzare tempi e modi delle procedure esecutive; sviluppo di un mercato per gli NPL, che consenta un loro veloce deconsolidamento. Sui primi due pilastri molto è stato fatto. La BCE sta per pubblicare una guida cui le banche devono attenersi nel predisporre piani strategici e operativi annuali di gestione dei propri NPL. Dal canto loro, le Autorità italiane hanno emanato una serie di provvedimenti considerati in grado di ridurre sensibilmente la durata dei fallimenti e delle aste immobiliari (M. Marcucci, A. Pischedda, V. Profeta, The changes of the Italian insolvency and foreclosure regulation adopted in, Banca d’Italia Notes on Financial Stability and Supervision No.2, 2015).

Senza il terzo pilastro, tuttavia, lo stock di NPL delle banche italiane resterà elevato ancora a lungo. Il rapporto tra NPL e totale dei crediti erogati tornerebbe ai livelli pre-crisi soltanto nel 2021 se su questo mercato i volumi quintuplicassero (N. Jassaud, K. Kang l A strategy for developing a market for nonperforming loans in Italy, IMF Working Paper No.15/24, 2015).

Quel che occorre è che la forchetta di prezzo tra domanda e offerta – che ora è a vantaggio di chi compra – si restringa in maniera significativa, cioè il mercato deve diventare più concorrenziale. Secondo la teoria economica, se ciò non accade tre sono le possibili cause: 1) la presenza di asimmetrie informative; 2) un significativo potere di mercato di una delle due parti in gioco; 3) la possibilità di accordi collusivi.

Il primo aspetto è sicuramente quello più gettonato dai commentatori, ma anche quello che a mio parere “morde” di meno, per almeno due ragioni. La prima è che in questo mercato chi compra è un operatore specializzato, con una conoscenza del business di recupero e gestione del credito deteriorato di norma notevolmente superiore a quella di chi vende (Deutsche Bank Research, “Non-performing loans” – an established asset class, 2007).

La seconda è che le autorità di vigilanza (BCE o Banca d’Italia) hanno iniziato a sottoporre ad un controllo a dir poco ferreo la qualità del credito delle banche, imponendo pesanti accantonamenti ogniqualvolta lo ritengano necessario.

Rimangono quindi le altre due possibili cause, il potere di mercato e gli accordi collusivi tra compratori.

Cenni sulla teoria delle aste. Entrambi questi fenomeni dipendono dalla struttura del mercato in cui gli NPL vengono venduti, che invariabilmente assume la forma di un’asta in cui il bene in vendita è il credito al suo valore di libro contabile (GBV) (ad esempio, 100 euro) mentre il prezzo è il valore netto pagato dall’acquirente (continuando l’esempio, 34 euro). In prima battuta, un’asta ascendente – cioè con rilanci crescenti finché nessuno dei partecipanti supera l’ultimo prezzo gridato dal banditore – dovrebbe essere un meccanismo efficiente di allocazione: alla fine compra chi attribuisce il valore maggiore al bene, e il venditore massimizza i ricavi. In realtà la faccenda è molto più complicata, e decenni di ricerca hanno chiarito il perché.

Affinché un’asta ascendente assicuri l’efficienza, è necessario che i potenziali compratori siano molti, e che nessuno di essi disponga di potere nei confronti degli altri. Se esistono vincoli di bilancio, però, i concorrenti più deboli sanno che i più forti controbatteranno ogni loro offerta, e avranno quindi scarsi incentivi a partecipare all’asta. Di fronte ad una concorrenza limitata, il prezzo massimo offerto dal vincitore sarà sistematicamente più basso di quello efficiente. Analogo risultato si ottiene se il valore del bene – una volta aggiudicato – è lo stesso per tutti, ma gli offerenti hanno stime diverse del valore che da esso si potrà estrarre. In questo caso esiste il pericolo (noto come la “maledizione del vincitore”) che chi si aggiudica l’asta sia stato troppo ottimista. Poiché ognuno sconta questo rischio e l’effetto è amplificato per i partecipanti più deboli, il prezzo di aggiudicazione sarà ancora una volta inferiore a quello ottimale. Man mano che l’asta procede, infine, ogni rilancio ha l’effetto di trasmettere informazioni sul valore attribuito al bene e sulla strategia seguita da ciascun concorrente. La generazione e trasmissione di questo tipo di informazioni, da un lato facilita accordi collusivi (taciti e non) in grado di contenere il prezzo e, dall’altro, rende più facile punire chi devia dall’accordo.

In breve, il prezzo finale sarà efficiente se il meccanismo di aggiudicazione incoraggia un’ampia partecipazione, incentiva i partecipanti a rivelare in modo veritiero quale valore assegnano al bene, e limita i comportamenti collusivi. La classica asta ascendente non assicura tutto questo soprattutto quando una banca deve vendere in blocco NPL per svariati miliardi di euro. Questi problemi sono ben noti a studiosi e operatori. I fiaschi dell’asta per le frequenze telefoniche in Svizzera nel 2000 e di quella per l’energia in UK nel 1999 hanno fatto scuola.

Come vendere gli NPL. Per evitare errori, allo scoppio della crisi finanziaria del 2007-08 la Bank of England chiese ad un noto esperto di teoria delle aste, Paul Klemperer, di costruire un meccanismo efficiente per fornire liquidità alle banche a fronte di collaterali di qualità diversa. La soluzione proposta, nota come Asta Product-Mix (P. Klemperer, The Product-Mix auction: a new auction design for differentiated goods, Journal of the European Economic Association, 2010), è utilizzata regolarmente (Bank of England The Bank’s new indexed long-term repo operation, Bank of England Quarterly Bulletin, 2010). Questo tipo di asta è preferibile alle tradizionali aste ascendenti perché: è estremamente veloce; supera i problemi di deterrenza all’entrata e di potenziale collusione; è difficilmente manipolabile; garantisce una notevole flessibilità al venditore, che non è costretto a stabilire ex-ante la quantità del bene in vendita, ma può usare le informazioni che ottiene dalle varie offerte per modulare la propria offerta; determina contemporaneamente prezzi diversi per qualità diverse del bene, incrementando l’efficienza del mercato.

Il punto di partenza consiste nel riconoscere che la categoria degli NPL è in realtà un insieme di beni differenziati per livello di rischio, percentuale attesa di recupero e garanzia sottostante (nella terminologia internazionale: secured, mainly unsecured, unsecured, consumers, other). Due portafogli omogenei per varietà diverse dovrebbero comandare quindi prezzi diversi, in grado di rispecchiarne l’effettiva qualità da un lato, e il diverso grado di copertura dall’altro. Per un investitore specializzato nella gestione di crediti deteriorati, tuttavia, i diversi tipi di NPL di quella banca sono tra loro largamente sostituibili perché tutti si possono combinare con NPL di altre banche nella strutturazione di titoli cartolarizzati. Se si seguisse la procedura standard si dovrebbe scegliere se bandire aste ascendenti separate per varietà diverse oppure un’unica asta per un portafoglio misto in cui il prezzo finale riflette una media dei singoli prezzi. Ma entrambe le soluzioni prestano il fianco ai problemi sopra richiamati e perciò appare consigliabile utilizzare un meccanismo Product-Mix.

Supponiamo che una banca desideri vendere un ammontare cospicuo di NPL, costruendo due portafogli omogenei rispettivamente di crediti deteriorati collateralizzati (ad esempio, mutui immobiliari commerciali) e di crediti al consumo (non collateralizzati). Quando avvia la procedura e apre la data room, la banca è tenuta a dichiarare l’ammontare massimo che pone in vendita chiarendo che può decidere di vendere di meno qualora lo ritenesse opportuno, e che la composizione del portafoglio totale tra crediti immobiliari e al consumo dipenderà dalle offerte ricevute.

Le regole dell’asta sono le seguenti:

  1. Si svolge in un unico periodo, con offerte in busta chiusa.
  2. Ciascun partecipante può avanzare quante offerte vuole, cioè non ha vincoli sul numero di buste presentate. Ogni offerta deve contenere l’indicazione di una quantità (ad esempio, 800 milioni nominali di NPL), e un prezzo unitario per ciascuna delle due qualità (tipo, 51% del GBV per i crediti real estate, e 35% per quelli consumer). Queste offerte sono però mutuamente escludibili, nel senso che se la banca accetta il prezzo 35% venderà 800 milioni di soli unsecured, mentre se accetta il prezzo 51% venderà 800 milioni di soli secured.
  3. Una volta raccolte le buste, il venditore analizza tutte le offerte e decide un prezzo minimo (cut-off) ammissibile per ciascuna delle due varietà.
  4. Il venditore accetta tutte le offerte con prezzo superiore a quello di cut-off, ma per ciascuna busta accettata soddisfa l’offerta solo per una delle due varietà. Tutte le offerte accettate sono aggiudicate al prezzo di cut-off. L’asta prevede quindi un prezzo di vendita uniforme, meccanismo in grado di assicurare che le offerte siano in gergo truthful revealing.

Supponiamo che le offerte pervenute siano quelle indicate nella tabella che segue, dove la seconda colonna indica l’importo, la terza la percentuale del valore contabile offerta per i titoli unsecured e la quarta quella offerta per i titoli secured.

Tabella 1: Offerte di acquisto per stock di NPL

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L’importo totale delle offerte è pari a 3000. Supponiamo che la banca decida di vendere NPL per un ammontare di 1800. Questo importo può essere destinato ad acquistare secured e unsecured in combinazioni diverse.

Se la Banca decide di vendere solo secured prenderà in considerazione le offerte n. 4, 5, 2 qui in ordine decrescente di prezzo. L’ammontare totale delle corrispondenti offerte è esattamente 1800 e il prezzo che pagheranno i tre offerenti (che possono essere anche due o uno perché, come si è detto, ciascun partecipante all’asta può fare più di un’offerta) sarà pari al 55%, cioè quello dell’offerta “peggiore” necessaria per raggiungere l’importo di 1800. Ciò vuole anche dire che chi ha formulato le offerte n. 4 e n. 5 gode di un surplus perché paga meno di quanto era disposto a pagare.

Se la banca decidesse di vendere anche titoli unsecured dovrebbe prendere per prima in considerazione l’offerta con il prezzo più alto, che nel nostro caso è la n. 3. Se recepisce quest’ ultima nella sua totalità (cioè per 700) per restare nei limiti di 1800 di vendite totali escluderà l’offerta n. 2 di secured (per 400) e ridurrà di 300 la vendita a chi ha avanzato l’offerta n. 5. Ma così facendo cambierà il prezzo per la vendita di titoli secured: essendo stata esclusa l’offerta n. 2 , il prezzo salirà da 55% a 57%. In definitiva in questo caso la banca venderà 700 di unsecured al 40% e 1100 di secured al 57%.

Naturalmente sono possibili molte altre combinazioni di secured e unsecured. Quello che succederà è che se cresce la vendita di unsecured cade il prezzo pagato su queste ultime mentre corrispondentemente cade la vendita di secured e aumenta il prezzo pagato su queste ultime.

L’insieme di queste combinazioni definisce una frontiera mentre se l’importo delle vendite cambia cambierà la posizione della frontiera. Dunque, date le offerte, la banca può scegliere sia l’ammontare (la posizione della frontiera) sia la combinazione (il punto sulla frontiera) e i prezzi risulteranno simultaneamente determinati.

Un caso particolare è quello in cui un offerente abbia proposto prezzi che sono entrambi superiori a quello stabilito dalla banca, in base alle sue scelte sull’ammontare e la composizione delle vendite. Se ciò avviene la banca venderà a quell’acquirente solo i titoli sui quali è maggiore il surplus del compratore, cioè la differenza tra il prezzo offerto e quello stabilito. E, se necessario, prenderà in considerazione le offerte successive.

Utilizzare un tipo di asta con queste caratteristiche – velocità di esecuzione; flessibilità in capo a chi vende; limitazione dei fenomeni di deterrenza all’entrata e potere di mercato; controllo dell’insorgere di comportamenti predatori o collusivi – presenta anche un immediato vantaggio sistemico. Garantendo maggiore efficienza alle transazioni, i prezzi osservati rispecchiano valori maggiormente in linea con quelli che si formerebbero su un mercato concorrenziale. Poiché qualsiasi intervento pubblico sul mercato degli NPL, per non essere assoggettato alla disciplina comunitaria sugli aiuti di Stato, ha come vincolo stringente quello di avvenire “a prezzi di mercato”, ricavare questi ultimi in modo non penalizzante né per chi compra né per chi vende rappresenta un requisito fondamentale per qualsiasi ipotesi di bad bank a capitale pubblico.

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