Parole da ieri e dall’oggi. Un ricordo di Luciano Barca

Giorgio Cisbani traccia un breve, toccante ricordo di Luciano Barca e del suo rapporto con le Marche, nella cui circoscrizione fu eletto deputato in 6 legislature. Il ricordo è stato letto ad Ancona il 10 marzo scorso, in occasione dell’ inaugurazione della Cittadella della Cultura del Consiglio Regionale delle Marche all’interno della quale ha trovato sistemazione il Fondo librario e carte “Luciano Barca”.

Ho conosciuto Luciano alcuni anni dopo il 1963 nella sede del Comitato regionale del Pci e, sin da subito, ho avuta l’impressione che nelle Marche si trovasse molto a suo agio, forse come e più che nel suo quartiere romano. Un’impressione rafforzata in seguito, quando la conoscenza divenne amicizia: Luciano ‘ viveva ’ intensamente la nostra Regione, interessato a frequentarne le piazze, conoscere le fabbriche, visitare le campagne, incontrare alcuni docenti e, magari, i dirigenti di quell’illuminato centro di ricerca economico–sociale qual era l’ISSEM.

Se in tutte le Marche era evidente si trovasse ‘ bene ’, a Fermo e nel Fermano, mostrava proprio di sentirsi a casa. Il giorno dopo lo straordinario risultato alle amministrative del 1975 – soltanto un piccolo esempio – con preavviso di alcune ore, venne, con sua moglie Gloria (fatto non usuale tra i dirigenti Pci ) ad una cena riuscitissima a Magliano di Tenna, uno dei gioielli dell’entroterra.

Fermo lo attraeva particolarmente, forse per l’ospitalità che trovava e per quell’atmosfera vivace e disordinata che caratterizzava la piccola federazione, dove diversi giovani, di una certa potenzialità, convivevano armoniosamente (non era questo un dato scontato, neanche in quel gran partito) con dirigenti storici o, importanti, che ancora oggi, forse, si ricordano, come Santarelli, Janni e Benedetti.

Un giorno, al telefono, Luciano mi ringraziò in modo particolarmente sentito perché il suo regalo, per i 70 anni di Giorgio Amendola (che mi aveva chiesto di comperargli ) sicuramente era stato il migliore. Peccato davvero che nell’archivio non ci sia alcuna foto di Luciano con un prosciutto in braccio e Giorgio Amendola, a Botteghe Oscure!!

Oltre a sentirsi in famiglia, penso che Luciano provasse molta soddisfazione nel constatare quanto il partito fosse egemone in questa minuscola parte della Regione e, non ultimo, fosse colpito dalla singolare creatività di diversi soggetti, compagni e non, che aveva occasione o cercava d’incontrare.

Tra questi, Onorino, il sapiente allevatore di galline ovaiole, uno dei pochi non elettori Pci della contrada San Girolamo; Benito Mignani, l’ex segretario Fgci – poi liberale, ma senza rinnegare il passato – imprenditore calzaturiero di avanguardia (il primo ad aprire un negozio a NY, il primo ad avviare quello che è stato e, forse é ancora, il modello produttivo di riferimento); Peppe Sammartì, compagno granitico, di professione carpentiere, con la tavola sempre imbandita, che, in età avanzata, divenne rigattiere se non antiquario.

Mentre un sacerdote fermano favorì il suo incontro con il Vescovo di Loreto, Mons. Capovilla, già segretario di Papa Giovanni (Berlinguer, in particolare – come qualcuno ricorderà – spingeva affinché la nettezza del nostro impegno non suscitasse equivoci nella sensibilità dei credenti e della Chiesa, non offuscasse il rispetto del partito per il merito delle loro convinzioni).

In generale, decine di episodi – anche esilaranti – costellano e colorano il suo rapporto con il Fermano (la federazione di Fermo rappresentava – in quanto allora non provincia – una delle poche eccezioni nell’organizzazione del Pci).

Uno per tutti: eravamo passati al Circolo Canarino, frequentato dai tifosi della Fermana per un caffè, in verità era un pretesto per mostrare a Luciano lo stupendo panorama che si godeva dalle vetrate. A lui, accolto con molta curiosità e rispetto, oltre che la particolarità del panorama, non era certo sfuggita l’atmosfera strampalata. Il giorno dopo, qualcuno dei presenti, mandò in trattoria dove cenavamo, Renato, detto il Barone, squattrinato, di professione ‘ benestante ‘, come aveva fatto scrivere sulla carta d’identità, a consegnargli la tessera di socio onorario. Lascio immaginare le risate che coinvolsero tutti i presenti.

Chiusa la nostalgica parentesi fermana, sento di dovermi congratulare con il governo della nostra Regione che ha voluto raccogliere la generosità dei figli, così che per molti giovani – in un quadro più ampio – il Fondo Librario di Luciano potrà costituire un’ulteriore opportunità di studio: magari tra qualche anno, oltre a quelle già previste, ci saranno tesi di laurea sulla condizione economico-sociale delle Marche; si potranno così avere studi importanti, come furono, nei primissimi anni ’70, quelli prodotti dall’ISSEM.

Nei suoi ultimi anni, a Luciano non saranno certo sfuggiti i segni dei tumultuosi cambiamenti e dei grandi malesseri della società, con le concomitanti debolezze della sinistra. Forse, con qualche rammarico, avrà ripensato, con Benjamin, che “una volta il futuro era migliore “; ma non sarà stato certo assalito dal pessimismo, perché troppo forte era la sua speranza, la sua cultura dell’avvenire.

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