Qualche considerazione su etica e azione pubblica

Parlare di etica ed economia significa parlare di temi molto ampi. Anche quando si parla di etica ed economia insieme (il comportamento, le sue finalità e motivazioni e i suoi rapporti con l’attività umana volta a promuovere migliori condizioni di vita, comunque queste si definiscano) l’ambito rimane il più delle volte così vasto da rendere difficile persino il confronto sui suoi presupposti, siano questi speculativi, filosofici, ideali o attinenti al governo del bene comune, dunque alla politica.

Se si crede che questo sia un tema non solo attuale ma anche in grado di incidere, qui e ora, sulla realtà e in particolare sulla realtà del nostro Paese – e l’osservazione di quello che sta accadendo provvede a rendere sempre meno consistenti dubbi in proposito – occorre quindi delimitarlo e circoscriverlo, non solo per porlo al centro di un dibattito del resto sempre più rituale e scoraggiato, ma anche per aggredirlo, per dire che forse qualcosa si può fare, che possono esserci proposte credibili sul come fare e strumenti, risorse e volontà per cominciare, almeno cominciare, a mettersi al lavoro.

Delimitarlo e circoscriverlo serve – anche correndo il rischio di perderne elementi di profondità, complessità, spessore, insomma di semplificare un po’ troppo – a evitare di dover prima di tutto affrontare giudizi di idealismo e/o di velleitarismo. Non si può certo fare tutto e subito ma qualcosa sicuramente si, partendo magari da una parte della questione e scontando tempi non brevi, percorsi non sempre lineari, progressi magari modesti ma anche concreti. Fare comunque, cominciare a operare, darsi obiettivi nonostante siano chiare le difficoltà e enormi i rischi di non essere in grado di incidere veramente.

Per agire così – per cominciare a operare proponendo e facendo – occorre porsi qualche domanda e magari anche trovare qualche risposta convincente. Intanto: c’è effettivamente una “convenienza” collettiva (e quindi una domanda effettiva) a porre la questione dell’etica e dell’economia e della politica, in questo modo ? E, se si, ci sono le condizioni, le potenzialità perché tale convenienza sia percepita e diventi quindi motore di adesioni più ampie e del minimo di consenso necessario sull’opportunità (e sulle scelte conseguenti) di farne elemento di policy ?

La prima questione è evidentemente (nel nostro ambito) un po’ retorica, altrimenti non staremmo qui nemmeno a porla. Sulla seconda c’è invece da lavorare perché ci siano spunti, occasioni, iniziative perché tali condizioni e potenzialità si creino e si rafforzino.

Sotto questo profilo è quindi importante cogliere i segnali che – non certo sistematicamente e nemmeno organicamente – comunque continuano a venire, spesso dalla società civile, dall’associazionismo, dalle parti economiche e sociali e, qualche volta, anche dal sistema amministrativo, dalla pubblica amministrazione.

Si diceva è necessario delimitare un po’ il campo. Ecco, cominciare a ragionare del rapporto fra etica e azione pubblica, delle motivazioni (e quindi anche del sistema di incentivi e convenienze) che muovono il comportamento e le decisioni amministrative è probabilmente un modo per cominciare a farlo concentrando l’attenzione su uno snodo cruciale, soprattutto nel nostro Paese e soprattutto in questo momento, di una strategia che voglia rendere la tempo stesso più trasparente ed efficace la gestione della cosa pubblica e, anche attraverso questo, più moderna e più giusta la nostra società.

Non è un argomento nuovo, si dirà. E’ vero, ma è un argomento che ha bisogno di essere trattato in modo nuovo perché quando, in passato e anche di recente, si è parlato di etica e pubblica amministrazione spesso (il più delle volte) lo si è fatto associando l’etica al comportamento corretto (rispettoso delle regole e della cortesia istituzionale) del pubblico amministratore o comunque del personale cui sono affidati compiti amministrativi. Con strumenti (i “codici etici”) e con esiti che si sono rivelati i primi piuttosto labili e i secondi, inevitabilmente, molto deludenti. Su questo fronte si può migliorare, ma non è questo il punto. Il punto è che per incidere veramente bisogna dare un significato diverso al rapporto far etica e pubblica amministrazione e, in particolare, bisogna uscire dal giro vizioso delle possibili ambiguità della “correttezza del comportamento” (la cui importanza non va comunque sottovalutata, è una premessa necessaria di tutto il resto) per collegare subito il comportamento corretto con il comportamento efficace in relazione a determinate finalità dell’azione pubblica.

Insomma, tornando ai classici, dall’”etica dell’intenzione” dell’azione pubblica all’”etica della responsabilità” dell’azione pubblica, il che significa un’etica che non può essere indipendente dalle finalità e dagli obiettivi che l’azione pubblica si pone e, insieme, che non può disinteressarsi se tali obiettivi e finalità si conseguano o meno: che, insomma, deve porsi in modo concreto il problema della propria efficacia.

Questo nota è diretta a porre il tema all’attenzione e a suscitare intanto un primo confronto, interno e esterno all’Associazione. Già con l’idea, tuttavia, di non limitarci a questo ma, come si diceva in precedenza, di cominciare a muoversi più attivamente. Ci sono progetti e iniziative che stanno cominciando a mettere queste specifiche questioni al centro di una rinnovata attenzione della pubblica amministrazione sul cosa significhi (e cosa implichi) un agire orientato in senso etico nel governo della cosa pubblica. Forse su questo il contributo di chi da tempo riflette su questi temi può essere utile e anche, se tempestivo, incisivo nell’orientare tali progetti e tali iniziative a considerare, con coraggio, la possibilità, per la pubblica amministrazione, di un’”etica della responsabilità” ovvero di un’etica “secondo la quale bisogna rispondere delle conseguenze (prevedibili) delle proprie azioni”. Sembra poco e quasi banale. Forse non è proprio così e forse parlando di pubblica amministrazione si dovrà inevitabilmente parlare anche di governo della cosa pubblica, ovvero di politica.

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