Paesaggio e patrimonio culturale come determinanti del benessere

Annalisa Cicerchia muove dall’osservazione che la cultura è assente negli indicatori di benessere alternativi al Pil elaborati a livello internazionale così come negli Obiettivi del Millennio delle Nazioni Unite mentre, in Italia, paesaggio e patrimonio culturale sono inclusi nel Benessere Equo e Sostenibile. Cicerchia ritiene che l’esperienza italiana, in progress, sia innovativa e esemplare per tenere conto del rapporto tra cultura e benessere nell’orientare le politiche di sviluppo.

“Una misura di reddito nazionale non è abbastanza per inferire il benessere di una nazione”. L’autore di quest’affermazione esplicita è Simon Kuznets (Kuznets S., National Income, 1929-1932. 73rd US Congress, Senate document no. 124.1934), uno dei padri del Sistema dei Conti Nazionali e dello stesso PIL.

Dalla fine degli anni Cinquanta alla fine degli anni Ottanta del secolo scorso, le misure di progresso o sviluppo alternative al Pil sono fiorite un po’ dovunque: dagli Indicatori sociali di Bauer alle proposte di Nordhaus e Tobin; dall’indice di Felicità Lorda del Buthan alla Lista di Indicatori sociali dell’OCSE (Social Indicators, a cura di R.A. Bauer The M.I.T. Press 1966; W.D. Nordhaus e J. Tobin, “Is Growth Obsolete?”, in Economic Research: Retrospect and Prospect, Volume 5, 2012; Royal Government of Bhutan, The report of the high-level meeting on wellbeing and happiness: Defining a new economic paradigm, 2012: The OECD list of social indicators, OECD 1982). Dal Rapporto Brundtland in poi, il concetto di sviluppo si è progressivamente mescolato con quello di sostenibilità, incorporando il ricco dibattito sui limiti tecnici del PIL e la sua incapacità di registrare in modo appropriato le cosiddette regrettable necessities. Così, nel decennio successivo si sono moltiplicati esperimenti, come l’Human Development Index dell’UNDP o Il Genuine Progress Indicator di Cobb e Talberth. Più tardi, è stata la volta della Commissione Sarkozy, con il suo Rapporto Stiglitz, del progetto GDP and Beyond della Commissione Europea e dell’iniziativa dell’OCSE Better Life Index.

Cultura e sviluppo sono due rompicapo concettuali, due sfide, due nozioni in continua trasformazione, ingombranti e sfuggenti, e per giunta anche fortemente connesse tra loro in molti modi, anche contraddittori. Una ventina di anni fa, UNESCO e UNSRID pubblicarono un manuale tecnico sul benessere culturale come contenuto centrale dello sviluppo umano e gli strumenti per valutarlo e comunicarlo, che affrontava, tra le altre, le seguenti questioni: cosa debbono misurare gli indicatori culturali di sviluppo, quale è l’unità di osservazione appropriata, la disponibilità e la qualità dei dati, i criteri di selezione degli indicatori, l’opportunità o meno di creare un unico indice sintetico,.

In alcuni circoli accademici internazionali, il rapporto fra cultura e sviluppo è avvertito con tanta intensità che la cultura è stata addirittura considerata il quarto pilastro dello sviluppo sostenibile da aggiungere a ambiente, economia e società. Ma, ahimé, nonostante questo, la cultura non ha trovato spazio, se non in qualche vago passaggio non impegnativo, né nei millennium goals, né nei successivi sustainable development goals. Lo ha, invece, trovato, forse non per caso, in un progetto di casa nostra, promosso dall’Istat dal 2010 in collaborazione con il Cnel. Si tratta del processo, condiviso e partecipato, di costruzione di un Sistema di Misure del benessere equo e sostenibile, basato su ampie consultazioni di singoli cittadini (45.000 intervistati, più decine di migliaia di contributi liberi al blog dedicato) e di stakeholder politici, sociali e accademici, noto come BES (Benessere equo e sostenibile).

Un esperimento italiano. Come la maggior parte degli esperimenti di misurazione del benessere, anche il BES è fondato su dominii (12), cioè su determinanti di base, ottenute con un procedimento che isola fenomeni complessi per linee parallele, specificandone i sotto-componenti concettuali, e aumentando il livello di dettaglio per passaggi progressivi per raggiungere un livello al quale i fenomeni sono rilevabili statisticamente. Per questo motivo, anche negli esperimenti più avanzati, è prematuro aspettarsi integrazioni fra dimensioni, dominii o settori.

Nell’ambito del progetto BES è stata scartata, fin dall’inizio, l’idea di pervenire a un solo indice sintetico di benessere; si sono, al contrario, costruiti 12 indici di dominio e un cruscotto di 130 indicatori. La scala territoriale è quella regionale, anche se si sono avviati progetti paralleli a livello di province e su alcune città metropolitane. Il BES è, a scala globale, la sola misura del benessere che riconosce un ruolo determinante alla cultura. Quest’ultima, infatti, definisce un dominio specifico: paesaggio e patrimonio culturale, che si affianca agli altri: salute, istruzione e formazione, conciliazione vita-lavoro, benessere economico, relazioni sociali, politica e istituzioni, sicurezza, benessere soggettivo, ambiente, innovazione, ricerca e creatività, e qualità dei servizi. La cultura e i fenomeni ad essa collegati sono presenti anche in altre aree del BES: nel dominio innovazione, ricerca e creatività con un indicatore semplice (occupazione nelle imprese creative), , e nel dominio istruzione e formazione con un indicatore sintetico (partecipazione culturale).

Per ragioni di comparabilità, e soprattutto a causa di vincoli di tempo e di risorse, in tutto il mondo i tentativi di misurare la cultura e lo sviluppo o la cultura e il benessere, o anche il solo benessere, sono condizionate dai dati effettivamente disponibili e sono, in questo senso, data driven Essi, dunque, lavorano sull’esistente, anche a rischio di allontanamenti dall’ideale teorico. Tutto ciò penalizza ulteriormente la possibilità di misurare i fenomeni relativi alla cultura perché in Italia, e ancor più in Europa, i dati raccolti nell’ambito di indagini specificamente disegnate si contano sulle dita di una sola mano. In prevalenza si usano dati raccolti con finalità diverse (ad esempio: indagine Istat Aspetti della vita quotidiana per partecipazione e consumo culturali, indagini europee sulle forze di lavoro per l’occupazione, Registri delle imprese per le attività economiche, ecc.).

Paesaggio e patrimonio culturale come determinanti del benessere. Il dominio Paesaggio e patrimonio culturale del BES è costruito sul presupposto che il patrimonio culturale italiano abbia un valore inestimabile per le comunità e il loro benessere. In questa definizione concettuale coesistono un approccio descrittivo e uno prescrittivo, entrambi letti attraverso una prospettiva oggettiva e un approccio esperienziale, soggettivo.

La parte descrittiva mira a documentare le dimensioni e la distribuzione del patrimonio culturale materiale (il patrimonio culturale immateriale non è considerato nel BES) e i paesaggi storicamente definiti. La descrizione include anche, con pesi negativi, fenomeni indesiderabili, come gli effetti di comportamenti illegali e cambiamenti radicali in agricoltura e l’abbandono di vaste porzioni del territorio rurale che minacciano l’integrità del paesaggio italiano. La componente prescrittiva o della performance riguarda il fatto che l’alto valore attribuito in via teorica al patrimonio culturale dovrebbe corrispondere nella pratica a risorse adeguate per la sua conservazione, nonché al rispetto delle norme, all’applicazione della legge e ai controlli, che governo e istituzioni pubbliche dovrebbero garantire a vari livelli. La soddisfazione o l’insoddisfazione dei residenti per il paesaggio culturale nel loro luogo di vita e la preoccupazione per l’esaurimento delle risorse del paesaggio completano gli elementi concettuali del dominio con la componente soggettiva.

Gli indicatori che descrivono il dominio sono:

  1. Spesa corrente dei Comuni per la cultura: Pagamenti in conto competenza per la tutela e la valorizzazione di beni e attività culturali, in euro pro capite.
  2. Densità e rilevanza del patrimonio museale: Numero di strutture espositive permanenti per 100 km2 (musei, aree archeologiche e monumenti aperti al pubblico). Valori ponderati con il numero dei visitatori.
  3. Abusivismo edilizio: Numero di costruzioni abusive per 100 costruzioni autorizzate dai Comuni.
  4. Erosione dello spazio rurale da dispersione urbana: Incidenza percentuale delle regioni agrarie interessate dal fenomeno sul totale della superficie regionale.
  5. Erosione dello spazio rurale da abbandono: Incidenza percentuale delle regioni agrarie interessate dal fenomeno sul totale della superficie regionale.
  6. Pressione delle attività estrattive: Volume di risorse minerali estratte (metri cubi) per km2.
  7. Impatto degli incendi boschivi: Superficie forestale (boscata e non boscata) percorsa dal fuoco per 1.000 km2.
  8. Diffusione delle aziende agrituristiche: Numero di aziende agrituristiche per 100 km2.
  9. Densità di verde storico: Superficie in m2 delle aree di Verde storico e Parchi urbani di notevole interesse pubblico per 100 m2 di superficie urbanizzata (centri abitati) nei Comuni capoluogo di provincia.
  10. Insoddisfazione per il paesaggio del luogo di vita: Percentuale di persone di 14 anni e più che dichiarano che il paesaggio del luogo di vita è affetto da evidente degrado.
  11. Preoccupazione per il deterioramento del paesaggio: Percentuale di persone di 14 anni e più che indicano la rovina del paesaggio causata dall’eccessiva costruzione di edifici tra i cinque problemi ambientali più preoccupanti.

Secondo il Rapporto BES 2018 l’indicatore composito di Paesaggio e patrimonio culturale, dopo un progressivo, ma lento declino, dal 2015 è rimasto sostanzialmente stabile. La tendenza nazionale è la sintesi di andamenti territoriali divergenti, con rilevanti peggioramenti sia al Centro sia nel Mezzogiorno (tavola 1). La distanza tra Nord e Mezzogiorno nel periodo considerato sale da 18 a 24 punti. Peraltro, in tutte le ripartizioni, il punteggio del 2017 è inferiore a quello del 2010: peggiorano anche l’indice di abusivismo edilizio e i due indicatori di percezione, cioè l’insoddisfazione per il paesaggio del luogo di vita (in aumento) e la preoccupazione per il deterioramento del paesaggio (in calo) (fig.1).

La frase, di incerta attribuzione, ma azzeccata, per cui “non tutto ciò che può essere contato conta e non tutto ciò che conta può essere contato” calza a pennello con il concetto di benessere, e ancor di più con quello di cultura. Certo, sul piano epistemologico l’impresa di misurarli entrambi è titanica e forse impossibile, ma sul piano delle politiche si può lavorare discretamente anche con strumenti non definitivi, purché onesti, ben definiti, espliciti, chiari sulla parte di informazione che garantiscono e chiari sulla parte di cui, in obbedienza al monito di Wittgenstein, è bene tacere. Del resto, per fare un solo esempio, anche la salute è un concetto impossibile da inchiodare in una metrica, ma ciò non impedisce che le politiche sanitarie siano orientate da progressive approssimazioni operazionali del concetto – che negli anni sono passate da una visione incentrata sull’assenza di malattia a una che, invece, si fonda (ancora!) sulla nozione di benessere. Ritengo che la direzione da seguire nella ricerca futura debba essere quella della conoscenza utile per guidare l’intervento – niente più, niente di meno . Difficile, ma non impossibile.

Tavola 1. Indice composito di Paesaggio e patrimonio culturale per regione e ripartizione geografica. Anni 2010-2017. Italia 2010=100

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