Lezioni dalla pandemia: i programmi sanitari dell’Unione Europea e dell’Inghilterra

Tommaso Langiano e Paolo Di Loreto analizzano i programmi sanitari elaborati dall’Unione europea e dall’Inghilterra nel corso della crisi pandemica, tenendo conto delle profonde differenze istituzionali. Il programma europeo non sembra in grado di migliorare l’integrazione fra i servizi sanitari degli Stati membri. Più coraggioso ed innovativo il libro bianco inglese che, per la lezione appresa durante la pandemia, propone una riorganizzazione orientata a garantire un elevato livello di integrazione tra le attività sanitarie e sociali.

Recentemente, sia l’Unione Europea, sia l’Inghilterra hanno pubblicato i rispettivi programmi sanitari. Ovviamente, i due programmi non sono direttamente confrontabili: l’Unione europea non ha poteri organizzativi sui sistemi sanitari nazionali, al contrario dell’Inghilterra. Tuttavia, i due programmi sono stati predisposti nel corso della pandemia Covid-19, per cui la loro lettura congiunta consente di evidenziare quali priorità l’esperienza della pandemia abbia indotto a privilegiare nei due diversi contesti politici.

La proposta di programma sanitario dell’Unione europea (“Proposta di Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo all’istituzione del programma d’azione dell’Unione in materia di salute per il periodo 2021-2027”) è fondata sulla considerazione che “la crisi COVID-19 è la più grande sfida che l’UE si sia trovata ad affrontare dalla seconda guerra mondiale e ha dimostrato che, se ciascun paese cerca di superare una pandemia per conto proprio, la debolezza dell’UE sarà pari a quella dell’anello più debole.” Ne deriva che “l’Europa deve dare maggiore priorità alla sanità (…) Lo strumento chiave per realizzare tutto ciò sarà un ambizioso programma autonomo, che sarà chiamato Programma UE per la salute (EU4HEALTH).”

Il documento sostiene che la pandemia abbia rivelato nei sistemi sanitari europei criticità in merito a tre fondamentali aspetti: lo sviluppo e la produzione di medicinali; la dotazione di attrezzature negli ospedali; l’adeguatezza delle risorse umane sanitarie. Quindi il programma EU4HEALTH 2021-2027 è esplicitamente presentato quale risposta europea a Covid-19 ed è finanziato con 9,4 miliardi di euro, il più imponente investimento per la salute mai programmato a livello europeo (non sembra inappropriato confrontare queste risorse con i 23 miliardi di euro stanziati dal bilancio pluriennale 2021-2027 dell’Unione per la voce “migrazione e controllo delle frontiere”).

I tre obiettivi fondamentali del programma sono:

  1. la protezione dalle gravi minacce sanitarie transfrontaliere;
  2. il miglioramento, anche attraverso l’innovazione, della disponibilità e dell’accessibilità economica di farmaci e dispositivi medici;
  3. il rafforzamento dei sistemi sanitari e del personale sanitario attraverso la trasformazione digitale, il coordinamento tra gli Stati, l’attuazione delle migliori pratiche e la condivisione dei dati.

Gli obiettivi generali sono declinati in dieci obiettivi specifici, tra i quali: il coordinamento dell’assistenza sanitaria di emergenza; la riserva di prodotti rilevanti per le crisi e di personale medico sanitario da mobilitare in caso di crisi; la trasformazione digitale e l’attuazione di nuovi modelli di assistenza; la copertura sanitaria universale ed il contrasto alle disuguaglianze in termini di salute.

Ciascun obiettivo a sua volta è articolato in azioni, che costituiscono il contenuto dei progetti competitivi che saranno proposti al fine di ottenere i finanziamenti previsti dal programma.

Inoltre, nei limiti consentiti dal quadro politico istituzionale europeo, la Commissione Europea ha promosso proposte legislative specifiche per il rafforzamento delle strutture e l’ampliamento delle competenze delle due principali Agenzie chiamate a fronteggiare la pandemia, il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC) e l’Agenzia europea per i medicinali (EMA). La decisione è scaturita dall’analisi delle criticità emerse nel corso della pandemia, che ha messo in luce i limiti strutturali che hanno le due Agenzie per rispondere alle esigenze dell’UE e degli Stati membri nelle situazioni di emergenza.

La proposta legislativa prevede per l’EMA l’istituzione di una struttura permanente per il monitoraggio delle disponibilità di medicinali, includendo i dispositivi medici, finora non rientranti nelle competenze dell’Agenzia. Inoltre è previsto l’impianto di una piattaforma informatica gestita da EMA e ECDC per l’analisi della sicurezza ed efficacia dei vaccini. All’ECDC viene affidato il compito di elaborare raccomandazioni sull’impiego dei dispositivi di protezione individuali, sulle norme in materia di distanziamento sociale e di isolamento/quarantena, sui criteri di tracciamento dei contatti e sul relativo sviluppo di un sistema di tracciamento automatizzato. La Commissione europea, ha elaborato un’ulteriore proposta legislativa per la creazione di un nuovo organismo, l’Autorità europea per la preparazione e la risposta alle emergenze sanitarie (HERA), un’agenzia che dovrà favorire l’incontro delle Istituzioni scientifiche, dell’industria e delle Amministrazioni pubbliche, per accelerare i processi di ricerca, sviluppo e messa in produzione di applicazioni biotecnologiche, in modo da garantirne la disponibilità con la tempestività richiesta per massimizzare l’efficacia degli interventi.

Il libro bianco del NHS (“Integration and innovation: working together to improve health and social care for all”, Department of health and social care, feb 2021) formula proposte legislative per un disegno di legge sulla sanità e l’assistenza sociale.

Gli insegnamenti che la riforma inglese ha tratto dalla crisi pandemica sono così specificati: le persone vulnerabili hanno bisogno di assistenza sanitaria quanto di assistenza sociale; l’ospedale non può affrontare da solo sfide così complesse come la pandemia; sono di fondamentale importanza sia la disponibilità e condivisione dei dati, sia la collaborazione fra i servizi sanitari e sociali.

Da quegli insegnamenti derivano i tre principi guida della proposta di riforma: la centralità dell’assistenza primaria, attraverso l’integrazione delle strutture sanitarie del NHS con le strutture sociali delle amministrazioni locali; la valutazione dei risultati di salute a livello di popolazione; l’utilizzo della digitalizzazione per migliorare i risultati di salute e porre il cittadino al centro del sistema delle cure.

Una novità fondamentale del libro bianco è lo spostamento dell’attenzione dalla concorrenza all’integrazione. La collaborazione tra i diversi servizi che agiscono nell’ambito di una stessa comunità dovrebbe essere più efficace dei meccanismi concorrenziali nel facilitare l’accesso ai servizi e sostenere un’assistenza di elevata qualità; la collaborazione fra i servizi sanitari, i servizi sociali ed il volontariato dovrebbe consentire di superare le diseguaglianze di salute e migliorare i risultati.

La soluzione organizzativa finalizzata a promuovere l’integrazione è costituita dall’istituzione a livello locale di organismi denominati “Integrated Care Systems” (ICS), composti da due componenti: l’una proviene dalle strutture locali del servizio sanitario nazionale, l’altra dagli enti di governo locale. L’obiettivo è sia l’integrazione fra le diverse strutture del servizio sanitario, sia l’integrazione fra queste ed i servizi sociali locali. Gli ICS sono responsabili della pianificazione strategica e dell’allocazione delle risorse. Gli organismi di governo locale del servizio sanitario (trust) non saranno aboliti. La gestione resta affidata ai trust sanitari ed ai servizi sociali locali.

L’area geografica ottimale ove realizzare l’integrazione coincide con la presenza di una “comunità locale significativa”. In ciascuna di queste aree devono essere assicurati i servizi di cure primarie, di salute mentale, di assistenza sociale, di diagnostica di comunità, le cure urgenti e di emergenza. Ad un livello geografico più ampio saranno assicurati le cure ospedaliere, la salute mentale specialistica, i servizi di trasporto sanitario.

Gli ICS saranno l’organismo deputato alla pianificazione dei servizi di assistenza sanitaria e sociale, alla prevenzione ed al controllo dei determinanti della salute. Opereranno in collaborazione con le strutture sanitarie e sociali, avendo la flessibilità di stabilire accordi con gli erogatori tramite contratti o di delegare la responsabilità di organizzare servizi specifici ad uno o più erogatori.

Sono stati costituiti 42 ICS che al termine della fase di transizione assumeranno a decorrere da aprile 2022 configurazione giuridica.

La centralità del cittadino nel sistema delle cure sarà perseguita attraverso:

  • lo sviluppo di servizi digitali dedicati che garantiscano al cittadino di accedere ai propri dati, di essere indirizzato verso i servizi di cura appropriati, di ottenere consigli personalizzati per la promozione del benessere;
  • il monitoraggio remoto che consenta di restare a casa quanto più possibile in condizioni di sicurezza;
  • la condivisione dei dati ogni qualvolta possibile.

Alcune proposte relative agli appalti e al sistema di finanziamento sono indirizzate a ridurre i meccanismi competitivi. In particolare, il pagamento basato sulle attività svolte sarà progressivamente sostituito da un modello di pagamento collegato a misure di qualità e di risultato.

Il libro bianco inglese è un interessante riferimento per il nostro SSN in quanto configura delle soluzioni organizzative orientate a perseguire un elevato livello di integrazione fra le strutture sanitarie e fra queste e le strutture di assistenza sociale. Inoltre, malgrado sia stato elaborato in un contesto politico esplicitamente conservatore, riconosce che nell’ambito sanitario i meccanismi competitivi non costituiscono una soluzione efficace e positiva.

Il programma sanitario europeo è poco più di un elenco di titoli e non consente di individuare un disegno organico complessivo. Prevede essenzialmente il finanziamento di progetti che saranno presentati in relazione alle azioni proposte; non si individua, invece, un progetto organico che sarà direttamente guidato e realizzato dall’Unione. È probabile che questo meccanismo produrrà dei miglioramenti in merito ad alcuni fattori rilevanti nell’affrontare le future crisi sanitarie (sorveglianza dei focolai, banche dati interoperabili, scorte di prodotti e di personale, sperimentazioni cliniche). Non è tuttavia affatto chiaro in qual modo il programma possa determinare un’effettiva crescita dell’integrazione fra i sistemi sanitari europei che costituisce la garanzia per affrontare in modo coordinato ed efficace le future crisi e per far crescere il livello di tutela sanitaria di tutta la popolazione europea. Tutto questo è il riflesso della debolezza dell’Unione europea in campo sanitario, che è prevista dallo stesso trattato costitutivo dell’unione europea. Quella scelta fu imposta dagli inglesi, e precisamente dalla Thatcher. La pandemia, invece, ha dimostrato che sarebbe necessario un effettivo salto di qualità nell’integrazione comunitaria dei sistemi sanitari nazionali.

La possibilità di realizzare un efficace programma sanitario europeo pur compatibile con il quadro attuale caratterizzato dalla esclusiva competenza degli Stati membri in materia di salute è l’argomento di un recente editoriale di The Lancet  nel quale si sostiene che non è chiaro come l’attuale proposta di EU4HEALTH possa produrre sostanziali miglioramenti nel sistema sanitario europeo che non siano limitati al controllo delle infezioni emergenti. “La promozione della salute in Europa deve essere realizzata riducendo le disparità nell’attesa di vita, realizzando interventi di sanità pubblica e rafforzando i sistemi sanitari di ciascun Paese. (…) La responsabilità nazionale e regionale per la salute e la solidarietà internazionale in materia di salute non dovrebbero essere considerati come opzioni contraddittorie ma dovrebbero rafforzarsi reciprocamente. (…) L’Unione Europea ha l’opportunità di guidare gli immensi problemi sanitari che i paesi devono affrontare attraverso una diplomazia sanitaria che costruisca un’Unione Europea più forte all’interno di un’Europa più forte.”

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