Migrazioni interne: un Rapporto annuale e l’esigenza di nuove ricerche

Michele Colucci e Stefano Gallo si concentrano sul tema delle migrazioni interne all'Italia e descrivono i contenuti dei primi due Rapporti di ricerca sul tema condotti da ricercatori di diverse discipline. Essi segnalano che in Italia si assiste a una riorganizzazione dei flussi migratori interni: i trascinatori della mobilità interna sono i cittadini stranieri; le regioni maggiormente attrattive sono l’Emilia Romagna e il Trentino, e la regione con la più consistente emigrazione verso le altre aree del paese è la Campania.

Succede spesso che in sede scientifica si ascoltino riflessioni e preoccupazioni sulla scarsa attenzione dedicata dall’opinione pubblica italiana alle migrazioni interne. In effetti l’interesse sul tema si accende e si spenge, periodicamente, in un batter di ciglia. Giustamente è stata anche sostenuta l’insufficienza di una visione che identifichi nel fenomeno ‘migrazioni interne’ solo ed esclusivamente gli spostamenti di residenza dal Meridione al resto del paese, come se con questa tipologia si esaurisse la massa dei movimenti della popolazione all’interno dei confini statali.

Questa distorsione ottica è stata probabilmente nutrita e sostenuta da due fattori fondamentali: da una parte l’intramontabile attualità del dibattito sulle diseguaglianze italiane, dall’altra l’importanza storica dei trasferimenti dal Sud al Centro-Nord in una fase cruciale e irripetibile della vita nazionale, quella del cosiddetto miracolo economico (1958-‘63). Si tratta di due fattori fondamentali e imprescindibili al fine di comprendere la realtà socio-economica del nostro paese, che sembrano tuttavia condannare la percezione delle migrazioni interne a una visione estremamente limitata ed evanescente.

Eppure chi si occupa di economia, demografia, storia e più in generale chi ha una certa confidenza con le scienze sociali ha ampiamente riconosciuto nella mobilità interna un argomento centrale, dedicandovi molti lavori che rappresentano oggi per gli studiosi una ricca e fondamentale tradizione scientifica. Proprio il settore scientifico che sta nell’intersezione tra l’economia, la demografia e la storia ha sfruttato intensamente la straordinaria disponibilità delle fonti italiane, dagli stati delle anime di origine tridentina alla moderna anagrafe di impianto tardo-ottocentesco, per elaborare importanti contributi scientifici. Gli storici dell’età contemporanea, dal canto loro, hanno rivolto una discreta attenzione sui lavoratori mobili, al fine di rimettere in discussione schemi interpretativi eccessivamente rigidi nel trattare in maniera separata i mondi operai da quelli contadini. Da qualche anno poi i demografi si stanno dedicando a far cadere gli steccati che separavano lo studio dei migranti stranieri dallo studio dei migranti interni, evidenziando il volume notevole della mobilità interna sostenuta dagli stranieri.

Sono solo alcuni esempi, che ci ricordano come le migrazioni interne possano essere un’importante e utile chiave di accesso per comprendere la realtà, anche (e soprattutto) quella odierna. Per questo ci è sembrato opportuno dare vita a un rapporto annuale dove presentare gli ultimi dati disponibili sulla mobilità interna insieme ad approfondimenti di diverso taglio disciplinare, tutti però con una forte tensione nei confronti di questioni che riguardano il tempo presente. L’obiettivo è quello di creare un luogo dove far confluire in maniera sistematica riflessioni e contributi destinati altrimenti a perdersi in mille rivoli o a non concretizzarsi in lavori scientifici, per verificare un’ipotesi di fondo: la possibilità e l’utilità di un dialogo tra le discipline – realizzato e non solo enunciato – intorno al tema delle migrazioni interne.

Dopo alcuni anni di contrazione, dal 2013 i tassi di mobilità interni al paese sono tornati ai livelli del 2008, lasciando quindi alle spalle la fase di diminuzione degli spostamenti dovuta alla crisi economica. Sarebbe scorretto tuttavia parlare di una parentesi nella vicenda migratoria italiana: alcune dinamiche complessive sembrano essersi in parte modificate, come quella del rapporto tra gli spostamenti a lunga percorrenza tra un’area e l’altra del paese e le migrazioni all’interno delle singole aree. Altri fenomeni emergono come delle interessanti novità, come i flussi di ritorno dal Centro Nord al Mezzogiorno o la variabilità nelle zone di attrazione per i cittadini stranieri. Siamo di fronte quindi a una vera e propria riorganizzazione dei flussi, sulla quale per ora si possono solo ipotizzare alcune tendenze di fondo. Di certo emerge con forza che i trascinatori della mobilità interna sono i cittadini stranieri, che presentano indici di cambiamenti di residenza molto più alti rispetto agli italiani. Tra gli stranieri, la categoria più esposta alla mobilità sul territorio è quella delle donne di mezza età, categoria particolarmente presente nel lavoro domestico e di cura.

Nel 2014 è uscito il primo risultato di questo progetto, L’arte di spostarsi. Rapporto 2014 sulle migrazioni interne in Italia, per i tipi di Donzelli e uscirà nelle prossime settimane per lo stesso editore il secondo volume, intitolato Tempo di cambiare. Rapporto 2015 sulle migrazioni interne in Italia. Nel primo volume a dialogare erano principalmente demografi, storici e sociologi, attraverso molteplici canali: completando i dati statistici con le evidenze ricavate da indagini idiografiche (è il caso ad esempio delle migrazioni stagionali nelle campagne studiate da Domenico Perrotta rispetto alle analisi sui cambiamenti di residenza presentate da Corrado Bonifazi, Frank Heins ed Enrico Tucci), oppure ponendosi problemi analoghi rispetto a periodi differenti (come la ‘stratificazione’ della cittadinanza legata all’utilizzo dello strumento anagrafico, affrontato da Enrico Gargiulo per gli ultimi anni e da Stefano Gallo per il decennio ’50), o ancora tentando la comparazione temporale in uno stesso saggio (le esperienze di vita dei migranti di seconda generazione della migrazione interna degli anni del boom e quelle dei figli degli immigrati stranieri di oggi studiate da Anna Badino). Infine si è voluto fornire un ampio spazio alla rassegna bibliografica di quanto prodotto in Italia dalla storiografia e dalle scienze sociali, prendendo come spunto i 50 anni trascorsi dall’uscita del fondamentale saggio di Goffredo Fofi sulle migrazioni meridionali a Torino. Sono Ercole Sori e Michelangela Di Giacomo a fare il punto della situazione degli studi.

Il progetto dispone anche di un ‘appoggio’ virtuale nel sito migrazioninterne.it, dove è possibile scaricare l’indice, l’introduzione, grafici e tabelle, oltre che la serie completa dei dati utilizzata nel saggio demografico di apertura e altri materiali relativi alle ricerche in corso.

Proprio uno sguardo ai dati, elaborati da Bonifazi, Heins e Tucci, può essere utile per capire le nuove dimensioni della mobilità interna: tra il 2011 e il 2012 sono quasi un milione e mezzo (1.457.182) le persone che hanno cambiato il proprio comune di residenza.

Non è più il Nord-ovest il principale polo attrattivo. Le tre province di Bologna, Rimini e Parma presentano tra il 2011 e il 2012 un saldo migratorio interno positivo molto elevato (Bologna +4.131 persone, Rimini +1.271, Parma +1.268), che conferma la regione Emilia Romagna come la meta privilegiata delle migrazioni interne in Italia. L’Emilia-Romagna tra il 2011 e il 2012 ha ‘guadagnato’ 10.273 persone provenienti dal resto d’Italia, pari a un aumento del 2,4 per mille abitanti. Anche il Trentino Alto Adige presenta un dato significativo: +3.004 persone, pari a 2,9 per mille abitanti. In proporzione alle dimensioni, Emilia-Romagna e Trentino solo le più potenti calamite d’Italia. In termini assoluti invece le quattro regioni con il maggior incremento demografico dovuto alle migrazioni interne sono Lombardia (+14.773), Lazio (+10.382), Emilia-Romagna (+10.273) e Toscana (+6.591).

La provincia di Roma continua a essere un fondamentale polo attrattivo: da sola registra nel 2012 un saldo migratorio positivo con il resto d’Italia di quasi 10.000 persone.

Passando al segno negativo, la Campania conosce tra il 2011 e il 2012 un notevole processo di emigrazione verso il resto dell’Italia: sono circa 25.000 i cittadini campani ‘perduti’ per trasferimenti in altre regioni italiane, un dato pari al -4,3 su mille abitanti. Seguono Puglia (-10.850 o -2,7‰), Sicilia (-9.910 o -2,0‰) e Calabria (-8.031 o -4,1‰). Tra le province del Mezzogiorno, i saldi migratori negativi più elevati in relazione alla popolazione residente si registrano a Napoli (-6,5‰),Vibo Valentia (-6,5‰), Reggio Calabria (-5,3‰), Caltanisetta (-5,2‰), Foggia (-5,2‰) e Crotone (-5,1‰).

Il secondo volume, in libreria alla metà di ottobre 2015, vuole allargare ancora di più lo spettro delle ricerche. Oltre ai consueti interventi di aggiornamento di impostazione demografica sulle tendenze più recenti, sono presenti contributi di carattere storiografico (redatti da Michele Colucci e Michele Nani) e di taglio sociolinguistico (Margherita Di Salvo). Inoltre, il tema delle migrazioni interne legate all’agricoltura e alla popolazione straniera viene affrontato comparando il Mezzogiorno italiano e l’Andalusia spagnola (Caruso-Corrado). Una delle professioni maggiormente “mobili” nella geografia del lavoro in Italia è quella legata al lavoro domestico e di cura: la tendenza delle cosiddette “badanti” a muoversi moltissimo sul territorio e le particolari caratteristiche di questa mobilità sono oggetto del contributo di Caterina Satta. Proprio per fornire ulteriori chiavi di lettura, nel secondo volume sono presenti due contributi meno usuali nel panorama delle scienze sociali. Il primo è ad opera di Pappalardo e Giannotti e intende affrontare a partire dal patrimonio delle scienze computazionali la grande questione dei “big data”, del loro utilizzo per mappare la mobilità e delle domande che tale utilizzo si porta dietro. Lo spostamento dei veicoli automobilistici, la tracciabilità delle chiamate effettuate dai cellulari, le informazioni contenute nei social networks sono gli elementi su cui Giannotti e Pappalardo costruiscono la loro riflessione sulla mobilità umana, ponendo delle domande che sono evidentemente differenti da quelle che possono guidare la ricerca di un demografo, di un sociologo o di uno storico, ma che hanno una grande quantità di punti in comune – per analogia o per contrasto – che rende ineludibile un confronto accurato, se vogliamo porci sul serio la domanda di quale saranno gli strumenti di analisi della mobilità di un futuro che appare molto vicino all’oggi. Il contributo con cui si chiude il volume è una lunga intervista al vincitore del Premio Campiello 2015, Marco Balzano, romanziere che con L’ultimo arrivato (Sellerio 2014) ha raccontato un capitolo poco conosciuto della storia delle grandi migrazioni interne: l’emigrazione verso il nord di bambini e ragazzi che si muovevano da soli dalle regioni meridionali.

Schede e storico autori