Mattone su mattone: l’abitare al tempo del coronavirus

Luigi Di Vetta analizza il recente rapporto dell’OCSE “Brick by Brick: building better housing policies”, dedicato alle indicazioni di policy relative ad accessibilità, inclusività e sostenibilità della prima casa. Dopo aver illustrato gli obiettivi del rapporto, Di Vetta si sofferma sui più recenti provvedimenti adottati dal governo italiano e conclude che la tematica dell’abitare, decisiva per il benessere sociale, è tornata ad essere un argomento centrale nel dibattito pubblico.

Tra le varie tematiche di cui si occupa periodicamente l’OCSE, un posto di rilievo è occupato da quella dell’abitare: dal 2018 l’OECD Housing Project ha, infatti, il compito di aiutare i paesi a migliorare l’efficacia delle politiche e delle strategie abitative in termini di accessibilità, inclusività e sostenibilità. Il rapporto “Brick by Brick: building better housing policies”, di recente pubblicazione, raccoglie i risultati principali dell’OECD Housing Project e analizza le evidenze relative ai vari Stati membri.

Delle implicazioni della pandemia da COVID-19 per la diseguaglianza si è molto dibattuto, anche sul Menabò, sottolineando come la pandemia non sia uguale per tutti. Con la pandemia, la casa diventa spazio multifunzionale, fulcro di molte attività prima svolte altrove e occupa sicuramente un posto ancor più centrale nell’analisi del benessere socio-economico di individui e famiglie. I dati degli ultimi anni sono abbastanza concordi su alcune dinamiche comuni ai paesi occidentali: sono aumentati velocemente sia i prezzi delle case sia i canoni di affitto e, dunque, è aumentato il costo dell’abitare ed in modo particolare per i nuclei a basso reddito. Il rapporto mostra come gli investimenti pubblici in edilizia, nella media dei paesi OCSE, siano crollati di più della metà nell’arco degli ultimi vent’anni. La questione abitativa è stata, dunque, lasciata quasi interamente al mercato privato: la “mercatizzazione” del settore è avvenuta, da un lato, con la liberalizzazione delle locazioni e, dall’altro, con politiche di incentivo all’acquisto della casa tramite il settore privato.

Il funzionamento del mercato immobiliare ha non soltanto effetti distributivi, sulla povertà e la disuguaglianza ma anche rilevanti effetti macroeconomici. Infatti, esso influenza fortemente l’esposizione del paese alle crisi economica, in quanto può mitigare l’impatto di uno shock esogeno e, d’altro canto, può facilitare la ripresa dopo la recessione.

Il ciclo economico e i prezzi delle case, infatti, sono tra loro intrinsecamente collegati, mentre, da un punto di vista distributivo, il mercato dei mutui comporta opportunità ma anche rischi, come dimostrato dalla crisi dei subprime del 2008.

Uno dei capitoli del rapporto analizza l’influenza della casa sulla complessiva distribuzione della ricchezza; infatti, la casa, oltre a rappresentare la spesa maggiore nel budget familiare, spesso è anche il maggior asset in portafoglio. Empiricamente, emerge anche, nel confronto tra paesi, una forte correlazione negativa tra quota di proprietari di casa e diseguaglianza nella ricchezza spiegabile con il fatto che la ricchezza immobiliare è più equamente distribuita rispetto a quella finanziaria.

Oltre ad essere la principale forma di detenzione della ricchezza, la casa, per effetto dei mutui contratti per acquistarla, risulta anche essere, in media, la passività più rilevante delle famiglie. Alti debiti immobiliari espongono le famiglie, specialmente quelle appartenenti alla coda bassa della distribuzione del reddito, a vulnerabilità finanziaria. Come evidenziato dal rapporto OCSE, l’accesso al mercato del credito è una chiave per la proprietà della casa, specialmente per i giovani. Ad esempio, in Italia, in linea con l’idea che il mercato privato debba provvedere al soddisfacimento del bisogno abitativo, il D.L. 73/2021 (Decreto Sostegni bis) ha previsto varie esenzioni fiscali per gli under 36 con un ISEE inferiore a 40 mila euro che acquistano la prima casa. Pertanto, in un contesto di caduta dei prezzi per effetto della crisi pandemica e di agevolazioni fiscali, il ruolo dell’accesso al credito risulta essere ancora più centrale nell’analisi delle dinamiche del mercato immobiliare. Il mercato del credito, inoltre, è influenzato da regolamentazioni prudenziali, dalla flessibilità del mercato creditizio, dalla dinamica dei prezzi delle case e da preferenze sociali.

Nel rapporto OCSE si evidenzia come l’intervento statale possa agire su più canali: quello dell’investimento pubblico, quello della riforma del consumo di suolo e quello della tassazione. In particolare, si sottolinea come una revisione della tassazione immobiliare che limiti le imposte sulle transazioni a vantaggio delle imposte annuali possa aumentare l’efficienza del mercato, non scoraggiando la mobilità residenziale, strettamente legata alla mobilità del lavoro. Eliminando, invece, gli sgravi fiscali sugli interessi passivi, di cui beneficiano maggiormente le famiglie ad alto reddito, si avrebbero ricadute positive dal punto di vista distributivo.

Altro punto toccato nel rapporto è la possibilità di ancorare l’imposizione fiscale al valore corrente di mercato dell’immobile, piuttosto che a valori catastali o storici. La tassazione degli alloggi sfitti, invece, elevando il loro costo-opportunità, può spingere i proprietari a metterli sul mercato, con effetti positivi sull’offerta di abitazioni senza accrescimento del consumo di suolo. L’asimmetria tra la domanda abitativa e la sua offerta può dunque essere, se non risolta, almeno attenuata tramite la leva della fiscalità.

Nel panorama attuale, la presenza di numerosi alloggi sfitti, così come di una forte domanda di proprietà accessibili, crea uno squilibrio non sanabile dal settore privato, mentre, a causa della crisi da COVID-19, molte famiglie a basso reddito hanno avuto difficoltà a onorare i loro impegni, a iniziare dai pagamenti degli affitti. A questo proposito, va ricordato che dal primo luglio del 2021 in Italia sono ripresi gli sfratti per morosità pregressa alla pandemia, e dal 2022 sarà possibile ri-avviare anche gli sfratti per le pendenze più recenti. Lo sblocco degli sfratti, così come quello dei licenziamenti, potrebbe innescare una vera e propria “bomba sociale”, senza alcuna possibilità di risolvere in maniera strutturale la questione abitativa.

Oltre all’accessibilità e all’inclusività, altro tema fondamentale trattato nel rapporto OCSE è la sostenibilità. Si evidenzia, infatti, come gli edifici siano responsabili per circa il 30% delle emissioni globali di anidride carbonica legate all’energia: per affrontare la questione ambientale, l’impronta ecologica dell’edilizia è quindi di rilevante importanza. Più volte nel rapporto viene citato, tra le best practices per il miglioramento dell’efficienza energetica del patrimonio edilizio, il Superbonus 110%, introdotto in Italia dal D.L 34/2020 (Decreto Rilancio), . Non si può però non considerare che spesso alcune detrazioni fiscali possano avere carattere regressivo; come la detraibilità degli interessi passivi sui mutui, anche il Superbonus 110% può risultare iniquo dal punto di visa distributivo. Inoltre, i numerosi vincoli burocratici rendono molto complesso l’accesso a questa misura, specialmente nei grandi sobborghi urbani caratterizzati da edifici ad alta intensità abitativa. Più stringenti standard ambientali per gli edifici di nuova costruzione, necessari per raggiungere obiettivi legati al contenimento delle emissioni, possono, però, spingere in alto i costi dell’edilizia e, in conseguenza, quelli delle abitazioni. Di conseguenza, il rapporto OCSE considera necessarie politiche di compensazione per riconciliare il trade-off tra obiettivi di sostenibilità e accessibilità.

L’edilizia può avere molteplici implicazioni di carattere ambientale non soltanto per la sua qualità ma anche per la sua ubicazione: il cosiddetto “urban sprawl”, ovvero la crescita rapida e disordinata di una città, specialmente in aree a bassa intensità e poco servite dalla mobilità di massa, può avere un consistente impatto sulle emissioni per trasporti. L’azione del policy maker, dunque, deve essere orientata alla valorizzazione del patrimonio esistente e alla sapiente programmazione territoriale, nell’’ottica di favorire sia l’integrazione sociale sia la sostenibilità ambientale.

In linea con questa impostazione, e nella cornice del “Next Generation EU”, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) del governo italiano dedica una sezione all’housing sociale che prevede due linee di intervento, entrambe da realizzare senza consumo di suolo: la prima rivolta alla rigenerazione e all’aumento dell’housing sociale, la seconda consistente in interventi sull’edilizia residenziale pubblica. È presto per dire se questo significhi un cambio di rotta e un rilancio dell’edilizia popolare, ma sicuramente la tematica dell’abitare è tornata a occupare un ruolo centrale nel dibattito pubblico. La speranza è che non si tratti soltanto inchiostro su foglio bianco.

 

*Le opinioni espresse riflettono esclusivamente quelle dell’autore e non necessariamente quelle dell’organizzazione di cui fa parte.

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