Pene (annunciate) severe, reati in aumento: il caso degli incidenti stradali

Marcello Basili e Filippo Belloc discutono dell’efficacia della “Legge sull’omicidio stradale”, introdotta in Italia nel 2016. Prendendo in esame i dati ISTAT resi disponibili per gli incidenti stradali tra il 2016 e 2017, Basili e Belloc osservano che la Legge ha prodotto effetti opposti alla riduzione attesa nel numero di morti sulle strade. Gli autori individuano le possibili cause di questo risultato e suggeriscono, sulla base dell’esperienza di altri paesi, alcune modifiche in grado di accrescere l’efficacia delle norme del codice della strada.

Il 23 marzo del 2016 viene approvata dal Parlamento la legge 41/2016, la cosiddetta legge sull’omicidio stradale, nell’intento di contrastare l’incidentalità stradale della nostra penisola e raggiungere l’obiettivo fissato dalla Unione Europea di dimezzare nel 2020 il numero di morti stradali, rispetto al 2010. I numeri dell’incidentalità stradale del 2015 erano raccapriccianti: 174.539 incidenti con lesioni a persone, 3.428 morti entro il 30° giorno, 246.920 feriti e un costo totale stimato di oltre 20 miliardi di euro (ISTAT, 2016). Le cifre risultano simili a quelle delle perdite riportate, dalla coalizione internazionale, nella guerra in Afghanistan (2001-2014) o nella guerra civile nord irlandese (1969-2009), cioè in conflitti armati pluriennali.

Nel 2013, sull’onda dell’allarme sociale suscitato dall’aumento delle cosiddette “morti del sabato sera” con il correlato di omissione di soccorso, fuga dal luogo del sinistro, guida in stato di ebrezza o sotto l’effetto di stupefacenti, fu presentato, su iniziativa del senatore Scilipoti, relatore alla Commissione il senatore Cucca, il disegno di legge DDL. S. 859, XVII Legislatura: modifiche al codice penale, all’articolo 380 del codice di procedura penale e al codice della strada, in materia di omicidio stradale. Il disegno di legge prevedeva l’istituzione della nuova fattispecie dolosa di omicidio stradale a seguito di incidenti prodotti da violazioni gravi del codice della strada o dalla guida in stato alterato per alcool e droghe. Si intendeva cioè creare “un quadro sanzionatorio autonomo, ma comunque basato su fattispecie legislative che in circostanze oggettive ben precise e sintomatiche della volontarietà indiretta del proprio operato ne implichino l’inquadramento in tali termini individuando per la prima volta, in Italia, le fattispecie autonome dell’omicidio e delle lesioni personali stradali”. In breve una fattispecie che rafforzasse, attraverso la volontarietà indiretta, l’accettazione del rischio di cagionare la morte in relazione ai comportamenti penalmente illeciti tenuti alla guida. Questa impostazione non fu ritenuta sufficiente a superare l’esame di costituzionalità. A questo proposito è bene ricordare che ancora recentemente, pronuncia n. 14663 del 30 marzo 2018, la IV Sezione della Cassazione penale, proprio in relazione a un caso di colpa per violazione del codice della strada a seguito della quale un automobilista investiva un pedone, cagionandone la morte (accesso contromano a elevata velocità e investimento sulle strisce di un pedone!), ha rigettato il ricorso della parte civile per una diversa qualificazione del reato ribadendo che “sussiste il dolo eventuale e non la colpa cosciente quando l’agente si sia rappresentato la significativa possibilità di verificazione dell’evento e si sia determinato ad agire comunque, anche a costo di cagionarlo come sviluppo collaterale o accidentale, ma comunque preventivamente accettato, della propria azione, in modo tale che, sul piano del giudizio controfattuale, possa concludersi che egli non si sarebbe trattenuto dal porre in essere la condotta illecita, neppure se avesse avuto contezza della sicura verificazione dell’evento medesimo” (Cass. pen., Sez. I, 11 marzo 2015, n. 18220).

La legge 41/2016 introduce, quindi, la fattispecie colposa dell’omicidio stradale (589-bis c.p.) e delle lesioni stradali (590-bis) e un sistema di sanzioni e pene crescenti sulla base dell’illecito penale e delle conseguenze da questo determinate. Il reato individuato dall’art. 589-bis è punito, come nella legge precedente, con una detenzione da 2 a 7 anni e sono previste pene detentive crescenti fino a un massimo di 18 anni per omicidi plurimi. Inoltre la nuova legge proibisce l’equivalenza tra circostanze aggravanti (fuga del conducente, infrazioni gravi) e attenuanti, cosicchè può determinarsi l’aumento fino a 1/3 della pena e la revoca da 3 a 20 anni della patente e punisce in misura crescente la guida in stato di ebrezza sulla base di intervalli del contenuto del tasso alcoolico nel sangue (grammi per litro) fino a 12 anni di detenzione, disponendo l’arresto in flagranza nei casi più gravi.

Qual è stato l’effetto di tutto ciò sull’incidentalità stradale?

I dati disponibili fino al primo semestre del 2017 (ISTAT, maggio 2018), in termini descrittivi, sembrerebbero mostrare che da quanto la legge è stata introdotta il numero di morti entro il 30° giorno dall’incidente è aumentato. In particolare, si sono registrati 1.510 morti nel primo semestre del 2016 e 1.623 nel primo semestre del 2017, in controtendenza rispetto al trend decrescente in atto tra il 2010 e il 2015. Si potrebbe ritenere che l’aumento del numero di decessi per incidenti stradali sia correlato alla crescita delle immatricolazioni, pure avvenuto nel periodo considerato, ma un’analisi econometrica da noi condotta esclude questa corrispondenza.

In particolare, tenendo conto di altre possibile cause oggettive (stato e tipologia delle strade, condizioni climatiche, età del veicolo, età e sesso dei conducenti, ecc.) che potessero spiegare l’aumento dei morti sulla strada, abbiamo analizzato sia i dati trimestrali del numero aggregato di incidenti, morti e feriti, per studiare l’effetto “estensivo” della legge 41/2016, sia i microdati su poco meno di 300.000 incidenti con almeno un ferito, tra il 2010 e il 2016, per misurare il margine “intensivo” della legge, cioè il suo effetto sulla gravità degli incidenti (Basili e Belloc, 2018).

I risultati delle nostre stime mostrano che l’introduzione della legge 41/2016 non è associata a una riduzione statisticamente significativa del numero assoluto di morti e feriti, mentre indicano un incremento del numero di incidenti con lesioni vicino alla soglia di significatività statistica del 10%. Inoltre, l’analisi dei microdati rivela che, pur tenendo conto di una serie molto ampia di variabili di controllo, l’effetto “intensivo” della legge è stato praticamente nullo, ovvero: la gravità degli incidenti, in termini di conseguenze fatali per gli individui coinvolti, non è affatto diminuita.

L’incremento degli incidenti stradali con lesioni sembra avere una causa strettamente soggettiva, cioè da imputare al comportamento adottato nella guida.

Ricapitolando, alla luce dei dati disponibili fino al primo semestre 2017, si osserva come la legge 41/2016 si sia rivelata assolutamente inefficace a modificare i comportamenti pericolosi o illegali dei conducenti e inadeguata a raggiungere il target di riduzione dei morti stradali fissato dalla UE per il 2020.

La legge 41/2016 è una norma standard che si basa sull’incremento della severità delle pene per scoraggiare i comportamenti illeciti. Tuttavia, in accordo con la letteratura scientifica, i dati relativi a molti paesi indicano inequivocabilmente che l’allungamento dell’imprigionamento ha una scarsa efficacia nella prevenzione dei reati. Infatti, si osserva un’alta reattività agli incrementi della probabilità di essere sanzionati, a fronte di un reato commesso, mentre si reagisce poco all’aumento delle pene detentive (i dati smentirebbero, quindi, la tradizionale ipotesi Beckeriana, secondo cui un aumento della sanzione e un aumento della probabilità di detection sarebbero equivalenti dal punto di vista della deterrenza). La teoria economica più recente spiega questa attitudine sostenendo che gli individui adottano un tasso di sconto intertemporale iperbolico che li rende meno sensibili a ciò che accade in un futuro relativamente più lontano, rispetto al futuro prossimo, così da rendere la deterrenza marginale dell’allungamento di una pena già lunga molto, ma molto modesta.

Inoltre la legge 41/2016, con il suo sistema di pene crescenti, depotenzia la deterrenza verticale, non riuscendo a costituire una seria dissuasione contro “il salto” ai reati più gravi, e indebolisce anche la deterrenza orizzontale o recidiva. Per esempio, l’introduzione di intervalli nel contenuto alcoolico nel sangue: <0,5, 0,5-0,8, 0,8-1,5,>1,5 grammi per litro, di difficile valutazione ex-ante da parte di un potenziale reo, di fatto rappresenta un incentivo a bere di più. Ancor di più appare violare la deterrenza verticale l’introduzione di una pena tra 4 e 7 anni per le lesioni gravi indotte da comportamenti pericolosi e di una pena compresa tra 2 e 7 anni (dunque più lieve) per l’omicidio stradale!

La legge 41/2016 appare rispondere più a motivazioni legate all’allarme sociale, che all’intento di ridurre l’incidentalità stradale. Infatti, la guida in stato di ebrezza o sotto l’effetto di droghe e le circostanze aggravanti, come la fuga e omissione di soccorso dopo un incidente e la guida senza patente o assicurazione, che sono alla base dell’innalzamento della pena, rappresentano un numero esiguo tra i casi osservati. Dal 25 marzo 2016 al 4 giugno 2017 a fronte di 27.655 incidenti stradali con esiti sulle persone, la Polizia Stradale Italiana ha registrato 843 incidenti mortali, di cui 456 sono stati considerati omicidi e di questi solo 388 (46% del totale) omicidi stradali e ha, inoltre, provveduto all’arresto di 28 (ventotto!) persone in flagranza di reato.

Anche il modo in cui , la legge 41/2016 individua le aggravanti soleva dubbi visto che alcuni comportamenti che costituiscono cause accertate e crescenti di incidenti gravi, come per esempio l’uso dello smart-phone alla guida, non sono considerati aggravanti. A questo proposito, il Wall Street Journal (21 febbraio 2017) ha condotto un’indagine da cui emerge come l’uso dello smart-phone spieghi la crescita del 16% dei premi assicurativi sugli autoveicoli, negli USA tra il 2011 e il 2016, mentre un recente studio condotto negli USA (Faccio-McConnell: Death by Pokémon GO: The Economic and Human Cost of Using Apps While Driving, 2018) valuta che nei 148 giorni successivi al lancio del gioco Pokemon Go (6 luglio 2016), un video game scaricato da oltre 750 milioni di individui con un numero mediano di 24,7 milioni di giocatori, si è verificato un aumento del costo totale per incidenti stradali compreso tra 2 e 7,3 miliardi di dollari.

L’esperienza degli altri paesi segnala come la strada maestra per ridurre i reati appaia quella di aumentare la certezza della pena, sia per quanto riguarda la probabilità di essere scoperti, allorchè si commetta un reato, sia per ciò che attiene all’effettività della sanzione.

Un esempio virtuoso è rappresentato dal Regno Unito che, in una situazione simile a quella italiana, è passato da 3.450 morti e 310.000 incidenti con feriti (2001) a 1.792 morti e 179.692 incidenti con feriti (2016). Questo innegabile successo non è il risultato di un incremento delle pene detentive, ma la conseguenza della stretta applicazione della strategia della certezza della pena che prevede: una presenza più che manifesta della Polizia nelle strade attraverso pattuglie, videocamere, radar, hot spot e un esteso sforzo nel sanzionare le infrazioni stradali con multe e decurtazione dei punti-patente.

Le evidenze statistiche suggeriscono la necessità di affrontare il problema della sicurezza stradale attraverso un uso sinergico della deterrenza e del controllo al fine di ottenere con un insieme di interventi il rispetto delle norme del codice della strada, per esempio: ristabilendo la deterrenza verticale e orizzontale della legge, accrescendo la presenza manifesta della polizia sulle strade, aumentando il numero di autovelox e radar visibili, sanzionando direttamente all’uscita del casello autostradale le violazioni per guida pericolosa o per eccesso di velocità come accade nel Regno Unito, rendendo più effettive le sanzioni ibride come il ritiro, la sospensione e la revoca della patente e infine modificando il sistema della patente a punti, riorientandolo verso i comportamenti che più costituiscono un pericolo per la sicurezza stradale (uso dello smart-phone alla guida, eccesso di velocità, obbligo di fermata agli attraversamenti pedonali impegnati, inversione di marcia, sorpasso di autobus in fermata, attraversamento con semaforo rosso ecc.).

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