L’iniqua (e miope) distribuzione mondiale dei vaccini

Giuseppe De Arcangelis e Maurizio Franzini intervengono, con un articolo diviso in due parti, sulla delicata e cruciale questione della distribuzione dei vaccini a livello mondiale e del rischio che i paesi più poveri, in particolare africani, ne ricevano dosi così limitate da configurare una ‘catastrofe morale’. Gli autori, in questa prima parte del loro contributo, esaminano l’influenza del reddito pro-capite sulla distribuzione dei vaccini tra paesi e illustrano gli insuccessi di iniziative cooperative e multilaterali a vantaggio di logiche competitive e strategie geopolitiche.

Tra le molte questioni sulle quali non si è riflettuto per tempo rispetto al rischio di una pandemia vi è quella riguardante i criteri più accettabili in base ai quali allocare i vaccini se questi ultimi, come è del tutto normale e come sta avvenendo anche con il COVID-19, non sono disponibili tempestivamente per tutti coloro che dovrebbero e vorrebbero essere vaccinati. Non che siano mancati contributi diretti a indicare specifici criteri, come documenta la recente rassegna di J.H. Williams e A.Dawson. Sono criteri legati all’età, allo stato di salute, al rischio di trasmissione e anche alla reciprocità, cioè al riconoscimento di una priorità a chi si è esposto anche nella fase di messa a punto del vaccino. Ma come questi criteri si combinino tra loro e come occorrerebbe procedere è stato poco discusso e ciò ha come conseguenza anche il fatto che si può dubitare della consapevolezza con la quale i vari paesi stanno procedendo nella fissazione delle priorità nella somministrazione dei vaccini.

Ma la questione più rilevante è che praticamente per nulla si è discusso dei problemi che si pongono, per così dire, rispetto al ‘vicino povero’; rispetto, cioè, a quei paesi che fronteggiano rischi elevati ma non dispongono delle risorse necessarie per produrre o per acquistare i vaccini. Il problema oggi si pone soprattutto per i paesi africani.

Inizialmente sembrava che quei paesi fossero immuni dal rischio. Se intendiamo quest’ultimo come letalità, effettivamente nei paesi africani essa è stata inferiore. Ciò è dovuto alla struttura demografica. Infatti, è stato mostrato (Brazeau, 2020) che per una popolazione con la piramide di età tipica di un paese in via di sviluppo il tasso di letalità (misurato in maniera precisa come infection fatality rate) e pari allo 0,23%, mentre è 5 volte più alto (1,15%) per un paese ad alto reddito. Una letalità inferiore non vuole, però, dire che il virus circola di meno. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) si sono avuti più di 1000 casi in 7 giorni per 15 paesi africani (dati del 10 febbraio 2021).

Quindi occorre prendere seriamente in esame cosa fare con il ‘vicino povero’ e come farlo, anche perché la situazione che si sta delineando sembra rispondere a criteri di allocazione che stanno al di là del ‘ragionevole e accettabile’.

In questa prima parte del nostro articolo ci proponiamo di illustrare la situazione della distribuzione dei vaccini a livello mondiale e il contesto istituzionale che l’ha determinata. Sul prossimo numero del Menabò analizzeremo più a fondo i rischi a cui essa conduce, l’origine dei problemi e le possibili soluzioni.

I vaccini e il reddito pro capite. L’accesso ai vaccini dei paesi poveri, ora e nella prospettiva più probabile in assenza di decisi interventi, è di dimensioni tali da giustificare che saremmo di fronte a un ‘fallimento morale catastrofico’, come si è espresso il Direttore dell’OMS, Tedros Adhanom Ghebreyesus dopo aver osservato a metà gennaio 2021 che nei paesi a basso reddito il numero delle dosi somministrate era pari a 25 (senza altre cifre a seguire!) rispetto a 39 milioni in almeno 49 paesi più ricchi.

In effetti se guardiamo ai dati disponibili sulla distribuzione dei vaccini vediamo che sembra essersi affermato a livello mondiale un criterio non molto diverso da quello che, tra molte polemiche, la neo-assessora alla Sanità della Lombardia, Letizia Moratti, aveva proposto (o le è stato attribuito di aver proposto) poche settimane fa: il criterio della ‘ricchezza’ dei territori.

Figura 1. Relazione tra vaccinati previsti (in % della popolazione) e reddito procapite annuale 2019 (in dollari USA)

(a) Tutti i paesi nel dataset

(b) Paesi con meno di PIL procapite di meno di 20.000 US$

Fonte: rielaborazione su dati Banca Mondiale e Duke Global Health Innovation Centre

La Figura 1 riporta la relazione per paese tra il PIL procapite annuale 2019 (in dollari USA) e la percentuale di popolazione che si potrebbe coprire con le dosi di vaccini prenotate attraverso i contratti annunciati entro la fine di gennaio 2021 da singoli paesi o da entità come l’UE. La relazione è chiaramente positiva e resta tale anche limitando il campione ai paesi meno ricchi (con PIL procapite inferiore a 20.000 US$). In una regressione multivariata semplice la percentuale di vaccinati attesi in ciascun paese viene spiegata significativamente dal reddito procapite, ma non dal peso della popolazione su quella mondiale – che sembrerebbe una variabile cruciale per vaccinare rapidamente una quota ampia di popolazione mondiale. D’altro canto il fatto che conti il reddito procapite e non la quota di popolazione implica che viene violato anche un criterio di ‘pari trattamento’ dei paesi.

Le cause di questa situazione sono molteplici ma, come cercheremo di mostrare, tra esse spicca il difetto di cooperazione a livello internazionale che ha favorito una competizione nella quale hanno dominato considerazioni economiche e geopolitiche. Ciò non vuol dire che non siano state tentate soluzioni multilaterali ispirate a una forte cooperazione.

Le iniziative multilaterali: COVAX e l’ACT Accelerator. Creata nel 2000 come prosecuzione dell’esperienza della Children’s Vaccine Initiative, la Global Alliance for Vaccines and Immunisation (GAVI Alliance) è l’iniziativa pubblico-privata che coordina la somministrazione di diversi vaccini a livello mondiale. Comprende diversi paesi donatori, organizzazioni internazionali (come l’OMS e l’UNICEF) e fondazioni private (come la Bill and Melinda Gates Foundation).

Con l’inizio della pandemia GAVI ha promosso l’iniziativa multilaterale COVAX, insieme all’OMS e al CEPI, Coalition for Epidemic Preparedness Innovations, per garantire a tutti l’accesso ai futuri vaccini in modo equo, superando la possibile competizione tra paesi. COVAX dovrebbe funzionare come una sorta di polizza assicurativa per un quantitativo minimo di vaccini per tutti i paesi, inclusi i più avanzati. E’ però interessante osservare che nella prima distribuzione decisa da COVAX il 3 febbraio 2021 al Canada sono stati assegnati più di 1,9 milioni di dosi di AstraZeneca che il paese nord-americano ha accettato nonostante avesse già individualmente firmato contratti sufficienti a vaccinare fino a 5 volte la propria popolazione (Germania e Francia hanno invece rinunciato alla quota loro assegnata attraverso COVAX pur avendo contribuito attraverso l’UE e singolarmente). La situazione è, comunque, in evoluzione e dunque non è facile fare previsioni su quello che potrà accadere, sotto questo aspetto ed altri, nel prossimo futuro.

COVAX rappresenta la gamba dedicata alla vaccinazione all’interno della più ampia iniziativa dell’Access to COVID-19 Tools (ACT) che dovrebbe dotare i paesi delle strutture sanitarie necessarie, oltre i vaccini, per affrontare la pandemia. Al momento ACT-Accelerator risulta ampiamente sottofinanziato: dei 33,2 miliardi di dollari previsti ne sono stati versati solamente 10 dai paesi donatori, senza alcun coinvolgimento delle istituzioni internazionali – la Banca Mondiale dovrebbe contribuire per 12 miliardi di dollari nel 2021, ma tale finanziamento non risulta ancora a bilancio.

All’interno della COVAX Facility si è creato separatamente a giugno 2020 un fondo denominato Gavi COVAX Advance Market Commitment (AMC), finanziato con fondi ufficiali statali per lo sviluppo (Official Development Assistance) dei paesi aderenti (ovvero dei paesi ad alto reddito), che ha lo scopo di assicurare l’accesso ai vaccini per i 92 paesi a basso e medio reddito (low and medium income countries, LMIC). L’obiettivo di raccogliere 2 miliardi di dollari per la fine del 2020 non è stato raggiunto; in termini di dosi da distribuire, l’obiettivo è 1 miliardo di dosi per i paesi LMIC entro dicembre 2021 (ovvero metà dei 2 miliardi che COVAX dovrebbe acquisire).

Il Gavi COVAX AMC dovrebbe assicurare dosi per circa il 20% della popolazione per paese; per il resto devono agire i governi nazionali con transazioni dirette con le case farmaceutiche. La Figura 2 riporta i paesi aderenti all’iniziativa COVAX e quelli eleggibili come riceventi della facility AMC (i dati sono aggiornati all’8 gennaio 2021 e non riportano l’adesione formale della nuova amministrazione statunitense del 21 gennaio 2021; tuttavia, la nuova amministrazione ha già stanziato fondi attraverso vari canali, come USAID e il bilancio federale 2021).

Figura 2. I paesi aderenti all’iniziativa COVAX e i paesi elegibili per AMC

Fonte: Duke Global Health Innovation Centre

I limiti dell’azione multilaterale e la geopolitica dei vaccini. Per acquisire  un vaccino tra i vari in circolazione COVAX deve sottostare all’approvazione di efficacia e sicurezza da parte dell’OMS. Il 31/12/2020 è stata annunciata la decisione dell’OMS di approvare il vaccino Pfizer (sempre e solamente per emergency use only) anche per i paesi senza organismi di controllo. La gestione e distribuzione di questo vaccino acquisito con COVAX è stata affidata all’UNICEF.

Proprio questo iter pone due problemi. Il primo riguarda l’impossibilità per COVAX di prenotare i vaccini prima della loro approvazione, come invece hanno fatto USA e UK con Pfizer, Moderna e AstraZeneca prima che concludessero la fase 3. Secondo, anche dopo la conclusione della sperimentazione l’OMS non può deliberare sulla validità di un vaccino se le imprese farmaceutiche non fanno domanda di approvazione. Fino ad ora le imprese hanno preferito dare priorità agli stati nazionali, facendo domanda di approvazione solamente alla FDA negli USA o all’EMA in Europa o l’MHRA in UK. Queste difficoltà di COVAX hanno contribuito a generare spinte competitive e a rafforzare logiche geopolitiche.

Infatti spesso sono stati offerti aiuti a paesi LMIC al di fuori dell’iniziativa COVAX. La Cina è stata particolarmente attiva nella diffusione  in Sud America e in Asia di  Sinovac e Sinofarm; la Russia ha fatto lo stesso per il suo Sputnik V nell’Europa Orientale e in Sud America. Nessuno dei due paesi è passato per l’iniziativa multilaterale, vuoi perché in alcuni casi i vaccini non hanno concluso la fase 3 di sperimentazione, vuoi perché non è stata fatta domanda all’OMS per l’approvazione. Kirill Dmitriev, direttore esecutivo del Russian Direct Investment Fund, principale finanziatore di Sputnik V, ha affermato che è preferibile lavorare bilateralmente con i singoli paesi piuttosto che attraverso COVAX.

Peraltro, alcuni paesi LMIC si sono mossi autonomamente. Nell’ultima settimana di gennaio 2021 i paesi a basso o medio reddito (LMIC) che hanno concluso trattative dirette sono, però, molto pochi – solamente 12 su 92 – con coperture attese della popolazione molto ridotte. Solo recentemente l’Unione Africana acquistato direttamente i vaccini per l’insieme dei paesi del continente, ma la ancora più recente notizia che il vaccino di AstraZeneca, di cui l’Unione ha prenotato 100 milioni di dosi,  è inefficace contro la variante Sudafricana crea nuovi problemi.

Come mostrato in Figura 3, ad eccezione di Vietnam (93%) e Uzbekistan (52%), negli altri casi la copertura è attualmente inferiore al 50%. Sommando anche il 20% assicurato da Gavi COVAX AMC, ad oggi la copertura per i quasi 6,5 miliardi di persone che vivono nei LMIC è ampiamente insufficiente. I paesi ad alto reddito hanno acquisito dosi di vaccini diversi per coprire in media quasi il doppio della loro popolazione (nel caso del Canada, come si è già ricordato,  si arriva a oltre 5 volte la popolazione).

Le ragioni per considerare questa situazione eticamente insoddisfacente sono molte. Ma ve ne sono molte anche per considerarla scarsamente razionale dal punto di vista globale. Alla base di tutto sembra esservi la perversa interazione tra una competizione economica opaca e ‘prepotente’, da un lato, e una competizione geopolitica tutt’altro che scrupolosa, dall’altro.

Di questo, così come delle cause di questo stato di cose e dei possibili correttivi, ci occuperemo nella seconda parte di questo articolo che sarà pubblicata sul prossimo numero del Menabò.

Figura 3. Coperture popolazione in paesi LMIC per tipologia di vaccino (contratti dichiarati chiusi al 22/1/2021)

Fonte: rielaborazione su dati Banca Mondiale e Duke Global Health Innovation Centre

Schede e storico autori