Per un senso del dovere

Nel suo intervento, Gianluca Bascherini osserva che il tema dei doveri, malgrado la loro importanza e lo spazio che hanno avuto in alcuni cruciali passaggi storici del costituzionalismo democratico, appare sfuggente al giurista positivo, e sostiene che alcuni dei maggiori problemi contemporanei (dalla crisi economica, alla corruzione dalla tutela dell’ambiente all’immigrazione) rendono, in realtà, necessaria una rimeditazione sui doveri. Bascherini riflette poi sul rapporto tra riconoscimento dei doveri costituzionali, da un lato, e comunità solidale, opportunamente intesa, dall’altro.

Il tema dei doveri appare oggetto di un interesse quanto meno intermittente da parte degli studiosi di diritto costituzionale, specie se confrontato alla costante e diffusa attenzione che riscuote invece il tema dei diritti. Due ragioni, a un primo sguardo, possono contribuire a spiegare questa situazione.

Per un verso, il tema dei doveri appare sfuggente al giurista positivo, data la difficoltà di catturare entro gli schemi di una logica puramente normativa una figura che più di altre sembra legata a e caratterizzata da prospettive metagiuridiche, semmai giusnaturalistiche, attinenti piuttosto l’etica e la morale (non a caso, forse, la costituzione ricorre a concetti quali spiritualità e sacralità, solo con riferimento ai doveri, risp. art. 4 co. 2, in tema di lavoro, e art. 54 co. 1, in tema di difesa della patria); ma, ancor di più, la difficile giuridicizzabilità dei doveri è testimoniata dalla valenza civica e dall’eccedenza di valore che caratterizza quella solidarietà – politica, economica e sociale – che per l’art. 2 Cost. costituisce la ratio legittimante la previsione di doveri costituzionali.

Per altro verso, a lasciare sullo sfondo della riflessione costituzionale il tema dei doveri ha contribuito, specie in età repubblicana, la diffusa convinzione (v. ad es. N. Bobbio e G. Zagrebelsky) che laddove le democrazie sviluppano e mettono l’accento sui diritti, il discorso dei doveri sia invece tipico di società statiche, quando non di ordinamenti autoritari (esemplare la loro centralità nella triade fascista del credere/obbedire/combattere). Questa opinione, se coglie un aspetto di rilievo nell’uso pubblico del discorso doveristico, non tiene tuttavia conto dello spazio che i doveri occupano in passaggi storici cruciali del costituzionalismo democratico. Penso alla polis greca e alla tradizione di doverosa partecipazione che la connotava; al ruolo che i doveri hanno giocato nel testo montagnardo, in vari testi del biennio 1848/49 (specialmente in quello francese e in quello della repubblica romana), nella costituzione di Weimar e, infine, nella costituzione dell’Italia repubblicana. Ma penso anche, sul piano della riflessione teorica, al De officiis ciceroniano, che giuridicizza la dottrina stoica dei doveri nella crisi che la res publica romana attraversa a seguito della guerra civile e della vittoria di Cesare; allo spazio che la nozione di dovere occupa nella riflessione intorno al bene pubblico e alla funzione sociale della proprietà nella Summa theologiae di Tommaso d’Aquino; al mazziniano I doveri dell’uomo, in cui i doveri offrono il terreno per un ripensamento del discorso liberale dei diritti e delle relative strategie di garanzia, al fine di un’integrazione socio-politica di quei lavoratori e quelle donne fino ad allora esclusi dalla civitas; alla riflessione di Simon Weil (La prima radice. Preludio a una dichiarazione dei doveri verso l’essere umano), che alla fine del secondo conflitto mondiale ritorna sui doveri, e sulle connesse nozioni di rispetto e responsabilità, quale snodo per rifondare un’idea di convivenza e di bene pubblico che, andando oltre lo spirito rivendicativo della cultura dei diritti, sia capace di rimettere in moto una politica che si giochi sulla capacità di mantenere una relazione con l’altro garantendo durata e trasmissione dei valori della civiltà europea.

Al di là dei richiami a Mazzini in sede costituente (M. Ruini, 24.3.1947), molte delle prospettive caratterizzanti le riflessioni degli autori ora citati connotano la previsione costituzionale italiana dei doveri quali realizzazioni di un principio solidaristico.

L’art. 2 Cost. articola infatti una complessa relazione tra diritti e doveri, e la solidarietà esalta la tensione tra libertà e responsabilità retrostante quella relazione, conferendo concretezza agli altri principi che connotano i primissimi articoli del testo costituzionale. Quella solidarietà, infatti, declinandosi in doveri finalizzati a garantire coesione sociale e convivenza civile, rimette in discussione la visione di diritti e doveri caratterizzante lo statualismo liberale – gli uni espressione di una concezione meramente proprietaria, gli altri ridotti alla loro dimensione ‘verticale’, quali manifestazioni di supremazia dello stato rispetto alle quali il singolo si trova in posizione di soggezione. L’affermazione del principio solidarista segna peraltro un cambio di paradigma anche rispetto al costituzionalismo sociale del primo dopoguerra, facendo dei doveri non solo uno strumento di mitigazione in senso sociale dei diritti, specie di quelli inerenti la sfera economica (esemplare al riguardo il ruolo dei Grundpflichten nella costituzione di Weimar), ma esaltando al contempo il valore di una solidarietà ‘orizzontale’, tra compartecipanti alla vita e alle vicende di una comunità, e riempiendo di nuovi significati la già richiamata solidarietà verticale, evidenziando i compiti d’integrazione spettanti ai pubblici poteri. Lo stesso riconoscimento della natura fondamentale dei diritti sociali è infatti riconducibile alla trasformazione dei doveri pubblici dello Stato sociale, e dovrebbe a tal proposito far riflettere la scelta dei costituenti di configurare al contempo come diritti e doveri una serie di situazioni giuridiche inerenti ai più rilevanti ambiti di azione dell’homme situé: lavoro, famiglia, salute, istruzione, voto.

Oggi, una serie di questioni di primo piano nell’agenda politica, istituzionale ed economica sollecitano una ripresa degli studi intorno ai doveri da parte degli studiosi di diritto, di economia e di altre scienze sociali. Peraltro, se nella riflessione degli economisti, l’attenzione oggi si concentra prevalentemente sui nessi tra doveri e proprietà (già Locke nel primo dei suoi Two Treaties vede in essi un obbligo, essenzialmente morale, della ricchezza) le sollecitazioni che il tema attualmente offre agli studiosi di diritto costituzionale attengono piuttosto ai nessi profondi che legano godimento dei diritti e adempimento dei doveri, a quelli che legano solidarietà a libertà ed eguaglianza e dunque, per questa via, ai rapporti tra solidarietà e cittadinanza, evidenziando la tensione dinamica e processuale che la prima imprime alla seconda e al contempo i limiti che sempre più viene dimostrando la costruzione meramente rights-based di un discorso sulla cittadinanza.

La ricerca di possibili soluzioni alla crisi economico-finanziaria ripropone con urgenza una riflessione sulla giustizia redistributiva e sui suoi possibili strumenti (penso alla recente proposta di Piketty su una tassazione globale progressiva sul capitale, sulla quale si è già discusso sul Menabò di Etica e Economia), e ciò soprattutto in un Paese come il nostro, nel quale la diffusa evasione ed elusione fiscale testimoniano di quanto poco il dovere tributario sia inteso quale dovere di concorso alle spese pubbliche e di quanto poco si valorizzino i nessi tra doveri economici e la solidarietà. Gli scandali che sempre più di frequente interessano la vita politica inducono a rimeditare i doveri di disciplina e onore che l’art. 54 co. 2 impone ai titolari di pubbliche funzioni. L’ingresso e il soggiorno degli immigrati, e lo stabilizzarsi della loro presenza, sollecitano inedite interrogazioni sulla titolarità dei doveri, sul ruolo d’integrazione che i doveri di solidarietà sono chiamati costituzionalmente a svolgere e sui possibili sviluppi di una solidarietà “tra differenti”. In altra prospettiva, anche le nuove forme di convivenza (le unioni omosessuali e le varie altre forme di unioni di fatto) sollecitano nuove letture dei doveri familiari e della solidarietà tra differenti e tra generazioni. Le sempre più pressanti esigenze di tutela ambientale, in un territorio diffusamente interessato da fenomeni di dissesto idrogeologico e di edilizia dissennata, mostrano i complessi intrecci che legano i diritti delle future generazioni ai doveri delle presenti.

Crisi economica, corruzione, immigrazione, tutela dell’ambiente, nuove forme di convivenza sono solo alcune delle questioni che inducono una rimeditazione sui doveri, tanto nella loro dimensione verticale quanto in quella orizzontale, al contempo sollevando interrogativi riguardo alla loro titolarità soggettiva, così come al dispiegarsi nel tempo e nello spazio delle relazioni doveristiche in campo politico, economico e sociale.

I doveri costituzionali evocano un’idea di comunità solidale inattuale rispetto alla diffusa vocazione individualistica e appropriativa del neoliberalismo e di certe sue retoriche dei diritti fondamentali. Al contempo, l’art. 2 Cost. evoca non quella solidarietà fobica, indotta dalla sempre più diffusa insicurezza e precarietà – una solidarietà angusta, schiacciata sul contingente, limitata agli eguali – ma piuttosto una solidarietà capace di aprirsi ai diversi e di distendersi nel tempo, tra generazioni, e nello spazio, anche al di là dei confini statali. Un’idea di solidarietà che sembra scomparsa dai programmi dei tradizionali vettori della rappresentanza, partiti e sindacati in testa, e che sembra piuttosto venire a tema all’interno di una serie di conflitti in atto che vanno dalle lotte per la casa a quelle per l’ambiente e per i beni comuni, per l’integrazione degli immigrati, per un lavoro capace di assicurare davvero “un’esistenza libera e dignitosa”. Una solidarietà, dunque, che corra tra e verso gli effettivi e concreti partecipanti alle comunità in cui si sviluppa la vita della collettività, insistendo su una circolarità di rapporti tra diritti e doveri e sulla dialettica tra libertà, responsabilità e rispetto sottesa a quei rapporti. Una solidarietà – lo si ricordi, politica, economica e sociale – al contempo doverosa e liberamente scelta, che oggi risulta tanto più necessaria quanto più essa appare revocata in discussione da crisi – anch’esse politiche, economiche e sociali – che pregiudicano il tessuto civico e la stessa ragion d’essere costituzionale di quella solidarietà: la promozione di una collaborazione attiva e solidale alle vicende della repubblica e della comunità che la abita.

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