Menabò n. 76/2018

Con il nuovo anno il Menabò si presenta in una veste rinnovata, più “pulita” ed essenziale che ci auguriamo risulti gradita ai nostri lettori.

In questo numero del Menabò, Granaglia esamina gli interventi di politica sociale della XVII legislatura; Tamborini ragiona sulle misure di riforma delle istituzioni europee; Canal e Gualtieri illustrano il rapporto tra pratiche partecipative nelle imprese e innovazione; Ricucci si occupa del presente e futuro delle seconde generazioni; FraGRa propongono una riflessione sull’università pubblica; Salerno richiama l’attenzione su un effetto della crisi sulle riforme previdenziali; Leone riflette su un aspetto problematico delle pratiche di attivazione nei sistemi di reddito minimo e, infine, Giarda dà conto delle cause della persistenza della povertà in Italia.

Più in dettaglio, nell’articolo di apertura Elena Granaglia ricostruisce alcune delle principali misure di politica sociale varate nel corso della XVII legislatura e mostra come esse continuino a essere afflitte da uno storico limite del nostro stato sociale: la categorialità – cioè la scelta di circoscrivere l’accesso a determinate prestazioni a un sotto-gruppo di soggetti identificati sulla base di variabili diverse dal solo bisogno – che genera iniquità orizzontali e verticali. Granaglia sostiene che occorre imboccare finalmente la strada di un universalismo ben disegnato.

Roberto Tamborini, nel secondo articolo, si chiede se l’Europa avrà il posto che merita nei programmi delle forze politiche per le elezioni del 4 marzo. A suo parere difficilmente sarà così: di Europa si parlerà poco e male, come al solito, soprattutto perché nessuna delle forze in campo sembra essere consapevole della reale posta in gioco. Tamborini ricorda che nel 2018 si avvierà il processo di riforma delle istituzioni europee dal cui esito dipende il futuro dell’Italia in Europa e propone una breve guida per capire la sfida più importante del prossimo governo italiano.

Quindi, Tiziana Canal e Valentina Gualtieri analizzano i dati provenienti dalla IV indagine sulla qualità del lavoro dell’Inapp rivolta ai datori di lavoro per verificare l’esistenza di una relazione tra pratiche organizzative partecipative, performance d’impresa e propensione all’innovazione. Canal e Gualtieri mostrano che l’adozione di modelli di organizzazione del lavoro che coinvolgano e valorizzano il lavoratore non garantisce soltanto una maggiore qualità del lavoro, ma presenta anche vantaggi per i datori di lavoro,

Nel quarto articolo, Roberta Ricucci osserva che il recente dibattito sulla revisione della legge sulla cittadinanza n. 91/92 ha richiamato l’attenzione sui figli dell’immigrazione e sul loro rapporto con l’Italia, di cui spesso si sentono parte, ma di fatto sono stranieri. Dopo aver avanzato alcune riflessioni sulle seconde generazioni e sul significato di essere “cittadini senza cittadinanza” Ricucci sostiene che mentre l’accento è posto sempre su (presunte) inconciliabili differenze, di fatto, le similitudini fra cittadini italiani e non sono molteplici.

Nel Contrappunto che pubblichiamo di nuovo, in considerazione dell’attenzione per i problemi dell’Università, FraGRa s’interrogano sulle finalità dell’Università pubblica prendendo le distanze dall’opinione secondo cui occorre “produrre” ricerca e buona didattica adeguandosi al funzionamento dei mercati. Al contrario, secondo gli autori, dovrebbero essere potenziate le finalità pubbliche dell’Università, in particolare quella della promozione dell’uguaglianza di opportunità, sotto diversi aspetti, e quella della formazione civile degli studenti. Gli autori illustrano perché non vi è incompatibilità tra questi obiettivi e i meccanismi competitivi.

Nel primo Focus, Nicola Salerno si occupa di pensioni sottolineando come la crisi iniziata nel 2008 abbia marcato un cambio di direzione delle riforme in molti paesi europei, tra cui l’Italia: dalla flessibilità dei requisiti di pensionamento con adeguamenti attuariali degli assegni alle modalità flessibili con cui restare in attività per raggiungere requisiti di pensionamento rigidi. Salerno ragiona sulle motivazioni di questo cambiamento e sugli interventi in grado di attenuarne le possibili conseguenze negative sul benessere dei lavoratori e sul sistema economico.

Liliana Leone, nel secondo Focus, ragiona sulle caratteristiche e sul ruolo delle pratiche di attivazione nei sistemi di reddito minimo – dunque, anche con riferimento al Reddito di Inclusione (REI) – a partire dai risultati della valutazione della misura Sostegno per l’Inclusione Attiva (SIA). Leone concentra in modo particola la propria attenzione sui casi in cui la causa primaria alla base delle condizioni di povertà sia la mancanza di lavoro e indica i problemi specifici che essi pongono alle pratiche di attivazione.

Elena Giarda, nell’ultimo Focus, partendo dalla considerazione che nel 2016, in Italia, il 14,5% della popolazione era in condizioni di povertà persistente, analizza il fenomeno della persistenza della povertà nel periodo 2009-2012 in Italia, Francia, Spagna e Regno Unito. Giarda mostra che la persistenza della povertà nel nostro paese è maggiore e sostiene che ciò è dovuto principalmente ai forti divari territoriali – soprattutto in termini di disoccupazione – e a una minore efficacia dell’investimento in capitale umano nel ridurre il rischio di povertà.

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