L’istruzione durante e dopo il Covid-19: un rapporto dell’OCSE

Teresa Barbieri sintetizza un recente rapporto dell’OCSE che prende in esame gli effetti che la pandemia da Covid-19 ha avuto e sta avendo sul settore dell’istruzione nonché quelli che potrebbe avere nel prossimo futuro. Il rapporto ricorda i diversi modi in cui il settore è stato messo duramente alla prova durante il lockdown e il ruolo che hanno avuto le risposte offerte dai vari paesi; inoltre, prospetta la preoccupante possibilità che l’istruzione, più di altri settori, possa risentire dei prevedibili problemi futuri di finanza pubblica.

Per poter contrastare la diffusione del contagio del nuovo coronavirus, 46 Paesi OCSE hanno chiuso scuole e università, per periodi di tempo che hanno raggiunto anche le 19 settimane. Questo dato è riportato in un recente contributo dell’OCSE che, attraverso alcuni indicatori sviluppati per il rapporto annuale “Education at a Glance 2020”, propone una riflessione sull’impatto della pandemia da Covid-19 sull’istruzione.

Una delle prime sfide che scuole e università hanno dovuto affrontare è stata la minimizzazione dei giorni, se non dei mesi, di scuola che si rischiava di perdere. Gli strumenti utilizzati per far fronte a tale sfida sono stati i sistemi alternativi di didattica e, in particolare, le piattaforme digitali finalizzate a garantire l’erogazione a distanza della stessa didattica. Alcuni Paesi, come Spagna Grecia e Portogallo, hanno trasmesso in televisione lezioni per le materie di base, in modo da garantire una continuità nell’istruzione anche agli studenti svantaggiati privi dei dispositivi necessari a seguire le lezioni on-line. I sistemi scolastici di molti Paesi erano però poco o per nulla preparati a questa sfida “digitale”, con molti insegnati sprovvisti delle competenze necessarie per l’e-learning. In base a quanto riportato dall’indagine PISA 2018 (Programme for International Student Assessment) dell’OCSE, In Italia il 30% dei dirigenti scolastici ha lamentato la mancanza nella propria scuola di un’adeguata dotazione di strumenti tecnologici. I risultati dell’indagine TALIS (Teaching and Learning International Survey) mostrano che, prima della pandemia, nei Paesi OCSE in media solo il 53% dei docenti utilizzava le tecnologie informatiche (ICT) come strumenti nella didattica quotidiana; in Italia la percentuale è ancora più modesta (Figura 1).

Un’ulteriore sfida per i sistemi scolastici riguarda la riapertura di scuole e università dopo il lockdown. Il distanziamento sociale è considerato una delle misure più efficaci nel frenare la diffusione del virus. Per tale motivo, molti Governi, al fine di garantire il distanziamento, hanno ridotto, se non dimezzato, le dimensioni delle classi. Per quel che riguarda la scuola primaria, ad esempio, in Francia e nel Regno Unito, dove il numero di studenti per classe è in media pari a 23 e 27 (Figura 2), i Governi hanno fissato un tetto massimo di 15 studenti per classe.

Queste misure implicano ovviamente la necessità di disporre di spazi più ampi, di più aule, di insegnanti aggiuntivi e, quindi, di maggiori risorse economiche. Risorse che potrebbero essere difficilmente reperibili se si considera che la crisi sanitaria causata dal Covid– 19 si è trasformata in una crisi economica e sociale le cui ripercussioni si prospettano essere estremamente severe. L’OCSE, assumendo in maniera ottimistica che non vi sarà una seconda ondata di infezioni, prevede un calo del 6% dell’attività economica globale e un’impennata del tasso di disoccupazione dal 5,4 % al 9.2%.

Il tema da affrontare sarà dunque come riuscire a garantire un adeguato finanziamento del settore dell’istruzione e delle misure aggiuntive richieste in un momento in cui le risorse disponibili andranno assottigliandosi sempre più. Inoltre, per quanto riguarda il nostro paese, la situazione è ancor più allarmante se si considera che prima della pandemia, come si può vedere dalla Fig. 3, l’Italia era penultima per spesa pubblica in istruzione in rapporto alla spesa pubblica totale.

Nel breve periodo molti Paesi hanno stanziato risorse aggiuntive per il finanziamento di misure volte a sostenere il settore dell’istruzione. In Italia sono state stanziate risorse per fornire alle scuole un adeguato equipaggiamento tecnologico per la didattica a distanza e per prepararle al ritorno degli studenti. Secondo il rapporto dell’OCSE è nel lungo periodo che il settore dell’istruzione potrebbe risentire gravemente di una mancanza di risorse. L’entità della spesa pubblica destinata alla scuola potrebbe verosimilmente diminuire sia perché, a causa del crollo del PIL, caleranno le entrate fiscali, sia perché le poche risorse potrebbero essere destinate a finanziare settori ritenuti prioritari, come quello della sanità, e le misure di sostegno al reddito e all’economia che i Governi stanno varando per cercare di attenuare gli effetti della crisi.

Un altro aspetto che il rapporto mette in evidenza è la riduzione di fondi per le università che potrebbe generarsi a causa delle limitazioni poste alla mobilità internazionale degli studenti. Prima dell’emergere della pandemia, nei Paesi OCSE gli studenti universitari stranieri erano in media il 6%, percentuale che saliva al 22% per i corsi di dottorato. Dalla Figura 4 si può vedere che la variabilità è elevata, con molti Paesi che presentano percentuali di studenti stranieri ben al di sopra della media OCSE. La riduzione della mobilità, oltre a mettere a repentaglio il percorso formativo degli studenti che al momento dello scoppio dell’epidemia erano iscritti presso università estere, può mettere in seria difficoltà tutti quegli istituti il cui sostentamento dipendeva per una parte importante dalle rette pagate dagli studenti stranieri come nel caso di paesi quali il Regno Unito, gli Stati Uniti, il Canada e l’Australia. In quest’ultimo caso, ad esempio, le entrate derivanti dalle rette pagate da studenti stranieri ammontano a un quarto della spesa totale per l’università.

Il rapporto dell’OCSE si focalizza, dunque, soprattutto sulle misure adottate dai Governi per garantire la continuità dell’istruzione durante la pandemia e sulle conseguenze che quest’ultima potrà avere nel prossimo futuro sul settore dell’istruzione. Un altro aspetto da considerare è che la pandemia potrebbe aver esacerbato le inadeguatezze dei sistemi scolastici a impedire iniquità formative. Durante il periodo del lockdown gli studenti più svantaggiati potrebbero essere rimasti ancora più indietro rispetto ai loro compagni a causa della mancanza degli strumenti necessari per poter seguire le lezioni a distanza. In un tale contesto assume importanza ancora maggiore il contesto familiare con un potenziale incremento del divario tra le famiglie in grado di sopperire alle mancanze dovute all’interruzione della didattica dal vivo e quelle sprovviste o dotate di scarsi mezzi culturali ed economici. Saranno dunque necessarie future ricerche per valutare in quale misura il lockdown abbia contribuito a ampliare le diseguaglianze nell’istruzione dovute al diverso background familiare, con gravi ripercussioni sull’eguaglianza delle opportunità.

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