Le seconde generazioni dell’immigrazione in Italia: alcuni dati sull’integrazione scolastica

Alberta De Fusco illustra i punti salienti dell'indagine condotta dall’ISTAT nel corso del 2015 su “L’integrazione delle seconde generazioni”. De Fusco sisofferma sui dati riguardanti la realtà scolastica e sociale dei bambini e dei ragazzi con background migratorio: il percorso scolastico, la socializzazione, il senso di appartenenza all’Italia e,anche alla luce della nuova riforma in atto, le acquisizioni della cittadinanza italiana.

Nel 2015 l’Istat, in collaborazione con il Ministero dell’Interno e il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, ha condotto un’indagine campionaria sull’Integrazione scolastica e sociale delle seconde generazioni (disponibile nel sito web Istat).

La rilevazione, prevista dal Programma statistico nazionale 2014-2016, ha avuto luogo dal mese di marzo a quello di giugno dello scorso anno ed i primi risultati sono stati diffusi a marzo del 2016.L’indagine, che  ha interessato 821 comuni, si è svolta in circa 1.400 scuole statali secondarie di I° e II° grado,con almeno 5 alunni di cittadinanza straniera, e gli studenti intervistati sono stati oltre 68.000,per metà italiani e per metà stranieri.

Nell’ambito dell’indagine, rivolta all’osservazione dei fenomeni riguardanti la seconda generazione dell’immigrazione,sono stati considerati sia i ragazzi nati in Italia da genitori stranieri sia i ragazzi nati all’estero immigrati in giovanissima età.Le informazioni sono state raccolte per rilevare in particolare:la provenienza, la presenza della famiglia nel percorso scolastico, i rapporti con i pari e con i docenti, il ruolo della scuola nelle aspirazioni dei futuri cittadini italiani.

Con riferimento all’anno 2015, il 30,4% degli studenti stranieri presenti nelle scuole secondarie è nato in Italia, il 23,5% è arrivato in Italia prima dei 6 anni, il 26,2% è immigrato tra i 6 e i 10 anni e il 19,9% a 11 anni e più. Considerando la provenienza di origine, la maggioranza degli alunni cinesi (59,3%) e filippini (55,4%) è nata in Italia, mentre, in oltre un terzo dei casi, sono entrati in Italia a 11 anni e più gli alunni originari dell’Ucraina (36%) e della Moldavia (43,2%).

Tra i dati più significativi emersi dall’indagine,in primo luogo vi è la complessità del percorso scolastico dei ragazzi con background migratorio, anche come conseguenza dell’influenza dei diversi modelli migratori seguiti dalle collettività di appartenenza. Perquanto concerne l’inserimento degli stranieri immigrati, si rileva che solo il 49% dei nati all’estero viene collocato in una classe adeguata alla propria età; il restante 51% nelle classi antecedenti. Inoltre, per il rendimento scolastico, che rappresenta un altro scoglio importante per gli studenti stranieri, la rilevazione mette in evidenza che il 27,3%degli alunni stranieri, compresi quelli nati in Italia, ha dichiarato di aver ripetuto uno o più anni scolasticia fronte del 14,3% degli alunni italiani.

Molto interessante è quella parte dell’analisi che riguardala socializzazione, poiché spesso per i ragazzi stranieri la scuola è il primo luogo in cui avviene l’incontro con il mondo e con la cultura del paese di accoglienza, ed è il primo momento in cui essi colgono le differenze culturali della propria famiglia.Le informazioni raccolte sulle relazioni con gli altri compagni, sul rapporto con gli insegnanti e con lo studio, sull’atteggiamento della famiglia dell’alunno nei confronti della scuola, evidenziano livelli di soddisfazione dei ragazzi stranieri buoni od elevati e spesso migliori di quelli degli alunni italiani.

Ponendo maggiore attenzione al rapporto con i compagni di scuola ed alla più estesa rete amicale,emerge che:

  • Il 21,6% di alunni stranieri delle scuole secondarie di I° grado dichiara di non frequentare i compagni di scuola al di fuori dell’orario scolastico,rispetto al 9,3%degli alunni italiani. La differenza è meno accentuata nelle scuole superiori;
  • oltre il 50% dei ragazzi stranieri nati in Italia o arrivati in età prescolare frequenta, al di fuori della scuola, solo ragazzi italiani, mentre più del 35% incontra sia ragazzi italiani che stranieri. La quota di coloro che frequentano coetanei italiani decresce se si è arrivati in Italia successivamente al compimento del sesto anno di età. Poco più di 1 alunno su 10, con cittadinanza diversa da quella italiana, frequenta solo altri stranieri, connazionali o con cittadinanze diverse dalla propria;
  • i ragazzi cinesi incontrano più degli altri solo stranieri, soprattutto connazionali, anche nel luogo di lavoro dei familiari; seguono i filippini, che frequentano maggiormente oratori e luoghi di culto. Ucraini, albanesi e romeni, invece, vedono più spesso solo italiani, mentre i ragazzi marocchini si contraddistinguono per un’intensa vita sociale vissuta in molteplici luoghi di ritrovo.

L’indagine ha coinvolto non solo gli studenti, ma anche i dirigenti scolastici e i docenti. Il 73,1% dei dirigenti scolastici, tenendo conto della crescente presenza straniera, dichiara la necessità di programmare adeguate strategie nella gestione della scuola al fine di facilitare l’integrazione dei ragazzi stranieri. Più di 1 dirigente su 3 auspica un aumento dei fondi per la realizzazione di progetti specifici, una migliore formazione del personale docente, oltre che la promozione di attività di sensibilizzazione contro il pregiudizio.Più del 90% dei docenti ritiene che il livello di integrazione, fatti salvi i problemi legati alle lacune linguistiche, sia buonoo addirittura ottimo e il 74,4% che l’aumento della presenza di alunni stranieri nella scuola è da valutare sicuramente in maniera positiva, anche se comporta di frequente la necessità di modificare le modalità della propria didattica.

Un particolare focus della ricerca riguarda il senso di appartenenza al nostro Paese, nonostante che, per tutte le collettività migratorie, la “sospensione” dell’identità tra la cultura di origine e quella italiana sia piuttosto percepita dai ragazzi stranieri.Dalla rilevazione emerge che la quota di coloro che si sentono italiani supera un terzo del totale, avvicinandosi al 38%.I ragazzi originari della Romania si sentono “più italiani” per il 45,8%, quelli del Marocco, per il 36%,quelli di un paese europeo non UE, per più del 40% mentre le percentuali sono più basse per chi proviene dall’Asia e dall’America Latina. Sono indecisi il 38% dei giovani indiani.

Incide molto su queste valutazioni anche l’età in cui si è entrati in Italia. Tra i ragazzi arrivati dopo i 10 anni, si sente straniero quasi il 53%, mentre per i nati in Italia o per i nati all’estero ma arrivati prima dei 6 anni, la percentuale di chi si sente straniero si riduce a circa il 24%.

Sulle prospettive rispetto al futuro, si nota una quota considerevole, pari al 46,5%, di ragazzi stranieri che vogliono vivere all’estero ed in primo luogo negli Stati Uniti,nel Regno Unito e in Germania. Per contro, la propensione a restare in Italia spesso non è legata al sentirsi italiani. Nel caso dei cinesi, a fronte di una quota contenuta di ragazzi che dichiarano di sentirsi italiani, si riscontrano elevate percentuali di giovani che vogliono vivere nel nostro Paese, nati sia in Italia sia  all’estero. La più elevata quota di coloro che prevedono di vivere nel nostro paese da grandi è rappresentata, comunque, dai moldavi(49,4%) e dagli ucraini(46,1%).

Dal punto di vista della distribuzione territoriale, la presenza di alunni di origine non italiana nelle scuole risulta molto più consistente nelle aree del Centro-Nord. Tuttavia, nelle regioni del Mezzogiorno sono più alte le quote di ragazzi stranieri che si sentono italiani (oltre il 45%), che da grandi vogliono vivere in Italia (oltre il 33%), che frequentano compagni italiani (intorno al 90%), che registrano migliori performance scolastiche con percentuali più basse di ripetenze.

La vera novità degli ultimi anni è rappresentata dai giovani di seconda generazione che diventano cittadini italiani: il loro numero è  crescente, ma pur sempre esiguo in rapporto al numero effettivo dei giovani delle seconde generazioni. Sempre da una statistica di fonte Istat, risulta che in Italia i minori stranieri rappresentano,al 1 gennaio 2015, il 24% dei cittadini non comunitari regolarmente soggiornanti. Nel corso dell’anno 2014, il 4,5% di questi minori ha acquisito la cittadinanza italiana per trasmissione dai genitori o per elezione di cittadinanza sulla base della legge in vigore (Legge n. 91/92 e Regolamento di esecuzione DPR n. 572/93). Nonostante la tendenza positiva, la percentuale è, come si vede, indicativa della persistente inadeguatezza della legge sulle acquisizioni di cittadinanza da parte dei ragazzi stranieri, sia per le difficoltà del procedimento, che per i requisiti richiesti.

E’ proprio in merito alle acquisizioni di cittadinanza da parte dei minori stranieri che va richiamata l’attenzione sul nuovo testo unificato in materia di cittadinanza, approvato il 13/10/2015 dalla Camera dei Deputati (ddl di iniziativa popolare: “Modifiche alla legge 5 febbraio 1992, n. 91, recante nuove norme sulla cittadinanza” – Atto Camera n.9 unificato con altri XVII Legislatura),ed ora al vaglio del Senato (Atto Senato n.2092 XVII Legislatura).

La nuova normativa consentirebbe, attraverso l’introduzione dei principi dello “ius soli temperato” e dello “ius culturae”, l’acquisizione della cittadinanza da parte dei bambini nati in Italia con almeno uno dei genitori in possesso del permesso dell’UE per soggiornanti di lungo periodo o del permesso di soggiorno permanente, oppure dei bambini non nati in Italia arrivati nel territorio italiano entro i 12 anni, regolarmente residenti,che abbiano concluso positivamente le scuole elementari o frequentato uno o più cicli scolastici per almeno 5 anni; nonché, in presenza di particolari condizioni e discrezionalmente, da parte dei ragazzi arrivati in Italia oltre i 12 ma entro i 18 anni di età. Nel caso dello “ius soli”, la richiesta del possesso da parte di uno dei due genitori del permesso dell’UE per soggiornanti di lungo periodo comporta, tra l’altro, la necessità di fruire di un determinato reddito minimo, variabile in base alla composizione del nucleo familiare.

La proposta di riforma introduce, quindi, qualche cambiamento nel percorso di acquisizione della cittadinanza italiana da parte delle seconde generazioni dell’immigrazione, che potrebbe compensare l’inadeguatezza della vigente normativa, resa ora molto evidente dai dati prodotti dall’Istat. Va, però, rilevato, in conclusione, che la proposta attualmente al vaglio del Senato risponde solo molto parzialmente all’esigenza crescente che  i giovani delle seconde generazioni dell’immigrazione hanno di completare il loro status sociale e giuridico, un’esigenza che come “italiani non cittadini”  e come componente “materiale” sempre più consolidata dello Stato italiano essi hanno il diritto di vedere soddisfatta.

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