L’odore del denaro

L’affermazione dell’imperatore  Vespasiano, “pecunia non olet” (il denaro non puzza), fatta  in polemica con il figlio Tito che criticava la tassa sui gabinetti pubblici che il padre voleva mettere per accrescere le entrate, è diventata l’alibi per accettare il ruolo dominante che il denaro ha assunto nella nostra epoca, l’epoca in cui la finanza cessa di essere un servizio per la produzione di beni e diventa la padrona dell’intero ciclo produttivo.  

In fondo – si ripete –  che cosa è il denaro? Il denaro non è una merce. E’ solo un segno, un astratto segno – come ci ha insegnato Adamo Smith. Un segno che gli antichi tracciavano sulla conchiglia o su una pietra appena arrotondata e che oggi è impresso su carta filigranata, o un codice da trasmettere via internet. Ma nel momento in cui la finanza ha assunto il supremo comando del modo di produzione capitalistico quel segno ha acquisito il potere di generare, quasi all’infinito, altri segni, generatori a loro volta di altra moneta nelle più diverse parti del mondo e questo suo ruolo è divenuto più appetibile della ricerca di beni strumentali  di prodotti della natura e della stessa proporzione di forza lavoro altrui.Una volta il segno denaro rinviava alla possibilità di acquisire,  in un rapporto di aperta e trasparente collaborazione con altri, una pecora o un sacchetto di grano e, solo in via subordinata e considerata spregevole, voleva dire la possibilità di generare, attraverso l’usura  altri soldi.  L’usura ma anche l’interesse sui prestiti erano condannati dalla morale comune, resa  forte dai divieti posti dalla religione cattolica e dalla religione islamica. Il Vangelo ricordava come una delle prime iniziative pubbliche di Gesù fosse stata la cacciata dei barattieri dal tempio e  il Corano proclamava come dettato dall’arcangelo Gabriele il divieto di esigere un interesse sul denaro dato a prestito  e condannava quindi non solo l’usura ma qualsiasi interesse sui prestiti.  Ma infine i barattieri hanno cacciato la religione dai templi e hanno proclamato come unico dio il denaro. E ciò ha sovvertito ogni scala di valori. Come possono convivere  fratellanza umana,  reciprocità, eguaglianza con  chi vede nell’altro uomo solo un’occasione per appropriarsi di soldi agendo nel segreto, vendendogli subprimes? Tutta la scala dei valori determinata dal dominio del denaro rompe con la carta su cui si fondava la convivenza delle comunità umane.

Valore diventa il denaro stesso – e la collocazione che esso mi darà nella società. Perché denaro significa potere e privilegio, privilegio nei confronti di tutti gli altri. Privilegio privo di senso in molti casi: dato che sembra difficile descrivere quale beneficio dia il possedere quattro automobili anziché le tre del vicino. Si tratta solo di un qualcosa che gonfia il mio io nei confronti di tutti gli altri e soprattutto dei soggetti a me prossimi. Il noi scompare nell’epoca della finanza fine a se stessa ed esiste solo l’io, l’io del più furbo, del più corrotto e amorale manipolatore di denaro.

A questo punto come non gridare che il denaro puzza e corrompe tutto ciò che tocca? E come non invocare predicatori capaci di far giungere in ogni parte la verità? Predicatori, intendo, capaci di portare una nuova etica sulla cui base stabilire nuove regole di convivenza e dunque una nuova etica?

Come è possibile uscire dalla crisi mettendo 85 miliardi di euro dei contribuenti europei a disposizione per gli attacchi speculativi, aiutando a rimanere in piedi gli stessi banchieri che con i loro subprimes hanno creato la crisi? In tal modo non si uscirà mai dal vortice che ha travolto milioni di persone. Al contrario si preparano nuovi colpi contro la stabilità. Tre anni fa sembrava esservi un consenso generale sull’affermazione che come prima misura anti-crisi occorreva cambiare le regole. Dove sono finite queste affermazioni?

A questo punto chiedere a Bruxelles e a Roma un dibattito sulle regole sembra il minimo. Non è pensabile che nell’era informatica che consente di compiere in un’ora le operazioni finanziarie che prima richiedevano un mese, le regole abbiano segnato il passo e siano ancora ferme al tempo delle grida in borsa. Se non ci si muove presto, altro che l’implosione dell’euro paventata da taluno.

Siamo il paese di Cesare Beccaria e del suo inno a Maria Teresa per le leggi che approvò allo scopo di prevenire i delitti. Il prezzo di quali altri delitti del denaro dovremo pagare perché qualcuno divenga avvertito della necessità di prevenirli?

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