Più o meno poteri per l’Europa? Il dialogo tra Lorenzo Bini Smaghi e Gustavo Piga

Marco Valerio Del Buono e Rama Dasi Mariani dallo conto del dialogo del ciclo ‘A pensarci bene’ svoltosi lo scorso 13 maggio, nel corso del quale Lorenzo Bini Smaghi e Gustavo Piga hanno confrontato le loro opinioni sul tema: “Più o meno poteri all’Europa?”. Del Buono e Mariani sintetizzano il dibattito e presentano i risultati del sondaggio rivolto ai partecipanti confrontando le risposte prima e dopo il dibattito, come è caratteristico di ‘A pensarci bene’. In particolare, sottolineano i significativi cambiamenti di opinione intervenuti in seguito al dialogo.

Lunedì 13 Maggio, a due settimane esatte dalle elezioni europee del 2019, Lorenzo Bini Smaghi e Gustavo Piga si sono confrontati sulla questione “più o meno poteri per l’Europa?”. L’evento rappresentava l’ultimo incontro del secondo ciclo dei dialoghi organizzati da Etica e Economia e si è svolto seguendo le consuete regole. Gli affezionati le hanno oramai apprese, ma è bene ricordarle.

I dialoghi sono pensati per far emergere punti di vista diversi e anche contrapposti su temi di rilevante attualità; un palcoscenico dove si dibattono in maniera ragionata idee discordanti. In particolare, ai dialoganti vengono poste cinque domande a ognuna delle quali devono rispondere in cinque minuti. Le considerazioni più generali sono lasciate alla fine, insieme alle domande del pubblico. Inoltre, per capire quale sia l’effetto di un dialogo con queste caratteristiche sulle opinioni dei partecipanti,   a questi ultimi –presenti in sala o collegati via facebook – viene chiesto di rispondere prima e dopo il dialogo a un sondaggio online che contiene le stesse domande poste ai dialoganti. Queste note danno conto delle opinioni del pubblico e dei cambiamenti indotti dal dialogo, oltre che delle risposte date da Bini Smaghi e Piga

Prima domanda: “Le regole europee in materia di finanza pubblica favoriscono, ostacolano o sono indifferenti per la stabilità e la crescita all’interno dell’Unione Europea? Nel caso siano ritenuti necessari, quali cambiamenti sarebbero auspicabili?

A questa domanda Gustavo Piga ha risposto chiaramente che le regole europee in materia di finanza pubblica ostacolano la stabilità e la crescita. L’ostacolo principale è rappresentato dall’assenza di manovre di aiuto per i paesi dell’Unione caratterizzati da alto debito e problemi strutturali. Infatti, di fronte alla crisi economica più grave dai tempi della Grande Recessione, ossia quella che in maniera ottimistica o pessimistica viene definita recente o attuale, non è stata implementata alcuna politica di sostegno.

Bini Smaghi ha dato, invece, una risposta meno netta: dipende. Partendo dalla considerazione che regole come il Fiscal Compact, sono necessarie in qualsiasi unione economica e politica, ha tuttavia riconosciuto l’eccessiva rigidità con la quale queste regole sono state applicate. D’altra parte, Bini Smaghi ha fatto notare come negli ultimi anni sia cresciuta la flessibilità e, inoltre, che i paesi che hanno rispettato le regole comunitarie sono quelli che sono cresciuti di più.

 

Figura 1: Risposte nel sondaggio pre-dialogo alla domanda “Le regole europee in materia di finanza pubblica favoriscono, ostacolano o sono indifferenti per la stabilità e la crescita all’interno dell’Unione Europea?”

Figura 2: Risposte nel sondaggio post-dialogo alla domanda “Le regole europee in materia di finanza pubblica favoriscono, ostacolano o sono indifferenti per la stabilità e la crescita all’interno dell’Unione Europea?”

Figura 3: Confronto delle risposte pre e post dialogo alla domanda “Le regole europee in materia di finanza pubblica favoriscono, ostacolano o sono indifferenti per la stabilità e la crescita all’interno dell’Unione Europea?”

Il dato principale è una ‘redistribuzione’ di consensi dalle altre due possibili risposte a quella che considera le regole di finanza pubblica un ostacolo alla stabilità e alla crescita.

Seconda domanda: “Qual è il futuro dell’Euro nel medio-lungo termine? Cosa potrebbe accrescere la fiducia nell’euro all’interno e all’esterno dell’Unione Europea?”

Bini Smaghi, ha riportato i dati di Eurobarometro secondo i quali le opinioni dei cittadini europei sono in maggioranza positive. In conclusione, non c’è motivo di preoccuparsi per uno sgretolamento del progetto comunitario e per questo si può affermare che sopravviverà.

Piga ha sottolineato come il successo dell’Euro nei mercati valutari sia innegabile e per questo la probabilità che il progetto non sopravvivrà in futuro è molto bassa. Tuttavia, questa probabilità non è esattamente zero. Il problema di un indebolimento della moneta unica risiede in un indebolimento del sovrano che la emette e, in questo caso, in una debolezza della politica fiscale. Attualmente, però, non ci sono le premesse per il passaggio dall’autonomia fiscale ad una politica comune e perciò non ci resta che attendere. D’altronde negli Stati Uniti c’è voluto più di un secolo per arrivarci.

 

Figura 4: Risposte nel sondaggio pre-dialogo alla domanda “Qual è il futuro dell’Euro nel medio-lungo termine?”

Figura 5: Risposte nel sondaggio post-dialogo alla domanda “Qual è il futuro dell’Euro nel medio-lungo termine?”

Figura 6: Confronto delle risposte pre e post dialogo alla domanda “Qual è il futuro dell’Euro nel medio-lungo termine?”

Riguardo questa seconda domanda, i cambiamenti di opinione sono stati più variegati. È diminuito del 9% circa il consenso per la risposta “Sopravvivrà per mancanza di alternative” mentre sono aumentate le risposte “Sopravvivrà per i suoi meriti” o “Non sopravvivrà”.

Terza domanda: “Che effetto hanno avuto le politiche europee sul processo di convergenza strutturale tra le aree economiche all’interno della UE: lo hanno favorito, ostacolato o sono state ininfluenti? Cosa potrebbe rafforzare questo processo?”

Nel rispondere a questa domanda Piga è partito dall’analisi dei dati sull’andamento degli indici di disuguaglianza tra paesi dall’inizio dell’Unione ad oggi. In particolare, prima del 2008 si è registrata una convergenza, soprattutto tra Est e Ovest Europa. Dopo il 2008, invece, vi è stata divergenza tra Nord e Sud, lasciando pensare che i sistemi fiscali che caratterizzano i paesi di queste due macroaree non erano adeguatamente attrezzati per fronteggiare la crisi. Per questo è necessaria una politica inclusiva di trasferimenti, così com’è avvenuto in varie fasi storiche nel processo di integrazione tra Germania dell’Est e dell’Ovest, tra Italia del Nord e Mezzogiorno e durante il Patto Sociale statunitense di Roosevelt.

Bini Smaghi ha, invece, fornito una lettura diversa dei dati, sostenendo che la disuguaglianza tra paesi è diminuita, ma è aumentata quella all’interno degli stessi e ha sottolineando nuovamente che il problema non sta nelle regole comunitarie, ma in quelle dei singoli stati membri.

 

Figura 7: Risposte nel sondaggio pre-dialogo alla domanda “Che effetto hanno avuto le politiche europee sul processo di convergenza strutturale tra le aree economiche all’interno della UE: lo hanno favorito, ostacolato o sono state ininfluenti?”

Figura 8: Risposte nel sondaggio post-dialogo alla domanda “Che effetto hanno avuto le politiche europee sul processo di convergenza strutturale tra le aree economiche all’interno della UE: lo hanno favorito, ostacolato o sono state ininfluenti?”

Figura 9: Confronto delle risposte pre e post dialogo alla domanda “Che effetto hanno avuto le politiche europee sul processo di convergenza strutturale tra le aree economiche all’interno della UE: lo hanno favorito, ostacolato o sono state ininfluenti?”

Il cambiamento più significativo riguarda la riduzione nel numero di chi non aveva preso una chiara posizione, a favore o contro le politiche europee. Infatti, la percentuale di coloro che aveva risposto “Ininfluenti” o “Non so/sono indifferente” è diminuita di circa il 18% e il travaso è avvenuto soprattutto verso la tesi che le politiche europee hanno favorito il processo di convergenza.

Quarta domanda: “Sono molti gli ambiti nei quali una politica comune può dare grandi vantaggi ai cittadini europei. Sei d’accordo? Potete indicare ambiti in cui ciò è possibile e prioritario?

Entrambi i dialoganti si sono mostrati d’accordo e le risposte si sono differenziate soprattutto nella indicazione degli ambiti in cui i vantaggi sono più evidenti. Bini Smaghi ha affermato che solamente unita l’Europa può sedersi al tavolo globale delle trattative su temi fondamentali come i diritti civili e l’ambiente. Piga ha sostenuto che ci sono ambiti, come la difesa e l’immigrazione, per i quali esistono benefici derivanti dalla gestione comune. Tuttavia, l’immigrazione genera anche costi e alimenta ostilità. Bisognerebbe, perciò, spingere sul piano politico, in modo da “scaldare i cuori” e far percepire meglio i benefici.

 

Figura 10: Risposte nel sondaggio pre-dialogo alla domanda “Sono molti gli ambiti nei quali una politica comune può dare grandi vantaggi ai cittadini europei. Sei d’accordo?”

Figura 11: Risposte nel sondaggio post-dialogo alla domanda “Sono molti gli ambiti nei quali una politica comune può dare grandi vantaggi ai cittadini europei. Sei d’accordo?”

Figura 12: Confronto delle risposte pre e post dialogo alla domanda “Sono molti gli ambiti nei quali una politica comune può dare grandi vantaggi ai cittadini europei. Sei d’accordo?”

In questo caso l’effetto del dialogo sembra essere stato quello di “polarizzare” le idee. È diminuita, infatti, la percentuale di coloro che aveva risposto “D’accordo in linea di massima” ed è aumentata sia la percentuale di chi ha risposto “Molto d’accordo” sia quella di chi si è detto “In disaccordo”.

Quinta domanda: “Gli interessi della Germania sono conciliabili con quelli degli altri paesi dell’Ue? Cosa potrebbe realisticamente favorire questa conciliazione?”

Secondo la lettura di Piga, la Germania nella storia si è mostrata molto conciliante. I trasferimenti versati alla Germania dell’Est rappresentano il caso più importante di politiche inclusive. La leva è da ricercarsi nella vicinanza culturale tra le due aree. L’Europa è un progetto giovane, perciò il sentimento di appartenenza e fratellanza deve ancora svilupparsi. L’unica cosa da fare è guadagnare tempo.

Diversamente, Bini Smaghi ha affermato che l’unico paese che mostra interessi diversi da quelli europei è l’Italia. La nostra spesa pubblica, infatti, è composta principalmente da spesa corrente e pochissimi investimenti strutturali. Questa scelta ci sta portando lontani dall’Euro.

 

Figura 13: Risposte nel sondaggio pre-dialogo alla domanda “Gli interessi della Germania sono conciliabili con quelli degli altri paesi dell’Ue?

Figura 14: Risposte nel sondaggio post-dialogo alla domanda “Gli interessi della Germania sono conciliabili con quelli degli altri paesi dell’Ue?

Figura 15: Confronto delle risposte pre e post dialogo alla domanda “Gli interessi della Germania sono conciliabili con quelli degli altri paesi dell’Ue?

In questo caso, la risposta favorevole ha guadagnato terreno, a scapito delle alternative “Si, dopo cambiamenti radicali” e “No”. Su questo tema non si sono avuti né prima né dopo il dialogo, indifferenti o incapaci di decidere.

Ancora una volta la formula del sondaggio pre- e post-dialogo si è mostrata un successo. L’88% dei partecipanti ha infatti ammesso di aver acquisito informazioni che non conosceva e ancora di più, il 94%, ha affermato di aver visto il problema da un punto di vista nuovo e diverso, insomma di “averci pensato meglio”.

 

Figura 16: Risposte alla domanda “Hai acquistato informazioni importanti che non conoscevi?”

Figura 17: Risposte alla domanda “Ti sei reso conto che le informazioni che avevi erano sbagliate?”

Figura 18: “Hai individuato aspetti del problema che non avevi considerato?”

Infine, la calorosa stretta di mano finale tra i due dialoganti è forse un piccolo segno che questo modo di dialogare sotto lo sguardo attento di chi ‘vuole pensarci meglio’ è   un arricchimento anche per chi vi partecipa.

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