Piove sul bagnato

Roberto Fantozzi incrociando i dati del recente Rapporto dell’Istat e dell’Istituto Superiore di Sanità sui maggiori decessi con le informazioni sui settori produttivi del Frame territoriale, documenta le disuguaglianze territoriali sotto entrambi gli aspetti e le difficoltà molto maggiori dei territori del Nord. Fantozzi auspica che tali disuguaglianze vengano presto colmate dalla convergenza, per una volta, del Nord verso il Sud e che si apprezzi pienamente l’importanza della coesione territoriale, al di là della miopia di alcune posizioni.

“Piove sul bagnato: lagrime su sangue, sangue su lagrime”

Giovanni Pascoli

 

“Piove sul bagnato” è, come noto, l’espressione che si usa in italiano per dire che le disgrazie spesso non vengono da sole; l’equivalente inglese è: “When it rains, it pours”. Queste espressioni vengono alla mente, con riferimento ai territori del Nord Italia, guardando – come si farà in queste note – prima i dati sui decessi, in buona parte riconducibili al Covid-2019, e poi gli effetti economici delle misure adottate dal Governo (DPCM dell’11/03/2020 e DM Mise 25/03/2020) per fronteggiare l’espandersi dell’epidemia.

Sul numero 122 del Menabò Morales Sloop si chiedeva se le misure di contenimento adottate dal Governo fossero giustificate di fronte all’avanzare dell’epidemia in Italia. La sua analisi era basata principalmente sui dati disponibili relativi ai decessi in una selezione ristretta di comuni (1084) e la principale conclusione era che nelle zone più colpite gli effetti della pandemia in corso erano stati drammatici e, qualora non si fosse intervenuti, lo sarebbero stati ancora di più.

Successivamente altri contributi hanno esplorato il trade-off tra vita ed economia e nel numero 125 del Menabò Basili e Franzini hanno avanzato alcune riflessioni su questa scelta apparentemente tragica che la pandemia ha determinato. Occorrerà continuare a ragionare su questi temi, intanto è bene guardare alle evidenze empiriche e costruire su di esse tesi e proposte.

In questo contributo esamineremo, su base provinciale, gli effetti del Covid-19 sia in termini di decessi sia in termini economici. Per i decessi ripercorreremo i principali dati presentati lo scorso 4 maggio congiuntamente dall’Istat e dall’Istituto Superiore di Sanità (Iss), che ha coordinato la Sorveglianza Nazionale integrata Covid-19, in un Rapporto sull’impatto dell’epidemia sulla mortalità in Italia nel primo trimestre del 2020. Per quanto riguarda la parte economica utilizzeremo i dati derivanti dal Registro esteso “Frame Territoriale” (anno 2017) in cui sono state rese disponibili informazioni relative alle principali variabili economiche di riferimento (numerosità, occupazione, giro d’affari) delle imprese presenti nel settore dei servizi e dell’industria. Da tale registro sono esclusi, per definizione: l’agricoltura, il credito e assicurazioni, la pubblica amministrazione, parti importanti dei servizi personali; si tratta di settori che non rientrano nel campo di osservazione delle statistiche sulle imprese e che, invece, sono comparti per i quali è autorizzata la prosecuzione delle attività.

L’obiettivo del Rapporto Istat-Iss è fornire una lettura integrata dei dati epidemiologici di diffusione dell’epidemia e dei dati di mortalità totale che comprendono anche effetti “collaterali” dell’epidemia, su cui torneremo.

Nel Rapporto sono analizzati i dati di mortalità totale osservata in 6.866 comuni, che rappresentano l’87 % di tutti i Comuni (7.904) e la cui popolazione è pari all’86% di quella residente in Italia.

Le analisi – basate sul confronto fra i recenti dati sui decessi e quelli osservati nel quinquennio 2015-2019 – confermano che la diffusione geografica dell’epidemia è stata eterogenea all’interno del Paese, molto contenuta nelle Regioni del Sud e nelle Isole, più elevata in quelle del Centro rispetto al Mezzogiorno e molto elevata nelle regioni del Nord. Allo stesso modo è confermato che l’epidemia ha prodotto più decessi tra gli uomini rispetto alle donne. Inoltre, la popolazione maschile sembra essere stata colpita da un fenomeno definito di super-mortalità; infatti, con buona probabilità sono cresciuti anche i decessi dovuti a cause non direttamente riconducibili al virus.

Considerando il periodo che va dal 20 febbraio, giorno del primo decesso Covid-19 registrato nel Sistema di Sorveglianza integrata, fino al 31 marzo, in Italia i decessi sono aumentati del 38,7% rispetto alla media del periodo 2015-2019; si tratta di 25.354 decessi in più, di cui il 54% (13.710) è costituito da morti diagnosticate per l’epidemia Covid-19. Per la restante parte, circa altri 11.600 decessi, nel Rapporto si ipotizzano tre possibili cause. La prima, associata sempre al Covid-19, riguarda quei casi in cui non è stato eseguito il tampone; la seconda si riferisce ad una mortalità indiretta correlata al Covid-19 e dovuta a disfunzioni di altri organi come conseguenza della malattia scatenata dal virus; la terza è la mortalità indiretta, non correlata al virus, ma dovuta alla crisi del sistema ospedaliero nelle aree maggiormente affette.

Per effettuare un confronto omogeno tra le province, considerate le diverse strutture per età della popolazione italiana, nel Rapporto sono stati calcolati i tassi standardizzati di incidenza cumulata al 31 marzo dei casi confermati positivi all’infezione. Successivamente, sulla base della distribuzione dei tassi sono state definite tre classi: territori a “bassa”, “media” e “alta” diffusione. Nella prima classe sono comprese le province con valori del tasso inferiore a 40 casi per 100mila residenti; nella seconda le province in cui il tasso è compreso tra i 40 e i 100 casi ogni 100mila residenti; nella terza classe, infine, le province con valori superiori ai 100 casi ogni 100mila residenti.

Complessivamente, concentrando l’analisi sul solo mese di marzo su base nazionale i decessi totali sono aumentati del 49,4% rispetto alla media 2015-2019. Il 91% dell’eccesso di mortalità riscontrato a livello nazionale si è verificato nelle aree ad alta diffusione dell’epidemia che comprendono 3.271 comuni, 37 province del Nord più Pesaro e Urbino. In questi territori i decessi totali sono più che raddoppiati (+113.2%). Le province più colpite dall’epidemia sono state: Bergamo (+568%), Cremona (+391%), Lodi (+371%), Brescia (+291%), Piacenza (+264%), Parma (+208%), Lecco (+174%), Pavia (+133%), Mantova (+122%), Pesaro e Urbino (+120%).

Nelle aree a media diffusione dell’epidemia (1.778 comuni, 35 province prevalentemente del Centro-Nord) l’incremento dei decessi per il complesso delle cause è stato molto più contenuto (+18%), Infine, nelle aree a bassa diffusione (1.817 comuni, 34 province per lo più del Centro e del Mezzogiorno) i decessi del mese di marzo 2020 sono mediamente inferiori dell’1,8% rispetto alla media del quinquennio precedente.

Complessivamente il Rapporto conferma il pesante contributo pagato in termini di vite umane nelle Province del Nord. Oltre agli effetti dell’epidemia, quei territori hanno dovuto sopportare anche un drastico rallentamento delle attività produttive. Per evidenziare questo aspetto, come anticipato, utilizziamo i dati del Registro esteso Frame Territoriale. Questo set informativo permette di definire, su base comunale, il peso di due gruppi di attività economiche sul settore produttivo: quelle “sospese” e quelle “attive” perché appartenenti a comparti produttivi esplicitamente autorizzati a mantenere l’operatività secondo i decreti governativi approvati a marzo 2020 (i dati non comprendono quindi le riaperture autorizzate a partire dal 4 maggio).

Come parametro economico utilizziamo la quota di addetti (cioè l’insieme dei lavoratori dipendenti e indipendenti) operanti nelle attività sospese e questi sono messi in relazione con l’incremento dei decessi registrati a marzo 2020 rispetto alla media 2015-2019. È utile chiarire sin da subito che lo scopo non è quello di evidenziare una possibile correlazione tra diffusione dell’epidemia e distribuzione territoriale dei settori “sospesi”, evidenza che sarebbe immediatamente smentita dai dati. Va anche ricordato che, rispetto ai 6866 comuni disponibili nel database sulle cause di morte, l’analisi riportata si riferisce a 5847 comuni poiché nel Frame territoriale non sono rese disponibili informazioni, come prevede la normativa per motivi di riservatezza, per quei comuni che, separatamente nell’industria o nei servizi, hanno meno di 3 unità locali.

La figura 1, centrata sui valori medi nazionali, riporta la distribuzione delle provincie, ottenuta come aggregazione comunale, rispetto all’incremento dei decessi (asse delle ascisse) e la quota di addetti operanti nei settori “sospesi” (asse delle ordinate). Delle 17 province presenti nel primo quadrante, sopra la media nazionale, 16 sono del Nord e una del Centro (Pesaro Urbino). Di contro, delle 37 Province presenti nel terzo quadrante, tre su quattro si trovano nel Mezzogiorno.

Osservando questo grafico viene da esclamare: piove sul bagnato! I territori del Nord, sulla base di questi dati, sembrano sopportare un costo elevato sia in termini di vite perse sia di danni economici. Le disuguaglianze territoriali, sotto questi aspetti, sono – almeno finora – molto rilevanti e la speranza è che esse vengano colmate dalla convergenza, per una volta, del Nord verso il Sud. In ogni caso, queste evidenze possono aiutare a meglio definire le misure di policy e possono, al tempo stesso, illustrare quanto sia importante la coesione territoriale, che a volte sembra essere oscurata da visioni un po’ miopi, per favorire la ripresa complessiva del Paese.

 

 

*Le opinioni espresse nel presente articolo sono personali e non impegnano in alcun modo l’istituzione di appartenenza.

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