Per una riforma dell’IRPEF, senza dimenticare progressività ed equità

Francesco Figari e Carlo Fiorio ragionano sui limiti dell’IRPEF, il pilastro del nostro sistema impositivo che, dopo quasi mezzo secolo di interventi di modifica spesso non coerenti fra loro, richiede una revisione radicale. Al momento sembra prevalere l’orientamento ad una revisione in senso duale dell’IRPEF: imposta progressiva sui redditi da lavoro dipendente e pensione e tassazione proporzionale dei rimanenti redditi. Gli autori avanzano una proposta controcorrente: tornare ad una tassazione personale onnicomprensiva, che preservi equità e efficienza.

La più importante imposta del sistema tributario italiano, l’IRPEF, da tempo è in predicato di venire radicalmente rivista. Ne è evidenza anche il fatto che le Commissioni Finanze di Senato e Camera, in seduta congiunta, hanno avviato un’ampia indagine conoscitiva per raccogliere opinioni su una sua possibile riforma complessiva. A nostro modo di vedere i principali limiti dell’attuale tassazione personale dei redditi in Italia sono:

  • elevata complessità di calcolo, tale da rendere difficile produrre anche la dichiarazione precompilata e limitata la comprensione da parte dei contribuenti;
  • forte progressività della tassazione fino ai 40.000€ circa, con effetti di scoraggiamento della partecipazione all’offerta di lavoro, notoriamente più elastica a livelli medio-bassi di reddito;
  • erosione della base imponibile per l’inclusione di regimi sostitutivi per redditi da capitale mobiliare e (opzionalmente) immobiliare;
  • riduzione della base imponibile per effetto dell’evasione fiscale.

Il principale problema della complessità attuale dell’IRPEF deriva dalla sovrapposizione, durante un periodo lungo quasi mezzo secolo dalla sua iniziale introduzione, di un gran numero di interventi di modifica parziale e talvolta non coerenti con lo spirito iniziale con cui fu istituita la Commissione Cosciani. La Figura 1 mostra le aliquote marginali effettive per un lavoratore dipendente con coniuge e due figli a carico, prodotta con lo strumento delle famiglie ipotetiche di EUROMOD. Le aliquote marginali effettive rilevano in particolare per scelte relative all’eventuale incremento di ore offerte sul mercato del lavoro (il c.d. margine intensivo della tassazione), ma anche per la scelta se entrare nel mercato di lavoro o restarne fuori (margine estensivo). Per semplificare l’analisi, ci concentriamo solo sull’IRPEF, tralasciando il ruolo di altri strumenti come il reddito di cittadinanza, gli assegni al nucleo familiare o i contributi sociali e consideriamo come status quo la normativa fiscale al giugno 2020 (quindi subito prima dell’introduzione del “Bonus IRPEF” pari a 100 euro in sostituzione del “Bonus 80 euro”). La linea indica in maniera efficace l’estrema variabilità della aliquota marginale effettiva per l’operare di strumenti come le addizionali regionali e comunali, il Bonus “80 euro” riservato ai lavoratori dipendenti, le detrazioni per fonti di reddito e per carichi familiari.

Le addizionali IRPEF, nel dare autonomia alle oltre 8.000 amministrazioni locali, determinano un incremento della tassazione marginale significativo essendo definite sull’intero reddito percepito nel momento in cui diventa positivo il debito di imposta IRPEF nazionale. Il “Bonus 80 euro” generava un’imposta marginale negativa in prossimità della soglia in cui iniziava ad essere percepito e determinava un incremento di 48 punti percentuali dell’aliquota marginale nella fascia di reddito di decrescenza del bonus. Tali variazioni di aliquote marginali sono state solo parzialmente ridotte dalla recente trasformazione del “Bonus 80 euro” in “Bonus IRPEF” con l’aggiunta di una ulteriore detrazione strutturata in due scaglioni, poiché nella fascia 35000-40000€ rimane un importante incremento di aliquota marginale, pari quasi 20 punti percentuali. Le detrazioni decrescenti al crescere del reddito determinano l’andamento non lineare delle aliquote marginali effettive oltre i 28.000 euro di reddito imponibile.

La complessità dell’imposta è ulteriormente aggravata dalle innumerevoli altre misure che vengono spesso incluse nell’aggregato delle “spese fiscali” (tax expenditures) e dalle variazioni di tassazione di alcune tipologie di reddito. Basti pensare, a titolo di esempio, a come si sia resa complessa nell’arco dell’ultimo decennio la tassazione per redditi da immobili per chi non ci si avvale della Cedolare Secca.

Figura 1: Aliquote marginali effettive dell’IRPEF 2020

Note: sistema fiscale in vigore a giugno 2020. Il grafico è tagliato nell’asse verticale tra -10 e +50 per aumentarne la leggibilità. Fonte: nostre elaborazioni usando EUROMOD I.3.0+.

Nessuna di queste politiche era presente nel disegno originale, ma è stata aggiunta successivamente. Tutte queste misure condividono le stesse criticità: sono state aggiunte per uno scopo specifico (e.g. aumentare/limitare la progressività, incrementare il grado di autonomia delle amministrazioni locali, dare ascolto a specifici gruppi della popolazione), in assenza di un disegno complessivo di riforma; hanno determinato un incremento della complessità della funzione d’imposta, che non dipende dalla struttura a scaglioni; hanno generato scostamenti sostanziali dall’impostazione iniziale dell’IRPEF; hanno spesso riguardato singole categorie di contribuenti; hanno reso l’IRPEF sempre più un’imposta sui redditi da pensione e lavoro dipendente e sempre meno un’imposta sulla totalità dei redditi, a causa di una costante e significativa erosione della sua base imponibile.

L’IRPEF è su base individuale, con una struttura di imposta lorda a cinque scaglioni e una prevalenza di detrazioni, decrescenti con il reddito imponibile oltre una certa soglia, per aumentare il grado di progressività e di personalizzazione dell’imposta. Pur non avendo mai effettuato alcuna approfondita indagine, e nemmeno conoscendo l’esistenza di analogo studio in letteratura, nel corso delle nostre lezioni nei corsi di Scienza delle Finanze ci sembra che un primo elemento di complessità per la comprensione dell’IRPEF sia dovuto alla differenza tra imposta lorda e imposta netta, ossia all’impatto delle detrazioni nella determinazione dell’aliquota media. La comprensione della differenza tra imposta formale (limitata all’applicazione della struttura a scaglioni sul reddito imponibile, senza considerare le detrazioni) e imposta effettiva (che invece considera anche il ruolo delle detrazioni) non è immediata, così come la distinzione tra aliquota marginale legale e aliquota marginale effettiva. Nonostante da un punto di vista teorico la detrazione equivalga alla deduzione moltiplicata per l’aliquota marginale, in Europa risulta di gran lunga più frequente l’utilizzo delle deduzioni al posto delle detrazioni per aumentare il grado di progressività dell’imposta da pagare (Jara, Gasior e Makovec, Work Incentives at the Extensive and Intensive Margin in Europe, Social Indicators Research, 2020). La preferenza per questo strumento potrebbe essere una manifestazione di una sua più facile comprensione da parte del cittadino.

Con l’ausilio di EUROMOD, simuliamo alcuni elementi di un’ipotetica riforma che abbia i seguenti tratti caratterizzanti:

  1. aumentare la semplicità e massimizzare la capacità di comprensione e trasparenza;
  2. ridurre la variabilità delle aliquote marginali e il loro livello assoluto a redditi medio-bassi per ridurre i disincentivi dell’offerta di lavoro dipendente per lavoratori con reddito inferiore a 30.000€;
  3. aumentare il grado di progressività per compensare la perdita di gettito;
  4. scorporare dall’IRPEF le funzioni di supporto di lavoratori e delle famiglie, le esigenze di efficientamento e rinnovamento del patrimonio immobiliare, etc.

Si noti che l’ipotetica riforma qui ipotizzata è volutamente semplificata e prodotta a solo fine illustrativo e per stimolare il dibattito. Ci siamo concentrati, comunque, su un ripensamento complessivo della tassazione e non su un intervento parziale.

Per raggiungere il primo obiettivo, si è ipotizzato di espungere dall’IRPEF il sostegno economico alla famiglia oggi veicolato tramite l’insieme delle detrazioni per carichi familiari (figli e coniugi a carico), gli assegni familiari e altre misure minori, che dovrebbero confluire nell’Assegno Unico Universale di prossima introduzione. Tutte le analisi che seguono sono effettuate quindi eliminando, anche dallo status quo, la componente di detrazioni per carichi familiari. Lo status quo è sempre riferito al sistema di tassazione al giugno 2020, prima dell’ulteriore intervento di trasformazione del “Bonus 80 euro” in “Bonus IRPEF”. La prima aliquota d’imposta viene ridotta al 20% per i primi due scaglioni e al 40% per gli attuali terzo e quarto scaglione (incidentalmente, questa struttura è simile alla tassazione presente nel Regno Unito). Il “Bonus 80 euro” e le detrazioni per fonti di reddito vengono eliminate, così come la cedolare secca sui redditi da locazione facendo rientrare tali redditi nell’IRPEF. Inoltre, si propone di introdurre una deduzione al reddito (no tax area) che sia pari a 5.000€ per tutti, più una deduzione aggiuntiva di 7.000€ per i soli lavoratori dipendenti come forfettario riconoscimento dei costi di produzione del reddito (si noti che, stante l’ipotizzata aliquota del 20% fino a 28.000€, questa deduzione forfettaria corrisponde a un vantaggio fiscale di 120€ al mese). Le deduzioni sono pienamente usufruibili fino a 30.000€ di reddito imponibile per tutti, poi decrescono linearmente fino ad azzerarsi a 100.000€, con conseguente tasso di riduzione della deduzione che determina una tassazione marginale implicita aggiuntiva sopra i 30.000€ di poco meno di 7 punti percentuali. Tenuto conto di quest’ultimo aspetto, è proposta una aliquota massima del 47%, a partire dai 100.000€ di reddito imponibile.

La Figura 2 mostra le differenze tra le aliquote marginali effettive (in alcuni casi troncate nel grafico per massimizzarne la leggibilità) per effetto di questa ipotetica riforma. In particolare, si nota come, oltre ad eliminare gli eccessi dovuti al funzionamento del “Bonus 80 euro” e alla sua caratteristica di imposta negativa, venga abbassata l’aliquota marginale fino a 10 punti percentuali rispetto allo status quo per i redditi inferiori ai 30.000€. Di converso, per preservare un limitato onere complessivo, l’aliquota marginale aumenta di circa 4 punti percentuali rispetto all’esistente per redditi oltre i 30.000€, rimanendo sostanzialmente costante anche oltre i 100.000€. E’ ben noto in letteratura che per aumentare l’offerta di lavoro è prioritariamente importante ridurre la tassazione dei lavoratori a redditi bassi, per la dominanza dell’effetto sostituzione sull’effetto di reddito. Si ricordi inoltre che, stante anche il fenomeno di erosione della base imponibile IRPEF, circa l’80% dei contribuenti IRPEF ha redditi imponibili inferiori a 30.000€.

La Figura 3 mostra l’andamento dell’imposta media, evidenziando come l’imposta effettiva diminuirebbe per tutti i percettori di reddito imponibile inferiore a 60.000€, ossia il 90% dei contribuenti, aumentando solo per il restante 10%. La Figura 4 mostra la differenza di imposta pagata per livello di reddito imponibile non per un ipotetico lavoratore dipendente ma per un campione rappresentativo della popolazione. In entrambe le due ultime figure si evidenzia come la gran parte dei contribuenti beneficerebbe dalla riforma, con l’unica eccezione dei percettori di imposta negativa dovuta al “bonus 80 euro,” per i quali potrebbero essere pensati strumenti di sostegno al reddito al di fuori dell’IRPEF.

Il costo stimato di tale riforma è di circa 14 miliardi, anche tenendo conto dell’abolizione della Cedolare Secca e del Bonus IRPEF. 14 miliardi di euro sono una cifra consistente, ma non impossibile da reperire. Si potrebbe percorrere la strada di un recupero di progressività del sistema introducendo, come in Danimarca, una tassazione progressiva sui redditi da capitali, in particolare dividendi e plusvalenze azionarie, stante l’accresciuto tracciamento degli stessi e le limitate possibilità di mobilità fuori dai confini nazionali.

Siamo consapevoli che la nostra proposta sia contraria alla moda prevalente. Come discusso recentemente sul Menabò da Ruggero Paladini sembra emergere un consenso verso una tassazione con l’applicazione del metodo duale, inizialmente proposto nei paesi scandinavi. Ma nella versione italiana di imposta duale sembra, a nostro modo di vedere, emergere un fenomeno preoccupante. In nome della dualità si sta proponendo di far uscire dalla progressività non solo i redditi da capitali mobiliari ma anche immobiliari, da impresa e lavoro autonomo: i primi attraverso le cedolari secche per gli immobili affittati estese anche agli immobili commerciali, per i quali non c’è alcuna motivazione economica, e i secondi attraverso i regimi minimi e forfettari con limiti di fatturato crescenti, in modo da riguardare sempre più contribuenti. In nome della dualità rischiano di essere lasciati nella tassazione progressiva solo i redditi da lavoro dipendente e pensione. Sarebbe una situazione fortemente iniqua tra contribuenti con la medesima capacità contributiva, tanto più se tra i contribuenti con prevalente tassazione proporzionale non esistesse una compensazione in termini di gettito e di progressività attraverso maggiori imposte sulla ricchezza.

Figura 2: aliquote marginali effettive dell’IRPEF 2020 e dell’ipotetica riforma

Note: il grafico è stato tagliato a -10 e +50 nelle ordinate per aumentare la leggibilità. In entrambi i casi i valori molto elevati dovuti al funzionamento del bonus “80 euro”. Per isolare l’effetto della ipotetica riforma, sono ignorati i contributi sociali e le addizionali regionali e comunali. Fonte: Nostre elaborazioni usando EUROMODO I.3.0+.

Figura 3: Confronto delle aliquote medie nello status quo e nell’ipotetica riforma

Note: Per isolare l’effetto della ipotetica riforma, sono ignorati i contributi sociali e le addizionali regionali e comunali. Fonte: Nostre elaborazioni usando EUROMODO I.3.0+.

Figura 4: L’effetto dell’ipotetica riforma sull’intera popolazione

Note: Le linee tratteggiate verticali indicano il livello superiore dei primi 4 scaglioni (15.000, 28.000, 55.000 e 75.000€). Per isolare l’effetto della ipotetica riforma, sono ignorati i contributi sociali e le addizionali regionali e comunali. Fonte: Nostre elaborazioni usando EUROMODO I.3.0+.

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