Pareri sulla crisi economica

per memoria:

 

“Il bilancio della crisi è “pesantissimo”: rispetto ai picchi del primo trimestre 2008 “abbiamo perso quasi sette punti di Pil e oltre 700 mila posti di lavoro.

Il ricorso alla cassa integrazione guadagni è aumentato di sei volte”. Non solo, “la produzione industriale é crollata del 25%, tornando ai livelli di fine 1985: 100 trimestri bruciati”.

                                                                                                                    

     Emma Mercegaglia (27 maggio 2010)

 

“…l’Italia è sempre stata peggio governata, tante cose non funzionano o funzionano sempre meno e ora vi è anche una crisi economica dalla quale derivano conseguenze gravi sul potere d’acquisto dei lavoratori e delle masse popolari, sui livelli di occupazione, sulle prospettiva di lavoro dei ceti medi produttivi. Tutti i cittadini hanno soffetto e soffrono, in un modo o nell’altro, le conseguenze di queste prove…. E’ sempre necessario che gli obiettivi che proponiamo siano spiegati all’opinione pubblica. Inoltre nell’impostazione delle lotte si deve tener conto della complessiva situazione economica e finanziaria del paese: il che non vuol dire affatto accettare i criteri di “compatibilità” così come vengono posti dai governanti, ma vuol dire che il movimento dei lavoratori deve avere una sua linea che tenda a risanare la situazione e spingere ad una ripresa economica su basi nuove e durature.”

 

        Enrico Berlinguer (12 dicembre 1974)

 

” I lavoratori pur essendo vitalmente interessati a scongiurare il tracollo del paese non devono semplicemente proporsi di restaurare le cose come erano, con il predominio dei grandi monopolisti e uno sviluppo economico distorto che doveva portare necessariamente alla crisi”

             

              Lelio Basso (2 novembre 1976)

 

 

“Viene in evidenza un altro, più importante e più durevole, motivo di crisi. È la volontà dei paesi in via di sviluppo, possessori di un così prezioso fattore condizionante dell’economia e, del resto, ricchi in generale di materie prime, di far pesare di più, per realizzare il proprio progresso, quello che è il loro peculiare apporto alla produzione dei beni dei quali il mondo ha bisogno crescente. Solo in questa luce si coglie la vera dimensione del fenomeno dinnanzi al quale ci troviamo e che rappresenta una svolta assai significativa nel confronto tra paesi ricchi e paesi poveri e, per essere realistici, nel confronto tra paesi ricchi, ma potenzialmente poveri, e paesi poveri, ma potenzialmente ricchi. Noi dobbiamo quindi essere consapevoli della nostra fragilità (…). Di fronte a queste cose bisogna collocarsi in una posizione di realismo e ragionevolezza. (…) Si capisce che un più alto livello di giustizia internazionale costerà di più ai paesi industrializzati e condurrà a rallentare il loro progresso per consentire il progresso degli altri. Ma questo è un prezzo che si deve pagare, uscendo dalla fase retorica e passando alla fase politica dei rapporti con i paesi in via di sviluppo…”

 

                                                    

           Aldo Moro (24 aprile 1974)

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