Quale futuro per l’innovazione sociale? Una proposta

Giuseppe Greco muove dalla considerazione che il tentativo di rispondere ad una più articolata domanda di servizi di utilità sociale ha dato vita al fenomeno dell’innovazione sociale. Greco illustra poi gli ostacoli allo sviluppo dell'innovazione sociale e sottolinea l’importanza di nuove forme di collaborazione fra tutti gli attori del sistema. In questa prospettiva egli formula la proposta di un market-place digitale dell’innovazione sociale, che potrebbe essere fatta propria dalla nascente Fondazione Italia Sociale.

Sotto la spinta della globalizzazione e della terziarizzazione dell’economia, prima, e della crisi del 2008, poi, anche in Italia sono nate miriadi di organizzazioni della società civile e di iniziative imprenditoriali innovative, che mirano a soddisfare bisogni sociali, non strettamente economici. Si tratta del tentativo di rispondere con nuove forme ad una più articolata domanda di beni e servizi di utilità sociale, come l’assistenza, la sanità, l’educazione, la formazione, l’inserimento professionale, l’housing sociale, la tutela ambientale, le attività culturali, la ricerca scientifica, il micro-credito, incontrando bisogni in genere trascurati dalle logiche del mercato e dagli stessi servizi pubblici. Tutto questo viene qualificato come innovazione sociale.

I soggetti coinvolti sono di diversa natura: cooperative, imprese sociali, fondazioni, organizzazioni no profit, associazioni di volontariato, organizzazioni non governative; nel complesso si stanno dimostrando capaci di creare occupazione, anche tra le fasce deboli della popolazione. L’innovazione sociale oggi interessa soprattutto i tessuti urbani e semi-urbani, dove può incidere sulla struttura socio-economica e sullo sviluppo locale. Una sua interessante e recente articolazione è quella delle start-up innovative a vocazione sociale, le quali – coniugando creatività sociale e creatività digitale – contribuiscono allo sviluppo delle cosiddette Smart City. Secondo lo studio IDC Worldwide Smart Cities 2015 Prediction gli investimenti in tecnologie dedicate a innovazione sociale e Smart Community sono uno dei 10 driver di crescita delle Smart City nel periodo 2015-2018.

Le caratteristiche emergenti dell’innovazione sociale. L’innovazione sociale si basa su una moltitudine di iniziative dal basso, per tracciare nuove e più efficaci risposte alle sfide socio-economiche emergenti, in termini di pratiche gestionali, modelli organizzativi, contenuti dei servizi, capacità di lettura dei bisogni. In particolare essa si caratterizza per:

  • il forte uso di network ramificati per sostenere e gestire relazioni e nuove forme di partecipazione, facendo sempre più spesso leva sulle infrastrutture digitali e in genere sull’Information and Communication Technology;
  • la priorità che viene data ai valori e agli obiettivi sociali, nonché l’enfasi posta sulla qualità della vita e sulla centralità dell’individuo.

Questa innovazione si occupa della complessità non attraverso modelli precostituiti, ma coinvolgendo territori e individui. L’attenzione viene posta sulla qualità delle relazioni, la personalizzazione dei prodotti e dei servizi, i percorsi di vita e l’assistenza continuativa. Si è venuta così configurando un’innovazione aperta che tendenzialmente diffonde idee, valorizza il contributo di tutti, coinvolge user di ogni livello e, inoltre, progetta piattaforme per facilitare l’incontro di gruppi di persone, dando vita anche ad organizzazioni virtuali.

Gli ostacoli allo sviluppo dell’innovazione sociale. Per realizzare le proprie potenzialità economiche l’innovazione sociale ha bisogno di operare in un ambiente dinamico e capitalizzato, offrendo ai potenziali sostenitori o investitori il massimo della trasparenza. In tale prospettiva il rapporto virtuoso fra innovazione sociale e sistemi produttivi urbani e semi-urbani dipende essenzialmente da tre fattori: il capitale umano, il capitale sociale, la governance territoriale. I sistemi urbani e semi-urbani, infatti, per competere con successo e far parte delle reti lunghe della globalizzazione devono essere guidati da una governance socio-economica territoriale, in cui far dialogare gli enti pubblici locali, gli istituti bancari, le aziende manifatturiere e le organizzazioni che a vario titolo afferiscono all’innovazione sociale.

Sono già numerosi i casi di “secondo Welfare”, cioè di partnership sul territorio tra aziende profit e organizzazioni di natura sociale, che coinvolgono anche enti pubblici locali e istituti bancari. Nonostante le esperienze già in atto resta, però, aperta la questione del rapporto delle imprese sociali in senso lato con gli enti pubblici locali e con gli istituti bancari (e con il mondo della finanza specializzata). Per quanto riguarda il rapporto banca-impresa la criticità più evidente è l’asimmetria informativa, che limita il credito concesso a questo tipo di organizzazioni, già scarsamente patrimonializzate. Mentre rispetto agli enti pubblici locali il nodo irrisolto è la loro capacità di assumere una responsabilità primaria della governance territoriale, anche in considerazione della preponderanza dei fondi pubblici in questo campo.

Dalle politiche sociali alle politiche per l’innovazione sociale. Per superare gli ostacoli alla piena realizzazione delle potenzialità dell’innovazione sociale, anche come motore di crescita, è necessario innanzitutto passare dalle tradizionali politiche sociali – peraltro già indebolite dal progressivo razionamento delle risorse pubbliche e dei servizi – alle politiche attive per l’innovazione sociale. Con la comunicazione Towards Social Investment for Growth and Cohesion del 2013 la stessa Commissione UE sollecita gli Stati membri nell’ambito dei Programmi Nazionali di Riforme “a sviluppare strategie concrete per l’innovazione sociale e per l’imprenditoria sociale, a garantire stabili e adeguati sostegni finanziari e a fornire formazione, networking e tutoraggio al fine di favorire politiche evidence-based”, in linea con il Piano d’azione UE Social Business Initiative and the Entrepreneurship 2020.

In questa prospettiva la definizione di un più avanzato e qualificato quadro normativo è una condizione necessaria ma non sufficiente. L’Italia ha già varato ad esempio una normativa ad hoc sulle start-up innovative a vocazione sociale (Legge 221/2012), mentre con l’ultima Legge di Stabilità è stata riconosciuta forma giuridica alle cosiddette Benefit Corporation, aziende che, oltre alla distribuzione dei dividendi, perseguono obiettivi a impatto sociale e ambientale. Peraltro il Parlamento discute da tempo la Legge delega per la riforma organica del Terzo settore e dell’impresa sociale (approvata dal Senato il 30 marzo 2016 e attesa ora all’esame della Camera), mentre è stata di recente presentata una proposta di legge sulla Sharing Economy.

Oltre che di interventi normativi, l’innovazione sociale ha bisogno dello sviluppo di infrastrutture informative in grado di favorire l’incontro fra domanda e offerta, attraverso la nascita di un vero e proprio market-place digitale dell’innovazione sociale. Una piattaforma nazionale integrata, in grado di favorire sia l’aggregazione e l’emersione di domanda e offerta, sia la nascita di nuove imprese e iniziative sociali, sfruttando le opportunità di trasparenza, partecipazione e diffusione generativa offerte dal digitale. Più precisamente si potrebbero, ad esempio, mettere in rete bisogni e istanze, idee e suggerimenti, esperimenti e prototipi, best practice ed esperienze, servizi innovativi, voucher sociali e micro-donazioni, strumenti della finanza sociale e di progetto.

Il possibile ruolo di un market-place digitale. Un’infrastruttura sociale di questo tipo potrebbe nascere nella forma di Public-Social-Private-Partnership (PSPP), coinvolgendo tutti gli attori interessati a sostenere un nuovo modello di sviluppo, fondato sulla Collaborative Economy. In primis gli enti pubblici locali, che avrebbero a disposizione gli elementi necessari per riprogettare le politiche sociali a partire dai bisogni rivelati dei cittadini, dal dinamismo dell’innovazione sociale e dalla mobilitazione di risorse economiche addizionali. Mentre le banche e gli operatori della finanza specializzata potrebbero cogliere nuove opportunità per sostenere l’imprenditorialità sociale diffusa, attraverso percorsi non convenzionali di accesso al credito, con la contemporanea partecipazione alla generazione di nuovi progetti. Alle imprese profit inoltre verrebbe offerta l’opportunità di sviluppare partnership e alleanze strategiche con il mondo del sociale in un’ottica di Corporate Social Innovation, partecipando alla creazione, allo sviluppo e al finanziamento di servizi innovativi.

Dal canto loro i cittadini e le loro associazioni, attraverso un market-place digitale avrebbero la possibilità di esprimere liberamente bisogni, istanze e proposte, trovare il servizio di prossimità che meglio risponde alle proprie esigenze, partecipare al micro-finanziamento e al sostegno dei servizi innovativi, nonché esprimere una valutazione in tempo reale sull’efficacia e la qualità del servizio fruito. Mentre gli imprenditori sociali in senso lato si gioverebbero della piattaforma per allargare il proprio bacino d’utenza, irrobustire le proprie competenze, sviluppare nuovi servizi conformi alla domanda, intercettare i voucher sociali e i circuiti del crowdfunding, entrare nel mercato della finanza sociale e di progetto sia pubblica che privata nelle forme di grant o di equity.

Lo sviluppo su larga scala dell’innovazione sociale. Questa dorsale digitale per l’innovazione sociale favorirebbe nel tempo la trasformazione degli attori del sistema da “portatori di interessi” (stakeholder) a “portatori di risorse” (assetholder), attraverso l’ibridazione di realtà, culture e modelli diversi. A sua volta il varo del market-place nazionale potrebbe essere preceduto dalla sperimentazione di piattaforme digitali nelle diverse Città metropolitane, da integrare successivamente.

Tutto il processo andrebbe realizzato mediante lo sviluppo di nuovi standard di misurazione dei risultati (outcome), da sperimentare sulla piattaforma stessa attraverso l’analisi dei big data, generati dal suo utilizzo. Per compiere un salto dimensionale, l’innovazione sociale deve essere guidata dalla definizione di un nuovo set di indicatori relativi alle condizioni economiche, sociali, culturali e ambientali delle comunità, nonché alla qualità di vita.

L’orientamento ai risultati serve anche a canalizzare risorse e attività, a superare l’attuale frammentarietà del fenomeno e a selezionare le iniziative realmente innovative e sociali, da quelle che non lo sono o che lo sono solo in apparenza. Da questo punto di vista la piattaforma digitale offrirebbe la possibilità di utilizzare un sistema trasparente e guidato di autenticazione e di certificazione dei processi.

La prospettiva del market-place digitale per l’innovazione sociale andrebbe fatta propria – con la possibile partecipazione di Cassa Depositi e Prestiti – dalla nuova Fondazione Italia Sociale, prevista all’art. 10 della Legge per la riforma del Terzo settore e dell’impresa sociale. Anche per incardinare su un programma più concreto l’azione della Fondazione, già ribattezzata “IRI del sociale”.

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