Menabò n. 91/2018

In questo numero del Menabò, Saraceno spiega cosa sta diventando il cosiddetto reddito di cittadinanza; Tamborini, in relazione al dibattito sulla prossima legge di Bilancio, esamina le condizioni perché il deficit pubblico porti a una riduzione del rapporto tra debito e Pil. L’articolo di Mocetti-Roma-Rubolino e quello di Raitano-Vona offrono elementi originali di conoscenza del fenomeno della scarsa mobilità intergenerazionale nelle professioni; Civil Servant illustra un aspetto poco noto e poco giustificabile delle modalità di previsione del deficit pubblico; Destefanis-Naddeo propongono una radiografia delle retribuzioni nel settore pubblico; Patriarca esamina criticamente una recente e originale analisi del rapporto tra imprese e politica in Italia. Infine, Gronchi sintetizza un recente rapporto dell’IPPR su prosperità e giustizia, che può essere considerato un Manifesto progressista.

Più in dettaglio, nel primo articolo Chiara Saraceno si occupa della proposta del reddito di cittadinanza oggi in discussione. Pur riconoscendo al M5S il merito di avere posto al centro dell’agenda politica il contrasto della povertà con adeguati finanziamenti, Saraceno ritiene che la proposta abbia diversi vizi: alcuni originari – la visione del reddito di cittadinanza come politica del lavoro – altri emersi di recente – come l’esclusione degli stranieri non comunitari o i vincoli stringenti alla spesa del reddito – che rischiano di produrre una vera e propria metamorfosi della proposta iniziale.

Nel secondo articolo, Roberto Tamborini osserva che la ragione principale delle critiche alla “Finanziaria del popolo” delineata nella Nota di aggiornamento al DEF riguarda l’impatto del deficit programmato del 2,4% per il 2019 sul già elevatissimo debito pubblico italiano. Richiamando   l’idea del governo secondo cui se il deficit fa crescere il Pil più del debito, il rapporto debito/Pil scende, con la conseguenza che i creditori dello Stato italiano si rassicurano e lo spread non sale, Tamborini si chiede se tale idea abbia solidi fondamenti.

Nel successivo articolo, Sauro Mocetti, Giacomo Roma e Enrico Rubolino si occupano di mobilità intergenerazionale nelle professioni, soffermandosi sul ruolo poco esplorato della regolamentazione, che influenza le condizioni di accesso e la condotta di molti professionisti. Gli autori mostrano che gli interventi di liberalizzazione del 2006 e del 2011 hanno significativamente ridotto la propensione dei figli dei professionisti a seguire la carriera dei genitori e suggeriscono che gli ostacoli alla concorrenza possono generare inefficienze nell’allocazione dei lavoratori tra le occupazioni.

Nel quarto articolo, Michele Raitano e Francesco Vona si occupano di trasmissione intergenerazionale delle diseguaglianze, utilizzando un dataset originale messo a disposizione dalla Cassa Forense. I due autori cercano di stabilire se essere parenti stretti di avvocati consenta agli avvocati di percepire redditi più elevati e se ciò dipenda da forme di nepotismo o da migliori abilità. Esaminando gli effetti delle liberalizzazioni del decennio scorso essi concludono che gran parte dei maggiori redditi dei parenti di avvocati sia dovuta al nepotismo.

Civil servant, nel Contrappunto, richiama l’attenzione su una singolare pratica per calcolare il rapporto tra deficit e Pil portata alla luce dall’ultima Nota di Aggiornamento del DEF. Per effetto di tale pratica, da anni le previsioni del governo tendono ad amplificare il deficit quando le manovre sono espansive e a ridurlo nel caso opposto. Civil servant sostiene che questa pratica incoraggia le politiche di austerità e che il rapporto deficit-Pil stimato per il prossimo triennio dovrebbe essere ridotto di almeno un paio di decimali l’anno.

Sergio Destefanis e Paola Naddeo, nel primo Focus, analizzano i divari salariali tra settore pubblico e privato in Italia, tenendo conto del ruolo dell’anzianità e del genere. Dopo aver spiegato la metodologia di analisi utilizzata, gli autori rilevano che il premio salariale nel settore pubblico è maggiore per le donne rispetto agli uomini, per le retribuzioni orarie rispetto a quelle mensili e per i livelli di istruzione medio-bassi. Infine la discriminazione di genere è minore per le donne con basso livello di istruzione che lavorano nel settore pubblico.

Il secondo Focus, di Fabrizio Patriarca è dedicato a un recente articolo di Akcigit, Baslandze e Lotti sulle connessioni tra politici e imprese in Italia. Patriarca, dopo aver messo in luce i pregi del lavoro, che fa uso di molteplici e originali banche dati, e averne illustrato le tesi sugli effetti negativi di tali connessioni, si sofferma sul diffuso fenomeno dei dipendenti-politici e sui vantaggi che questi ultimi portano alle imprese e a se stessi come lavoratori, proponendo anche un’ulteriore spiegazione di questo fenomeno rispetto a quella contenuta nell’articolo.

Infine, nel terzo Focus, Iacopo Gronchi presenta i principali contenuti del Rapporto Prosperity and Justice – A plan for the new economy, recentemente pubblicato dalla Commissione sulla Giustizia Economica dell’IPPR. Il Rapporto ricostruisce la recente evoluzione dell’economia britannica, soffermandosi sulle dinamiche della disuguaglianza e, come sottolinea Gronchi, ha il pregio di non limitarsi ad analisi o proposte specifiche ma offre un quadro che, nella ricca parte propositiva, rappresenta un Manifesto al quale un rinnovato schieramento politico progressista può ispirarsi.

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