Obamacare: una sfida ancora aperta?

Cinzia Di Novi si occupa dell’Affordable Care Act, la cosiddetta Obamacare, che dopo un lungo periodo di gestazione ha permesso agli Stati Uniti di realizzare una prima forma di tutela pubblica dell’assistenza sanitaria per il complesso dei cittadini. La strada per realizzare tale misura, tuttavia, continua a essere molto tormentata. Dopo una descrizione delle caratteristiche principali della riforma, Di Novi illustra le principali sfide vinte e quelle che rimangono da affrontare.

Da circa un anno e mezzo è entrato in vigore negli Stati Uniti l’Affordable Care Act meglio noto sui media come “Obamacare”, il più ambizioso programma di riforma sanitaria mai realizzato in America prima d’ora. Trasformato in legge il 23 di marzo 2010, l’ACA ha richiesto molti compromessi tra cui la rinuncia a quello che sembrava essere il punto più innovativo del testo inizialmente approvato dalla Camera dei rappresentanti nel novembre 2009: il New National Health Plan, un piano assicurativo pubblico che avrebbe dovuto entrare in competizione con le assicurazioni private. La riforma, realizzata attraverso l’introduzione di un sistema complesso di norme, incentivi, sussidi, obblighi e divieti, è senz’altro lontana dalla rivoluzione in stile modello europeo di “socialized medicine” tanto temuta dai Repubblicani. Il sistema sanitario americano continua ad essere caratterizzato da una forte disuguaglianza nell’accesso alle assicurazioni sanitarie, favorita dalla presenza delle lobby assicurative private che, hanno reso sino ad oggi la copertura sanitaria particolarmente onerosa (Carrieri e Di Novi, 2014 , “Se Obama s’incarta sulla riforma sanitaria”, Lavoce, 31 gennaio).

Negli Stati Uniti le grandi compagnie assicurative private costituiscono, infatti, la maggiore componente del sistema sanitario. Il canale più diffuso è quello basato sull’impiego. Buona parte dei dipendenti e delle famiglie americane è assicurata grazie a piani cumulativi stipulati attraverso il datore di lavoro; i liberi professionisti o i lavoratori autonomi (parte minoritaria della popolazione) si ritrovano a dover sottoscrivere assicurazioni private individuali, potendo scegliere se iscriversi ai piani di tipo Health Maintenance Organizations (HMOs), la cui principale caratteristica è quella di poter usufruire, ad un costo ridotto rispetto ai piani tradizionali, di un limitato numero medici di famiglia e di strutture specialistiche e ospedaliere, o a alla tradizionale assicurazione a rimborso (fee-for-service) generalmente più costosa. La componente assicurativa pubblica si snoda principalmente attraverso Medicare, il programma pubblico di assistenza gratuita destinato a coloro che hanno un’età superiore a 65 anni; Medicaid, il programma pubblico federale gratuito gestito dai singoli Stati rivolto il quale fornisce copertura ospedaliera e medica gratuita a persone con risorse economiche scarse o nulle; ed il Military Health Care il programma pubblico federale di assistenza ai militari e ai veterani (Di Novi, 2011, “Selezione Avversa e Mercato Assicurativo Privato: Un’Analisi Empirica su Dati USA”, Diritto e Economia delle Assicurazioni, 3: 943-9).

Medicaid è stato l’oggetto della riforma Obama. Prima dell’entrata in vigore dell’ACA, i requisiti, fissati dai singoli Stati, erano particolarmente rigidi: molte famiglie a basso reddito non erano sufficientemente povere per potersi iscrivere a Medicaid e non potevano, tuttavia, permettersi assicurazioni private. A partire da gennaio 2014, Medicaid è stato esteso a tutti gli individui il cui reddito familiare ammonti a meno del 133% della soglia di povertà (circa 30 mila dollari l’anno per una famiglia di quattro persone). Per tutti coloro che non rientrano nell’estensione del piano Medicaid, ma il cui reddito familiare ammonta a meno del 400% della soglia di povertà (circa 88 mila dollari l’anno per una famiglia di quattro persone), sono previsti sussidi e sgravi fiscali per l’acquisto di polizze private attraverso mercati assicurativi regolamentati operativi dal 2014 in 16 Stati (conosciuti come “Health Insurance Marketplaces” ) che offrono una nuova offerta di polizze sanitarie alla quale possono ricorrere gli individui non assicurati e le imprese. Per gli Stati che non hanno ancora aderito ai nuovi exchange, i sussidi sono disponibili attraverso il mercato federale (operativo negli altri 34 Stati) che si poggia sul portale Healthcare.gov, entrato in funzione già ad ottobre 2013 e diventato immediatamente famoso per essere andato in tilt fin dai primi giorni mettendo gli utenti in standby per diverse settimane prima di poter acquistare una copertura sanitaria.

La riforma Obamacare, oltre all’estensione del programma Medicaid, ha previsto altri due pilastri sul fronte dell’accesso alla copertura assicurativa: il primo consiste nell’obbligo, a fronte di sgravi fiscali, da parte dei datori di lavoro con più di 50 impiegati, di fornire copertura assicurativa ai dipendenti, supportato da una multa di 2000 dollari a dipendente per ogni anno di mancata copertura. L’ACA ha, inoltre, imposto il cosidetto “individual mandate”: la norma prevede che ogni cittadino americano, che ne abbia le possibilità economiche, debba dotarsi di un’assicurazione sanitaria, pena il pagamento di una multa proporzionale al reddito familiare (l’1% nel 2014, il 2% nel 2015, il 2,5% a partire dal 2016). Il sito Healthcare.gov recita: “If you can afford health insurance but choose not to buy it, you must have a health coverage exemption or pay a fee. (The fee is sometimes called the “penalty,” “fine,” “individual responsibility payment,” or “individual mandate“).  Proprio sull’ “individual mandate” si è consumata una delle prime battaglie legali contro la riforma. La norma, infatti, fu contestata dal partito Repubblicano che considerava incostituzionale che il governo o il Congresso potessero obbligare gli americani ad acquistare un piano assicurativo. La Corte Suprema, tuttavia, confermò, fin da giugno 2012, che il contenuto della norma era costituzionale, mentre bocciò un’altra norma che dava al governo federale il potere di tagliare i fondi per il programma Medicaid agli Stati che si sarebbero rifiutati di espanderlo secondo quanto suggerito dalla riforma Obama. Ad oggi sono ancora molti gli stati che non hanno esteso Medicaid del 33% rispetto al soglia di povertà: 29 Stati su 50 hanno scelto di non aderire, lasciando quasi 4 milioni di cittadini – principalmente ispanici e afroamericani- privi di copertura assicurativa (Assaf et al. (2014) “Analyzing Disparities Trends for Health Care Insurance Coverage Among Non-Elderly Adults in the US: Evidence from the Behavioural Risk Factor Surveillance System, 1993–2009”, University Ca’ Foscari of Venice, Dept. of Economics Working Paper Series No. 14).

Il cammino in salita dell’ACA dal punto di vista legale si è chiuso solo recentemente. A finire sul tavolo dei giudici della Corte Suprema sono stati proprio i sussidi che lo stato federale aveva garantito ai meno abbienti non coperti da Medicaid per contribuire all’acquisto di una copertura sanitaria (sugli exchange organizzati dai singoli Stati (solo 16) o sul mercato federale operativo attraverso il sito HealthCare.gov): un meccanismo di aiuti pubblici che sino all’inzio della battaglia legale era stato essenziale per garantire l’ampliamento dell’assistenza a milioni di americani a basso reddito da quando la riforma è entrata in vigore. A sporgere denuncia sull’illegittimità dei sussidi sono stati quattro residenti della Virginia puntando su una formulazione ambigua contenuta nell’ACA. Nella sezione 1311 dell’Obamacare, infatti, si stabilisce che i sussidi federali possono essere garantiti solo ai cittadini che acquistano una copertura sanitaria all’interno dei mercati stabiliti da ciascuno stato. Ma proprio tra questi mercati non viene citato quello federale – da sempre promosso da Obama – che invece appare nella sezione 1321. La Corte Suprema americana con due terzi di voti a favore (6 a 3) il 25 giugno del 2015 ha ancora una volta “assolto” l’Obamacare scegliendo un’interpretazione ampia della riforma, legittimando quindi i sussidi federali e più in generale la riforma di Obama. Secondo i dati del National Center for Health Statistics il numero di persone prive di copertura sanitaria è sceso a 29 milioni nel 2015, 7 milioni in meno rispetto al 2014, 13 milioni in meno rispetto al 2013. Se la Corte suprema avesse deciso accettare il ricorso, molti cittadini americani avrebbero perso la possibilità di avere i sussidi e molti altri si sarebbero visti aumentare il premio da pagare.

Nonostante la recente sentenza a favore dei Democratici e dell’ACA, la riforma Obama continua a trovare l’opposizione dei Repubblicani che, avendo perso sul piano legale, rilanciano sul piano politico, ponendo ora l’accento sui meccanismi di finanziamento della riforma stessa. La crisi economica ha esasperato il dilemma del finanziamento dell’Obamacare. La grande recessione iniziata nel 2008, ha colpito fortemente il mercato del lavoro americano: secondo i dati del U.S. Bureau of Labor Statistics il tasso di disoccupazione negli Stati Uniti nell’ultimo anno ha sfiorato il 7%, mettendo in crisi la copertura assicurativa di milioni di americani ed esponendoli al rischio di disastro finanziario in caso malattia. La crisi, ed il conseguente aumento del tasso di disoccupazione, hanno comportato un aumento degli assicurati eleggibili nel programma Medicaid e gli stati che hanno aderito all’estensione prevista dalla riforma si sono trovati di fronte ad un problema imminente di finanziamento del programma in un momento in cui gli introiti fiscali si sono ridotti.

Nel 2018 entrerà in vigore la Cadillac Tax che ha l’obiettivo di colpire i cosidetti “Cadillac health plans” (dalle lussuose auto Cadillac), noti anche come piani assicurativi “gold-plated”, ossia piani assicurativi ad alto costo che offrono una copertura particolarmente generosa (bassa franchigia e basso copayment quando presente). Nel dettaglio, è prevista una nuova tassa del 40 per cento sui piani di assicurazione particolarmente costosi: la nuova tassa ricadrà su quelle compagnie assicurative che offrono polizze assicurative superiori agli 10.200 dollari (per i singoli individui) e 27.500 dollari (per le famiglie). Oltre a racimolare fondi per coprire i costi dell’Obamacare (le recenti previsioni Congressional Budget Office dicono che attraverso la Cadillac Tax il budget federale otterrà circa 80 billioni di dollari tra il 2018 and 2023), la nuova tassa avrà il compito di scoraggiare il sovra-utilizzo dei servizi sanitari che piani di questo tipo tendono ad incentivare (Di Novi e Migheli, 2015, “Lights and Shadows of Affordable Care Act and its Influence on World Civilization”, International Journal of Social Economics, in stampa)

Nonostante gli introiti provenienti dalla Cadillac tax e dalle tasse imposte alle industrie legate al settore sanitario l’effetto netto della riforma sul budget federale potrebbe restare negativo. Gli Stati Uniti spendono per la sanità più di qualsiasi altra Nazione dell’Ovest Europeo. Nel 2014 Medicare, Medicaid e i sussidi dell’Affordable Care Act marketplace hanno contato per il 24% del budget federale (Di Novi e Migheli, 2015). Circa due terzi in realtà sono stati spesi per il programma Medicare che non è stato direttamente interessato dalla riforma Obama. Eppure, nonostante i costi, quello che non si può negare è che l’ ACA rappresenta certamente il simbolo di una maggiore inclusione sociale e, nonostante abbia stentato a decollare, dopo mesi di feroci critiche per il lancio pasticciato della legge e di attacchi dal punto di vista legale, oggi ha già raggiunto circa 13 milioni di iscritti. Le ristrettezze del bilancio potrebbero dare un nuovo spunto ai Repubblicani che alle ultime elezioni di mid-term hanno conquistato l’intero Congresso. Ma nemmeno una vittoria repubblicana nell’elezioni del 2016, probabilmente, riuscirà a cancellare l’Obamacare dalla storia degli Stati Uniti. Anche tra gli americani inizialmente più scettici nei confronti della riforma sanitaria si è rapidamente diffusa la convinzione che con più Stato si sta meglio e si vive più a lungo.

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