L’eccesso di mortalità nei Paesi Europei: prime evidenze e nuovi quesiti

Roberto Fantozzi e Stefania Gabriele commentano i dati sull’eccesso di mortalità in Europa tra marzo e novembre 2020 rispetto agli anni precedenti sottolineando la marcata stagionalità della dinamica pandemica e ricordando che manca un’interpretazione condivisa della diversa letalità del virus tra i paesi. Al riguardo mostrano la possibile rilevanza della spesa sanitaria (indicatore approssimativo della resilienza dei sistemi sanitari) e dell’incidenza di anziani insieme ad altri fattori economico-sociali, ambientali ed epidemiologici e alle misure di distanziamento.

Ogni spiegazione dà origine a una nuova domanda a un livello più profondo.

(Joseph E. Stiglitz)

Di recente Eurostat ha reso disponibili, per i paesi europei, i dati mensili 2020 sull’eccesso di mortalità, definita come rapporto tra i decessi per qualunque causa in ogni singolo mese del 2020 e la media di quelli rilevati nei 4 anni precedenti per il medesimo mese.

Si tratta di informazioni interessanti per comprendere fino a che punto la pandemia è stata letale. Molti, infatti, giudicano l’eccesso di mortalità una informazione piuttosto affidabile, che può rappresentare un migliore indicatore delle conseguenze estreme del Covid-19 rispetto al numero di decessi ufficialmente attribuiti a questa patologia nei singoli paesi, la cui rilevazione è spesso caratterizzata da incompletezza. Tuttavia, è evidente che l’eccesso di mortalità riflette sia i decessi direttamente dovuti alla pandemia, sia quelli indirettamente provocati dalla stessa, per la sospensione/rinvio di trattamenti e interventi salvavita legati alla difficoltà di gestire l’emergenza sanitaria. Inoltre, tale indicatore rappresenta il saldo tra le morti da Covid-19, dirette e indirette, e la variazione, rispetto al passato, della mortalità per tutte le altre cause.

Vediamo dunque cosa emerge dall’analisi di questi dati e, nell’abbozzare un tentativo di interpretarli, quali quesiti si pongano.

Si osservi innanzitutto che, in molti paesi, i primi mesi del 2020 si erano caratterizzati per valori negativi dell’eccesso di mortalità, prospettando scenari più rosei rispetto al passato, che purtroppo sono stati ribaltati in seguito dalla pandemia.

La figura 1, che riporta i dati mensili sull’eccesso di mortalità in diversi paesi europei dal marzo al novembre 2020 (il dato di dicembre non è ancora disponibile per molti paesi), ordinati in base alle rilevazioni dell’ultimo mese, evidenzia chiaramente l’aspetto stagionale della dinamica pandemica, anche se su quest’ultima hanno influito vari altri fattori, tra cui le politiche di distanziamento sociale adottate.

Nel mese di marzo l’eccesso di mortalità si è manifestato con maggiore intensità in Spagna e in Italia (dove ha raggiunto rispettivamente il 53 e il 49,4%), mentre negli altri paesi è risultato per lo più contenuto, assumendo anche valori negativi. Successivamente, ad aprile, con il dilagare della pandemia, una maggiore gravità del fenomeno si è osservata nel Regno unito (85,4%) (che in quei tempi non aveva assunto stringenti misure di distanziamento), seguito dalla Spagna, in peggioramento rispetto al mese precedente (79,4%) e dal Belgio (73,9%). Incrementi di mortalità superiori al 20% si riscontrano tuttavia anche in altri 5 paesi, tra cui l’Italia (41,5%). Tra i paesi scandinavi, complessivamente poco colpiti dal Covid-19, solo la Svezia, che sin dall’inizio della pandemia aveva adottato strategie opposte rispetto a quelle introdotte in molte altre nazioni, evitando il cosiddetto lockdown, ha mostrato un eccesso di mortalità significativo ad aprile (38%) e ancora superiore al 10% a giugno. Il caso svedese è stato ampiamente discusso, additato, da un lato, come esempio di successo in confronto a paesi con analoga diffusione del virus malgrado le restrizioni ben più rigide e, dall’altro, come modello negativo in confronto a paesi geograficamente e culturalmente più simili.

Nel pieno della crisi pandemica, mentre si apriva un acceso dibattito sui costi economici e sociali delle limitazioni volte a controllare la diffusione del virus, molti paesi hanno adottato, con tempi e modalità differenti, politiche di contenimento per mitigare l’espansione del Covid-19. Con l’avanzare della stagione primaverile e l’arrivo di quella estiva, poi, l’eccesso di mortalità si è ridotto sensibilmente, assumendo in molti casi addirittura valori negativi. Solo in alcuni paesi si sono registrati andamenti difformi rispetto alla media: a luglio, in Portogallo e Romania la mortalità ha segnato i più rilevanti incrementi (rispettivamente +25 e +11,7%); ad agosto, valori preoccupanti sono stati osservati soprattutto in Belgio, Romania e Spagna.

La seconda ondata della pandemia si è manifestata nel mese di ottobre e a novembre si è sperimentata la fase più acuta, con un’intensità maggiore rispetto a quella del periodo iniziale. I dati più allarmanti si rilevano nei paesi dell’Europa dell’Est, che avevano per lo più evitato la prima ondata. In particolare in Polonia (+97,2%), Bulgaria (+95,7%) e Slovenia (+91,%) si sono avuti i maggiori incrementi. Anche Svizzera e Belgio, tuttavia, presentano un eccesso di mortalità intorno al 60% e l’Italia si situa su un livello appena inferiore al 50%. All’estremo opposto si collocano i paesi scandinavi, appena lambiti anche dalla seconda ondata, con l’eccezione parziale della Svezia, che mostra un eccesso di mortalità, a novembre, superiore al 10%. A gennaio 2021 il Paese ha modificato la propria strategia, quando il Parlamento di Stoccolma ha approvato una legge che permette al Governo di imporre chiusure alle attività economiche.

Figura 1: Eccesso di Mortalità 2020 (mesi Marzo-Novembre)*; paesi ordinati in ordine decrescente per eccesso di mortalità registrato nel mese di Novembre; valori percentuali)

Fonte: elaborazione su dati Eurostat

(*) Per il Regno Unito l’eccesso di mortalità mensile, non disponibile nella pubblicazione Eurostat, è stato ricostruito a partire dai dati settimanali sui decessi

Il riacutizzarsi della pandemia era stato diffusamente prospettato dalla comunità scientifica, tanto che in Italia l’Istat, nel contributo “Covid-19 e scenari di mortalità: un’analisi a livello provinciale” già a giugno del 2020 aveva previsto, sia nello scenario moderato, sia in quello pessimistico, seppur con intensità diverse, un inasprimento dell’epidemia nei mesi di ottobre, novembre e dicembre.

Complessivamente per il periodo analizzato l’eccesso di mortalità, calcolato sulla base dei dati settimanali sui decessi (settimane 10-48), ha assunto andamenti e valori molto eterogenei tra i paesi, variando dai massimi registrati in Spagna (+26,1%) e Belgio (21,7%) ai minimi di Finlandia (4,5%), Danimarca (2,1%) e Norvegia (0,6%) (Figura 2). Sotto il 10% troviamo anche Germania, Grecia, Ungheria, Slovacchia e Svezia.

Figura 2: Eccesso di mortalità complessivo (settimane 10-48 del 2020; valori percentuali)

 

Fonte: elaborazione su dati Eurostat

Molto si è detto, in questi mesi, sulle cause del diverso impatto della pandemia tra i paesi – ampiezza degli scambi internazionali, efficacia dei sistemi sanitari, politiche di distanziamento adottate, abitudini comportamentali, diverso rispetto delle regole anti-contagio, caratteristiche climatiche, demografiche o epidemiologiche, condizioni socio-economiche, eccetera –, ma non sembra si sia ancora giunti ad una interpretazione condivisa, né ci si propone di arrivare a chiarire la questione in questo breve contributo. Ci si limita ad alcune osservazioni del tutto preliminari.

In primo luogo si evidenzia una correlazione negativa tra l’eccesso di mortalità nel periodo compreso approssimativamente tra marzo e novembre e la spesa sanitaria pubblica pro-capite, utilizzata come indicatore dello sforzo intrapreso per garantire l’assistenza sanitaria alla popolazione (Figura 3). La figura aiuta a spiegare i buoni risultati dei paesi scandinavi e della Germania, nonché quelli inquietanti dell’Italia e soprattutto della Spagna. La Grecia, invece, e in qualche misura il Portogallo, sono esempi di paesi con risultati relativamente buoni, più di quanto ci si sarebbe potuti aspettare, tenendo conto tra l’altro dei rilevanti contributi che la spesa sanitaria ha dovuto assicurare al riequilibrio del bilancio pubblico a seguito della crisi legata alla Grande Recessione. Anche alcuni paesi dell’Est europeo con spesa molto contenuta sono stati poco colpiti dalla pandemia. In questo caso probabilmente ha giovato il fatto di aver evitato la prima ondata di diffusione del Covid-19. Un fattore rilevante, per spiegare le differenze tra paesi nell’eccesso di mortalità, potrebbe essere rappresentato dalla popolazione anziana, notoriamente più vulnerabile al Covid-19. Tuttavia la correlazione tra la quota di popolazione con 80 e più anni e l’eccesso di mortalità, sia pure positiva, non è così intensa come ci si sarebbe potuti aspettare (Figura 4).

Figura 3: Eccesso di mortalità complessivo e spesa sanitaria pubblica (schemi pubblici o a contributi obbligatori) pro-capite nel 2018

Figura 4: Eccesso di mortalità complessivo e quota di popolazione con 80 anni o più

Fonte: elaborazione su dati Eurostat

L’eccesso di mortalità potrebbe anche in parte dipendere dal diverso tasso di mortalità nei vari paesi negli anni precedenti il 2020, una variabile che influisce sul denominatore del rapporto che stiamo analizzando, ma alcune prime evidenze non offrono risultati rilevanti: si osserva solo una debole correlazione con il tasso di mortalità specifico a 85 anni e più, nessuna correlazione con il tasso di mortalità della popolazione per tutte le cause.

Infine, i dati sull’eccesso di mortalità offrono un’indicazione sulla diversa capacità dei paesi di individuare i decessi causati dal Covid-19. Nella figura 4 è stata calcolata l’incidenza delle morti da Covid-19 ufficialmente rilevate rispetto all’eccesso di mortalità.

In Belgio e Danimarca l’eccesso di mortalità sembra essere spiegato interamente dalle morti per Covid-19, mentre negli altri paesi si registra in genere un’incidenza minore, che varia da circa il 90% della Francia al 22,2 % della Finlandia. Sorprende che invece, nel caso di Norvegia e Svezia, i decessi attribuiti al Covid-19 superino l’eccesso di mortalità. Forse questo può essere spiegato dalla combinazione di un buon sistema di tracciamento e individuazione dei decessi per Covid-19 e di una variazione della mortalità per altre cause, rispetto al passato, negativa.

Figura 5: Incidenza morti per covid-19 su eccesso di mortalità (mesi Marzo-Novembre 2020; valori percentuali)

Fonte: Elaborazione su dati Eurostat e European Centre for Disease Prevention and Control

In definitiva, i dati sull’eccesso di mortalità offrono un contributo importante all’analisi degli effetti della pandemia, anche se ancora non è facile interpretare correttamente le ragioni del diverso impatto nei diversi paesi, per la molteplicità delle cause concomitanti che influiscono sul fenomeno. Peraltro, gli effetti di lungo termine del Covid-19 sulla salute non si limitano, purtroppo, ai decessi, ma comprendono una serie di altri reliquati (effetti permanenti sulla salute) di lungo periodo. Pertanto, la battaglia continua.

 

* Le opinioni espresse in questo articolo sono personali e non coinvolgono l’istituzione di appartenenza degli Autori.

 

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