Misure di protezione sociale nell’emergenza COVID19: lezioni operative da altri contesti

Sara Pavanello e Savina Tessitore indicano sei lezioni operative che possono essere tratte dalle esperienze di paesi che hanno adeguato i propri programmi di protezione sociale in seguito a crisi o shock e che possono essere utili per i comuni e le regioni impegnati a sostenere i soggetti colpiti dall’emergenza COVID19, oltre che a stimolare l’economia locale. Le lezioni riguardano la scelta degli strumenti di protezione sociale, i criteri di individuazione dei beneficiari, le reti di protezione sociale informale, il lavoro lungo le filiere, la comunicazione, e l’accountability.

In questi giorni la questione di come affrontare lo shock economico provocato dall’emergenza COVID19 domina i dibattiti di policy, i canali di informazione e le conversazioni tra amici. In un quadro in continua evoluzione, il Governo ha annunciato nuove misure di protezione sociale tra cui il Decreto Cura Italia, che sospende le condizionalità sulla disponibilità al lavoro del Reddito di Cittadinanza (RdC), lo stanziamento di 400 milioni di euro a favore dei Comuni per buoni spesa alle famiglie più disagiate, ed è in discussione l’introduzione del nuovo Reddito di Emergenza per chi non ha altri sostegni al reddito.

Gli enti territoriali rappresentano le istituzioni di prossimità nella risposta all’emergenza e nella erogazione delle forme di assistenza previste dalle nuove misure. In prima fila in un’emergenza sanitaria ed economica senza precedenti, il loro compito è tutt’altro che facile ed è reso ancora più arduo dalle molte fasce di popolazione colpite. Situazioni di vulnerabilità pregresse – che colpiscono disoccupati, lavoratori saltuari, irregolari e/o precari, rifugiati, richiedenti asilo, lavoratori e lavoratrici del sesso, persone senza fissa dimora – si sono enormemente aggravate. Al contempo nuove fragilità richiedono attenzione: i dipendenti di piccole e medie imprese non resilienti, molti lavoratori autonomi, famiglie e individui privi di liquidità.

Le esperienze dei paesi che hanno affrontato crisi e shock adeguando i propri programmi di protezione sociale possono offrirci utili spunti operativi. L’idea di costruire su queste esperienze è stata introdotta di recente dal Forum Diseguaglianze e Diversità e da un articolo del Menabò. Entrambi mettono in rilievo l’importanza di non lasciare nessuno indietro e quindi dell’universalità dell’assistenza, e passano in rassegna i meccanismi di espansione (verticale, orizzontale e delle tipologie di servizio/assistenza, si veda la pubblicazione di Oxford Policy Management-OPM) che si potrebbero applicare agli strumenti esistenti – RdC, la carta acquisti ordinaria o il Fondo di aiuti europei agli indigenti (FEAD) – per far fronte in maniera tempestiva alle nuove vulnerabilità create dalla crisi.

Scopo di questo articolo è illustrare, rispetto a sei questioni problematiche, alcune lezioni che si possono trarre dagli interventi di protezione sociale, ideati e messi in pratica, in paesi a reddito medio e basso in risposta a situazioni di emergenza. I suggerimenti sono rivolti principalmente agli organi di governo di comuni e regioni e aspirano a offrire indicazioni pratiche per le misure volte ad assistere la popolazione e, dove possibile, stimolare l’economia locale.

Strumenti di protezione sociale. Identificare gli strumenti più appropriati per assistere famiglie e persone colpite dalla crisi – sotto forma di buoni spesa, assistenza monetaria o distribuzione di beni alimentari e di prima necessità, è fondamentale per adottare misure tempestive e adeguate alle necessità di ciascuno. Il messaggio che emerge da altri contesti, come segnalato da studi di International Food Policy Research Institute e WFP, e Overseas Development Institute è che non esistono strumenti giusti o sbagliati in assoluto. Piuttosto, la loro efficacia è strettamente collegata agli obiettivi, al contesto operativo e al costo degli strumenti stessi. Per prendere delle decisioni in un’ottica di massima adeguatezza ed efficacia, può essere utile, per gli enti locali, seguire un processo deduttivo guidato dalle seguenti domande:

  1. Quali obiettivi sono i più adatti per ogni tipologia di beneficiari? La risposta guiderà la scelta verso uno o più strumenti che consentano di raggiungere al meglio l’obiettivo in riferimento alla popolazione target. I buoni spesa saranno utili se l’obiettivo principale è la soddisfazione di bisogni di prima necessità. I trasferimenti monetari come il Reddito di Emergenza sono efficaci per assistere famiglie e individui in condizioni di mancanza di liquidità nell’affrontare spese urgenti, per esempio alimentari o mediche. In questo caso la fungibilità dell’assistenza monetaria che consente di dare la priorità alle esigenze e preferenze individuali e familiari può essere vantaggiosa rispetto ai buoni spesa o alla distribuzione di beni.
  2. Qual è il contesto nel quale si pianifica l’intervento? I fattori rilevanti sono diversi, tra cui il fatto che i mercati di beni alimentari siano attivi o la sicurezza dei beneficiari nell’accedere all’assistenza. In questo periodo è importante tenere conto delle restrizioni comportamentali in atto. Ad esempio, nel caso dei buoni spesa, sarebbe necessario collaborare con punti vendita ubicati in diverse parti dell’area municipale per minimizzare gli spostamenti, e scaglionare la distribuzione dei buoni per evitare il sovraffollamento nei punti vendita.
  3. Quale strumento permette il raggiungimento degli obiettivi nel modo economicamente più efficiente? Data la rapida crescita del numero di persone in difficoltà e la scarsità delle risorse, le considerazioni di carattere economico non vanno sottovalutate. In particolare è utile comparare i costi amministrativi dei vari strumenti, di gestione, di risorse umane, e per l’impiego della tecnologia. Diversi studi ribadiscono come i trasferimenti monetari senza condizionalità siano più economici da mettere in campo rispetto ai buoni spesa o alle distribuzioni di beni alimentari. Si pensi ad esempio ai costi e i tempi necessari per stampare buoni spesa cartacei e ai costi amministrativi e di risorse umane per gestire le relazioni con i punti di vendita.

Criteri di individuazione (targeting). In situazioni di emergenza è spesso appropriato lasciare agli enti di prossimità come i Comuni il compito di formulare i criteri più efficaci di targeting, soprattutto per individuare chi non è coperto da misure preesistenti. Le lezioni operative emerse da alcune ricerche (OPM, UNICEF, e Banca Mondiale) evidenziano che in tempi normali e in situazioni di emergenza è necessario adottare approcci differenti. Nel primo caso si mira a raggiungere le fasce di popolazione più povera (povertà cronica e transitoria) e vulnerabile (disabili, persone anziane, eccetera) e quindi ad identificare un gruppo, relativamente piccolo rispetto all’intera popolazione, cui indirizzare l’assistenza. In situazioni di emergenza come quella attuale il targeting dovrebbe invece affondare le radici nei principi alla base dell’azione quali umanità, imparzialità, neutralità e indipendenza nell’assistenza. In pratica, dovendo identificare tempestivamente i beneficiari, è cruciale tenere conto sia delle nuove e pregresse vulnerabilità, alle quali rispondere in un’ottica di mitigazione degli effetti della crisi e di tenuta del tessuto socioeconomico locale, sia del fatto che non tutte le fasce colpite sono immediatamente ‘visibili’. Alcune categorie (lavoratori e lavoratrici privati – come mappato dal Forum Disuguaglianze e Diversità: famiglie a basso reddito; rifugiati e richiedenti asilo; abitanti in comuni medio piccoli) piuttosto che altre (immigrati non regolari e/o lavoratori in nero, vedi sotto) saranno più facili da raggiungere grazie all’esistenza di dati rilevanti. Inoltre in alcuni casi, come per le persone senza fissa dimora o prive di un regolare permesso di soggiorno, sono preferibili interventi così detti a bassa soglia, che non richiedono l’identificazione dei beneficiari.

Reti di protezione sociale informale. Come in casi di emergenza analoghi, anche in Italia si assiste alla nascita ed espansione di iniziative di protezione sociale informale, coordinate da associazioni, reti di solidarietà e volontariato, ONG, istituzioni religiose. Questi attori hanno tutti un grande rilievo nelle emergenze grazie alla loro agilità e tempestività nel raggiungere le zone colpite, spesso anche grazie a processi amministrativi tipicamente più snelli di quelli della pubblica amministrazione, e al loro forte legame con le diverse fasce della popolazione, spesso le più marginalizzate. Per questo gli studi (ad esempio della Commissione Europea) e le esperienze internazionali, ad esempio nel Sahel, sottolineano la necessità che gli enti pubblici lavorino congiuntamente alle reti di protezione sociale informale per assicurare una copertura adeguata e per meglio garantire equità nella risposta, minimizzando il rischio che alcuni soggetti vulnerabili vengano raggiunti più volte e altri esclusi. Terreni concreti di collaborazione sono l’individuazione dei beneficiari, in particolar modo i ‘nuovi’ vulnerabili (vedi sopra), e la messa a punto di campagne di comunicazione rapide e inclusive (vedi sotto).

Lavorare lungo le filiere. L’immissione di liquidità a favore di famiglie e individui prevista dal decreto Cura Italia avrà effetto sulla domanda ma anche sull’offerta e, oltre a supportare i bisogni dei soggetti vulnerabili, permetterà di stimolare i consumi e sostenere l’economia con misure anticicliche. In questo momento di forte rallentamento dell’economia può attenuare l’impatto del congelamento delle attività sul breve e medio periodo, dando impulso a settori ancora attivi, particolarmente l’agroalimentare. Per questo bisogna incoraggiare i Comuni ad includere aziende agricole medio-piccole locali e regionali e i commercianti al dettaglio che si stanno già auto-organizzando per le consegne a domicilio nella fornitura di beni distribuiti o acquistabili direttamente, o tramite i buoni spesa, accorciando così le filiere e massimizzando i benefici sul territorio. D’altra parte, occorre evitare di favorire esclusivamente la grande distribuzione, con il rischio di un aumento di pratiche scorrette come le aste online al ribasso, per fornire ossigeno a aziende agricole e commercianti attualmente a rischio di chiusura permanente, e mantenere in funzione un comparto vitale per l’economia italiana.

Comunicazione. In situazioni di emergenza, quando le vulnerabilità aumentano e parallelamente cresce l’urgente bisogno di sostegno, va posta attenzione particolare a una corretta comunicazione, anche al fine di minimizzare possibili conflitti sia tra i potenziali beneficiari che tra diversi enti territoriali. Un’efficace strategia comunicativa deve garantire trasparenza e massima diffusione delle informazioni assicurando che la popolazione abbia chiari gli obiettivi delle misure, i criteri di selezione (e esclusione), le modalità e la durata del sostegno. Utilizzare una combinazione di media diversi può essere un modo efficace per raggiungere tutti coloro che rientrano nelle categorie vulnerabili selezionate, comprese le fasce meno istruite.

Accountability. Un’ultima lezione riguarda la messa in atto di meccanismi attraverso cui sporgere reclami e risolvere controversie. In situazioni di emergenza è particolarmente importante assicurare la trasparenza delle procedure e la possibilità di appellarsi di fronte a un’ingiustizia, per assicurare il rispetto dei principi costituzionali e umanitari di cui si è detto. Il necessario monitoraggio dei programmi di assistenza dovrà puntare alla massima semplificazione dei sistemi, possibilmente utilizzando quelli già esistenti, mentre valutazioni post hoc serviranno a garantire accountability e ad apprendere lezioni, anche in vista di un possibile ampliamento, in futuro, delle misure di protezione sociale partendo da un’esperienza eccezionale come quella in corso.

In conclusione, occorre rivedere la direzione delle misure che si stanno adottando alla luce delle indicazioni provenienti da altri contesti, adeguando la forma dello strumento agli obiettivi, tenendo conto del contesto operativo e del costo degli strumenti stessi. Inoltre, vista l’esigenza di fornire sostegno tempestivo a soggetti la cui situazione economica sta deteriorando rapidamente, l’operatività, la rapidità e l’inclusività dovrebbero avere priorità assoluta, anche a scapito dell’accuratezza del targeting. In questo senso, l’aggiornamento dell’ISEE per ampliare i criteri di accesso dovrebbe prevedere una procedura semplificata, con dati compilabili automaticamente, e anche così, richiederebbe un’integrazione con altre metodologie di individuazione dei beneficiari, per assicurarsi di raggiungere tutte le categorie bisognose.

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