Quale lavoro agile dopo l’emergenza?

Armanda Cetrulo dopo aver ricordato che il lavoro a distanza si è ampiamente diffuso durante l'emergenza pandemica nelle imprese pubbliche e private coinvolgendo milioni di lavoratori, pur in assenza di una regolamentazione precisa in merito al suo utilizzo sostiene che la crescente attività della contrattazione collettiva a livello settoriale ed aziendale e la recente firma di un protocollo tra parti sociali e Ministero del lavoro delineano le caratteristiche che il lavoro agile avrà dopo l’emergenza.

Come riportato da molti quotidiani, il 7 Dicembre si è tenuta un’importante riunione tra Ministero del Lavoro e parti sociali riguardante la definizione di un protocollo sul lavoro a distanza che, pur rappresentando un “privilegio” per una parte minoritaria della forza lavoro, ha interessato milioni di persone durante la pandemia. La riunione convocata dal Ministro Orlando, che ha fatto seguito ad altri incontri nel corso dell’anno, ha visto le parti convergere su una serie di linee guida riguardanti l’adozione del lavoro agile.

Il testo presenta 16 articoli in cui si definiscono i principi generali, si ribadisce l’importanza dell’accordo individuale e la volontarietà della scelta, si prevede il diritto alla disconnessione e alla privacy oltre che l’esercizio dei diritti sindacali, si riconosce l’onere in capo al datore di lavoro di fornire la strumentazione tecnologica ed informatica, si ribadisce la validità della copertura INAIL contro infortuni e malattie professionali, si pone l’accento sulle pari opportunità, sul coinvolgimento dei lavoratori fragili e sull’erogazione della formazione.

Un punto fondamentale che vale la pena sottolineare riguarda il ruolo riconosciuto alla contrattazione collettiva. Il protocollo infatti, pur mantenendo il riferimento alla legge n. 81/2017 che ha introdotto il cosiddetto “smart working”, sottolinea l’importanza della contrattazione collettiva a tutti i livelli, attribuendole una funzione cruciale nella definizione di regole più dettagliate. Ciò rappresenta una novità importante rispetto alla legge che prevedeva esclusivamente l’ accordo individuale tra datore di lavoro e lavoratore, escludendo di fatto il sindacato.

Come dimostra il numero crescente di protocolli ed accordi sottoscritti dall’inizio della pandemia, le organizzazioni sindacali e datoriali sono state impegnate in intense relazioni industriali sia a livello aziendale che settoriale proprio per regolamentare una modalità di lavoro che si è diffusa in maniera del tutto imprevedibile a causa dei ripetuti lockdown e della necessità di contenere la circolazione del virus Covid-19. In un recente articolo pubblicato sull’ultimo numero della rivista SINAPPSI dell’INAPP dedicato all’emergenza Covid, abbiamo analizzato alcune delle problematiche legate alla regolamentazione del lavoro a distanza, anche attraverso la lettura di alcuni degli accordi recenti disponibili e liberamente consultabili sul sito dell’Archivio del CNEL. Nella maggior parte dei casi gli accordi aziendali fanno riferimento al diritto di disconnessione, alla fornitura da parte del datore di lavoro degli strumenti di lavoro necessari allo svolgimento della propria prestazione ed all’erogazione o meno dei buoni pasto.

Oltre agli accordi collettivi aziendali, tre importanti protocolli sono stati sottoscritti a livello intersettoriale nei settori delle telecomunicazioni (Luglio 2020), della chimica e farmaceutica (Luglio 2020) e delle assicurazioni (Febbraio 2021), settori protagonisti della sperimentazione del lavoro da remoto durante l’emergenza sanitaria. È interessante notare che i tre protocolli presentano strutture e contenuti in parte differenti. Nel settore assicurativo, l’accordo segue in parte il modello dell’Accordo Interconfederale sul Telelavoro stipulato nel 2004. Include disposizioni importanti come il rispetto dell’orario di lavoro definito nel CCNL, il diritto alla disconnessione, il diritto alla formazione e la fornitura delle attrezzature necessarie. L’accordo del settore delle telecomunicazioni avanza proposte innovative che rivelano la volontà di ripensare più in generale l’organizzazione del lavoro con l’obiettivo di migliorare la qualità del lavoro. Si discute della possibilità di ridurre l’orario di lavoro (a parità di salario), ma si fa anche riferimento alla necessità di promuovere politiche contro la violenza di genere, si sottolinea l’applicazione dell’articolo 4, comma 1 dello Statuto dei lavoratori che esplicita la necessità di un accordo con il sindacato in merito all’installazione di strumenti di lavoro e di monitoraggio che comportino forme di controllo sui lavoratori. D’altra parte, il protocollo del settore chimico propone un nuovo modello organizzativo, basato su flessibilità, obiettivi e risultati, il cosiddetto “F.O.R. Working”.

Le differenti declinazioni dell’idea del lavoro agile ci restituiscono un aspetto importante, spesso sottaciuto nel dibattito pubblico: il lavoro a distanza non si configura semplicemente come una prestazione lavorativa svolta in remoto, ma richiede una riorganizzazione delle modalità di interazione tra lavoratori, della definizione degli obiettivi e criteri di valutazione, e per essere davvero efficace comporta una profonda messa in discussione di modelli manageriali gerarchici basati sulla riduzione dell’autonomia e della discrezionalità del lavoratore, oltre che un investimento consistente in tecnologie informatiche e in digitalizzazione da parte delle aziende.

Inoltre, poiché il lavoro agile viene svolto nella maggior parte dei casi presso il domicilio del lavoratore, sono diverse le dimensioni che si intrecciano, da quella della privacy (a cui il protocollo dedica un articolo dettagliato) a quella della salute e sicurezza e della parità di genere nella gestione dei carichi domestici. Quest’ultimo aspetto, che esula chiaramente dall’esperienza lavorativa in sé, condiziona tuttavia la qualità, l’intensità, la perseguibilità e – quindi –  gli effetti dell’esperienza di lavoro agile.

Allo stesso tempo, l’eterogeneità che caratterizza le imprese italiane non solo in termini di relazioni industriali ma anche in termini di produttività, tecnologia e capabilities, rende necessaria la definizione di precise linee guida a carattere nazionale che siano facilmente applicabili a contesti differenti, specialmente laddove la contrattazione aziendale non è sviluppata.

La stipula di questo protocollo può quindi rappresentare la leva su cui sindacati e imprese saranno portati a confrontarsi al fine di risolvere alcuni degli aspetti più problematici legati all’esperienza del lavoro a distanza (come ad esempio le modalità di esercizio del diritto alla disconnessione). Significativa in questo senso la previsione, all’interno del protocollo, di un “Osservatorio nazionale bilaterale in materia di lavoro agile” che ha proprio l’obiettivo di monitorare lo sviluppo della contrattazione ed anche di analizzare l’evolversi del contesto giuridico, organizzativo e tecnologico rispetto al tema di interesse. Tale lavoro di monitoraggio potrebbe essere propedeutico in un futuro post-emergenza alla definizione di un intervento normativo più specifico, come previsto recentemente dal Portogallo.

Schede e storico autori