Misurare i benefici della prevenzione da rischio sismico

Dario Guarascio si occupa delle modalità di misurazione dei benefici e costi della prevenzione dei rischi sismici e sintetizza i risultati di uno studio che, basandosi su dati ufficiali, le ha applicate al terremoto del 2009 a l’Aquila. Guarascio mostra la netta preferibilità economica della prevenzione e sostiene che procedure relativamente semplici come quelle indicate (ed implementate con dati di cui lo Stato dispone) potrebbero condurre a interventi in grado di minimizzare le conseguenze dannose dei terremoti

La devastazione prodotta dai terremoti avvenuti lungo la dorsale appenninica negli ultimi tre decenni ha mostrato (ripetutamente) la necessità di un piano di prevenzione volto a mettere in sicurezza il territorio italiano. Tale necessità, tuttavia, non ha trovato riscontro nella pratica, evidenziando la difficoltà di tradurre il bisogno di prevenzione in politiche capaci di soddisfarlo adeguatamente. Tra gli ostacoli che la realizzazione di un vasto piano di prevenzione trova di fronte a sè, vi è la difficoltà di misurare i benefici economico-sociali della prevenzione stessa. La disponibilità di adeguate misure, infatti, costituisce una base essenziale per supportare l’adozione di politiche – ed il connesso investimento di risorse – da parte dell’operatore pubblico.

Questa nota sintetizza i risultati di uno studio che ho condotto nel 2010 con l’obiettivo di quantificare i benefici economici e sociali della prevenzione da rischio sismico. L’analisi risale al periodo successivo al sisma che ha colpito L’Aquila (6 aprile 2009) ed è stato realizzato sui dati ufficiali raccolti dopo il terremoto. Il nucleo centrale dello studio consta di un’analisi costi-benefici attraverso cui si è comparata una situazione di base, caratterizzata dall’assenza di prevenzione, con scenari in cui si è ipotizzata la presenza di elementi preventivi, intesi come fattori di rinforzo capaci di ridurre la vulnerabilità degli edifici del centro storico di l’Aquila. I risultati ottenuti hanno messo in luce la netta preferibilità economica di un piano di prevenzione su larga scala.

Prima di entrare nei dettagli dello studio, appare rilevante descrivere la dimensione economica peculiare della prevenzione da rischio sismico. In primis, ciò che si intende proteggere quando si interviene per ridurre il rischio naturale sono (almeno in parte) beni la cui misurabilità economica è di particolare difficoltà: le vite umane, il territorio ed il patrimonio culturale. In secondo luogo, i benefici della prevenzione divengono tangibili solo nel momento in cui si verifica l’evento pericoloso. Tali eventi, tuttavia, hanno una natura radicalmente incerta: potrebbero non verificarsi mai o in un momento ignoto all’interno di un orizzonte temporale anche molto lungo. Ed il medesimo discorso vale per la localizzazione lati-longitudinale dell’evento. In terzo luogo, la protezione dal rischio di comunità e luoghi antropizzati implica rilevanti problemi di coordinamento. Nel caso del rischio sismico, ad esempio, la disomogeneità degli interventi preventivi ex ante può minare l’efficacia degli interventi stessi. Ad esempio, a l’Aquila e Amatrice, alcuni edifici che sarebbero usciti indenni dal sisma grazie ai rinforzi strutturali di cui erano dotati sono stati ugualmente danneggiati dal crollo di edifici limitrofi privi di quei rinforzi.

Tenendo conto della complessità del processo decisionale in materia di prevenzione, si è proposto un modello di simulazione in grado di supportare tale processo. Il modello si basa sulla combinazione di diverse fonti di dati: le probabilità di accadimento, nell’area di interesse, di terremoti di una magnitudo analoga o maggiore a quella verificatasi nel capoluogo abruzzese (probabilità fornite dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia – INGV); le probabilità di danneggiamento e crollo degli edifici, stimate attraverso un modello econometrico applicato ai dati relativi a 115 edifici del centro storico di l’Aquila (dati forniti dalla Protezione Civile); le caratteristiche geologiche dei terreni sottostanti agli edifici analizzati, utilizzate per costruire una variabile categoriale attraverso cui ciascun edificio è stato associato ad una classe di amplificazione (per amplificazione si intende l’effetto “moltiplicativo” che, a fronte di una sollecitazione sismica, può avere luogo a seconda delle caratteristiche del terreno sottostante un edificio); le stime sul valore economico degli edifici distinti per la loro funzione (abitazioni e edifici produttivi), fornite, nei mesi successivi al sisma Aquilano, dal Centro Studi delle Camere di Commercio abruzzesi CRESA.

Mediante la combinazione delle probabilità stimate e dei dati reali relativi a ciascuno degli edifici considerati, è stato possibile costruire alcuni scenari di rischio ipotizzando un sisma della medesima magnitudo di quello occorso a l’Aquila (la stessa analisi è stata poi replicata ipotizzando il verificarsi di terremoti di magnitudo superiore). Si sono comparati scenari caratterizzati dall’adozione, ex ante, di uno schema preventivo risultante in una riduzione media, omogeneamente distribuita, della vulnerabilità degli edifici coinvolti nell’analisi con lo scenario base, corrispondente alla reale condizione (assenza di misure preventive ex ante) degli edifici del centro storico nel momento in cui il sisma ha avuto luogo.

Gli scenari di simulazione sono stati realizzati applicando la tecnica dell’Event Tree Analysis (ETA) – tradizionalmente utilizzata nelle analisi di rischio –con riferimento a un orizzonte temporale di 50 anni. Ciascuno scenario emerge da una concatenazione di eventi aleatori e lo schema analitico si sviluppa come un “albero” alla cui base vi è “l’evento iniziatore” un terremoto di magnitudo 6.3 (scala Richter) o superiore. Al termine di ciascun ramo, ossia al termine di ogni concatenazione di eventi aleatori, vi è uno scenario a cui corrisponde un’intensità di danno attesa e la cui dimensione finale è influenzata, da un lato, dall’entità del danno (numero di crolli/livello di danneggiamento dell’edificato preso in considerazione), dal costo della prevenzione (crescente al ridursi della vulnerabilità strutturale dell’edificato) e dal valore economico degli edifici; dall’altro, dalla probabilità associata a ciascuno scenario ottenuta mediante la combinazione della probabilità di accadimento del sisma e di quella di danno/crollo degli edifici.

La comparazione tra i benefici – valutati in termini di minori danni attesi associati alla presenza di prevenzione – e la situazione base (corrispondente all’ammontare di danni e di perdite subite dal gruppo di edifici di l’Aquila presi in esame) ha mostrato come i primi sopravanzino in tutti i casi i secondi. Inoltre, prescindendo dalla dimensione numerica dei risultati – per questo studio, i valori economici attribuiti agli edifici ha rivestito una funzione di carattere esclusivamente comparativo e dovrebbe essere soggetta a ulteriori raffinamenti per avere un’adeguata rappresentatività –, è emersa una tendenza a crescere della differenza positiva tra benefici e costi all’aumentare dell’intensità dell’intervento preventivo,. Tale tendenza è in parte spiegata dall’elevata probabilità di accadimento (entro i 50 anni), nell’area di l’Aquila, di terremoti di magnitudo compresa tra il 6° ed il 7° grado.

La nostra analisi, dunque, costituisce un esempio di come procedure relativamente semplici (e realizzate con dati a disposizione delle Amministrazioni Pubbliche) potrebbero permettere un intervento capace di minimizzare le conseguenze dannose di un sisma. E tale risultato si otterrebbe anche senza considerare il valore “inestimabile” associato alla protezione delle vite umane nei confronti di un rischio che, nel centro Italia, è assolutamente concreto. Trattandosi di risultati espressi in termini attesi, tuttavia, il prevalere di uno scenario su un altro dipende in modo cruciale dal valore attribuito (dal soggetto decisore) al flusso di costi e benefici futuri. In questo senso, la selezione del tasso di sconto da applicare a questi flussi può modificare significativamente l’esito dell’analisi e la relativa decisione.

Un decisore che attribuisse un valore sovraordinato (e immodificabile nel tempo) alla tutela della vita umana o a beni storico artistici di particolare significatività tenderebbe ad applicare un tasso di sconto prossimo (o pari) allo zero ai benefici (cioè ai minori danni) futuri. In altri termini il valore dei danni e dei benefici non dipenderebbe dal momento in cui si prevede che si verificheranno ed in particolare esso non è considerato tanto minore, quanto più è distante il punto del tempo in cui si manifesteranno. Se il tasso di sconto fosse applicato con un criterio finanziario standard i costi (effettivamente sostenuti oggi) potrebbero superare i benefici (minori danni) scontati di domani. In questo senso, si mostra come l’onere della prevenzione deve necessariamente gravare sulle spalle dell’operatore pubblico. Lo Stato, infatti, è il solo che può incorporare un obiettivo etico nel proprio processo decisionale attribuendo un ”valore aggiuntivo” – tradotto, in termini attuariali, in un azzeramento del tasso di sconto – alla misura del valore dell’edificato esposto a rischio sismico; un valore aggiuntivo derivante dalla volontà di tutelare la vita delle persone ed il patrimonio culturale oltre che dalla volontà di proteggere le generazioni future.

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