Perché tanti morti?

Il terremoto dell’Aquila

Spiegano gli scienziati che i terremoti non si possono prevedere. Crediamo alle loro affermazioni, anche se, almeno dal 1960, nelle aree sismiche degli Stati Uniti, Russia, Cina e Giappone il gas radon viene monitorato per segnalare stato di allarme nel caso vengano rilevate anomale concentrazioni di esso (Radon Monitoring, World Scientific Publishing Co. Printed in Singapore,1990, pag.245). Ma se non si può prevedere un terremoto è certo che non si può neppure prevedere, tanto più in zone sismiche, che esso non ci sarà. E’ stata tuttavia proprio questo il messaggio – non doversi temere un terremoto che, in parte anche per responsabilità dei media, la Commissione grandi rischi, presieduta da Franco Barberi riunitasi insieme alla dirigenza dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia ( prof. Boschi), dopo l’allarme lanciato dal tecnico ricercatore Giuliani, ha lasciato pervenisse alla popolazione dell’Aquila, due giorni prima che mezza città crollasse. Non è un reato, ma certamente è una colpa sulla quale riflettere. Tanto più che all’Aquila il terremoto era in atto già da due mesi, con scosse di intensità tale da sollecitare in ogni caso verifiche e la predisposizione di interventi di emergenza.

Non risulta che, al di là della chiusura delle scuole per due giorni ordinata dal sindaco, sia stato fatto nulla di significativo (a differenza di quanto fu fatto per Ancona nel 1972) sia per mettere in sicurezza taluni edifici, sia per predisporre servizi di emergenza per la popolazione. Ed altro fatto indiscutibile è quello che all’Aquila sono crollati, insieme ad edifici provati dal tempo, edifici strategici costruiti in tempi recenti non da artigiani muratori, ma da grandi imprenditori-appaltatori che hanno al servizio qualificati professionisti e che, se costruiti a norma di legge, avrebbero dovuto reggere all’impatto delle onde sismiche registrate in Abruzzo: parliamo della sede della Prefettura, della Casa dello studente e dell’Ospedale. Nessuno tra l’altro aveva provveduto ad allestire nella zona un deposito di tende, nessuno, al di là della singola iniziativa di qualche famiglia, aveva provveduto ad accumulare scorte d’emergenza o a predisporre aree di sicurezza, nessuna prova di abbandono casa era stata effettuata. La formula era sempre la stessa: “scosse di assestamento”. La Rai subito dopo i drammatici crolli parlava di “tendopoli pronte”, il Grande Maitre della Rai ha parlato, a sera, di un volteggiare di elicotteri all’Aquila tale da aver trasformato la città in una base americana in pieno stato di emergenza. Tutti gli italiani che hanno seguito i drammatici eventi in televisione hanno visto i malati sgombrati dall’Ospedale passare la prima notte e buona parte del primo giorno all’aperto, e constatato con i loro occhi che le tendopoli montate per la notte successiva al sisma erano spiazzi semideserti, uno con due tende e uno con cinque tende. Le tende in alcune frazioni distrutte sono arrivate cinque giorni dopo.

La solidarietà espressa al sindaco dell’Aquila e a tutti i cittadini, il dolore nel sentire ogni ora salire il numero dei morti e dei feriti, il messaggio civico di unità che hanno mandato all’ Italia gli 8.500 volontari di tutte le età che sono corsi all’Aquila per prestare aiuto, la capacità dimostrata da Vigili del Fuoco, Croce Rossa, Marina Militare, l’abbaiare dei cani che 48 ore dopo il crollo annunciava che sotto le macerie c’era ancora una persona viva, i milioni di euro offerti dalla popolazione italiana sono cose che abbiamo sentito, provato, ascoltato con emozione. Ma tutto ciò non ha cancellato le domande che da quei morti ci viene.

Causa delle loro morte è stata solo una tragica fatalità che non è dato all’uomo contrastare ? O assieme alla tragica fatalità, di cui per esperienza diretta conosciamo tutta la minacciosa portata, hanno giocato, così come per il Vajont, altri fattori ?

Non siamo specialisti di sismi, cemento e appalti. Ci limiteremo per questo a porre solo domande. Come mai per sismi della portata di quello che ha colpito l’Aquila non si sono avuti in altri casi, anche italiani, crolli e morti? Come mai mentre sulle carte sismiche l’Aquila è classificata in area di massimo pericolo sismico e cioè nella classe 1^, le licenze edilizie e gli appalti sono stati concessi sulla base della classe 2^ ? Come mai sono andati in frantumi edifici strategici come il Palazzo del Governo, la Casa dello Studente e l’Ospedale ? L’Ospedale San Salvatore dell’Aquila è inagibile al 90 % e in questo 90 % e’ compresa tutta la parte più moderna completata nel 2003. Chiedere l’accertamento severo delle responsabilità da parte della magistratura che sta conducendo le indagini e sapere intanto chi ha costruito e collaudato tali edifici, in modo da evitare sia nuovi danni sia che i soldi del terremoto vadano ai responsabili dei crolli, e’ un diritto di tutti gli italiani e, in primo luogo, di coloro che hanno avuto morti e danni. Anche perché non vada a finire come è finito, nel Molise, San Giuliano di Puglia dove, a causa di un evento sismico, morirono nel 2002 ventidue bambini e una maestra e dove nessuna delle promesse fatte dall’allora presidente del Consiglio on. Berlusconi in diretta televisiva è stata mantenuta e dove, purtroppo, ancora si trascinano i processi.

A proposito delle promesse fatte all’Aquila vorremmo spendere una parola sulla promessa o proposta di una “ nuova città”che in parte si sta realizzando con prefabbricati distruggendo frutteti a 15 chilometri dall’Aquila. E’ una proposta (cara al governo e già fatta a suo tempo a San Giuliano) che ricorda l’ordine dato a Noto dal vicerè di Spagna, in accordo con la Chiesa cattolica e la superstite nobiltà, dopo il terremoto del gennaio 1693. Da quell’ordine nacque (nel corso di cento anni ) una bellissima Noto barocca sul monte Alveria che è considerata oggi un patrimonio dell’Unesco. E’ però rimasto un nucleo urbano separato di coloro che non hanno voluto o potuto abbandonare la vecchia casa. Prima di andare oltre sarebbe bene riflettere in ogni caso sulla marcata diversità delle situazioni. Nei centri del Val di Noto erano morti da metà a due terzi della popolazione e l’epicentro del sisma era in mare. Non a caso i maggiori danni erano venuti dal maremoto. Allontanarsi dalla costa sembrava perciò scelta oculata. Ma cosa vale di ciò per l’Aquila, città di cui vanno semmai difese e ripristinate le bellezze anche grazie agli aiuti e patrocini internazionali già promessi ? La gioia con cui è stata accolta dalla popolazione, pur turbata da nuove scosse, la riapertura dei supermercati, di una edicola di giornali e di alcuni negozi dice con chiarezza quale è la scelta degli aquilani e come dunque sia necessario dare al più presto agli edifici che hanno retto la sicurezza da zona sismica 1 che non fu data e/o controllata a tempo debito.

Il problema ora aperto è quello della gestione dei milioni di euro raccolti o stanziati per ricostruire città e frazioni. Non vorremmo che qualcuno possa giocare sul doppio ruolo della Protezione civile che ha carta bianca sia per la ricostruzione dell’Aquila sia per l’allestimento dello scenario e degli alloggi del G8. Tanto più in presenza di un decreto che le istituzioni abruzzesi hanno trovato “ carente e debole”, con gli enti locali esautorati e con mezzi del tutto insufficienti per i lavori di recupero e di restauro conservativo, dato che saranno in gran parte assorbiti per la costruzione delle “casette temporanee” Le “casette temporanee” costruite dal governo fascista a Melfi dopo il terremoto del 1930 sono ancora in funzione. Ma, almeno, erano all’ombra del castello di Federico.

Luciano Barca

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